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«Lo stop improvviso e totale a cessione del credito e sconto in fattura blocca il settore e preclude l’accesso alla riqualificazione edilizia soprattutto al terzo settore. È un nuovo stravolgimento che danneggia filiera e beneficiari e allontana il raggiungimento di obiettivi strategici», dichiara Manuel Castoldi, presidente di Rete Irene all’indomani del decreto legge che modifica la disciplina in materia di opzioni per le agevolazioni fiscali approvato dal Consiglio dei ministri nella serata di martedì.

Si pone fine alla stagione del 110%, con uno stop tombale a quel tipo di agevolazione per l’efficientamento degli edifici, più volte ridimensionato, e soprattutto agli strumenti, come lo sconto il fattura e la cessione del credito, che consentivano la sopravvivenza degli altri bonus.

Le ragioni elencate dal decreto sono: la spesa connessa al credito d’imposta Superbonus e bonus facciate ha contribuito a determinare una revisione al rialzo del rapporto deficit/Pil per gli anni 2021 e 2022 e c’è la necessità di prevedere ulteriori e più incisive misure per la tutela della finanza pubblica nel settore delle agevolazioni fiscali in materia edilizia e di efficienza energetica. In sintesi: il sistema degli incentivi all’efficientamento degli edifici costa troppo allo Stato.

«Si possono conciliare riqualificazione edilizia e conti pubblici anche con incentivi diversi, ma è impossibile fare riqualificazione edilizia in un contesto normativo continuamente stravolto – prosegue il presidente di Rete Irene – la riqualificazione edilizia è strategica sia per la decarbonizzazione sia per la sicurezza energetica e sostenerla va ben oltre gli interessi di filiera, per questo dovrebbe essere regolata e sostenuta con politiche molto più affidabili e sistematiche».

Di fatto è questa un’altra battuta di arresto per l’edilizia e le commesse diminuiranno in maniera drastica, come già aveva pronosticato Pasquale Diodato, Cna Lario e Brianza: «Si interrompono le agevolazioni anche per le case popolari, per le cooperative di abitazione e per gli enti del terzo settore che potevano programmare gli interventi fino al 2025 e invece vengono bloccati tutte le progettazioni che non erano arrivate a presentare la cila e a deliberare i lavori nelle assemblee condominiali. Probabilmente il Governo si è scontrato con numeri negativi importanti, altrimenti non si spiega un provvedimento che nessuno si aspettava».

Il pensiero ora è per il lavoro, per le organizzazioni che si erano strutturate per rispondere al 110% e ai bonus, per il loro personale.

«Siamo di fronte all’equivalente di un miliardo di euro di lavori bloccati» aggiunge Virgilio Fagioli per Anaepa Confartigianato edilizia Como, di ritorno da Roma dove svolge per l’associazione nazionale il ruolo di vice presidente vicario. «Il rischio dei cantieri fermi è che le imprese non vengano pagate e che i privati non riescano a trovare le risorse economiche per ultimare i lavori».

All’orizzonte anche il timore che dal prossimo anno la detrazione del 50% possa abbassarsi al 36%, con recupero in dieci anni. Se dovesse accadere potrebbe tornare quel sistema di lavoro in nero per i piccoli cantieri che il ricorso ai bonus aveva cercato di scongiurare.

 

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