In tema di bancarotta fraudolenta documentale non è possibile dedurre la configurabilità del dolo specifico solo sulla base dell’oggettiva mancanza delle scritture contabili, ma occorre svolgere una indagine ulteriore che consenta di ricondurre tale elemento oggettivo alla scelta dolosa dell’amministratore della società. E’ quanto emerge dalla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 19 ottobre 2023, n. 42856 (testo in calce).
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Il caso vedeva un amministratore di una società essere ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta documentale in relazione al fallimento della società, non avendo fornito alcuna prova in ordine alla consegna da parte sua dei libri contabili societari, in uno con il loro mancato rinvenimento. Con ricorso per cassazione l’imputato lamenta la ritenuta prova dell’occultamento, della distrazione o della sottrazione delle scritture contabili, non essendo stata fornita prova del dolo, nello specifico sotto il profilo dello scopo di procurare profitto o di arrecare pregiudizio ai creditori.
La pronuncia dei giudici di merito, secondo gli ermellini, deve essere annullata in quanto sorretta da motivazione carente sotto il profilo della ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta documentale; come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (Cass. pen., Sez. V, 16 giugno 2020, n. 18320).
Si è anche precisato che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra una ipotesi di reato a dolo generico che presuppone un accertamento concotto sui libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dagli organi competenti (Cass. pen., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 33114).
Per integrare tale forma di bancarotta fraudolenta documentale specifica non si richiede un effettivo pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio, ma solo che la condotta del soggetto attivo del reato sia sostenuta dalla finalità di arrecare pregiudizio ai creditori, ovvero di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.
Evidenziano i giudici che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specifica o del dolo generico nel delitto di bancarotta documentale generica non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in modo tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato, ma debbono consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce delle finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusti profitto ovvero di recare un pregiudizio ai creditori, nel caso di bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile è in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso di bancarotta fraudolenta documentale generica.
Nella fattispecie, i giudici del merito hanno correttamente dato atto della mancata consegna e del mancato rinvenimento delle scritture contabili della società, relative al periodo in cui il ricorrente ricopriva la qualifica di amministratore della società, senza che quest’ultimo abbia fornito alcuna valida giustificazione sull’assenza della documentazione, applicando il principio secondo il quale in tema di bancarotta fraudolenta documentale è onere dell’amministratore cessato, nei confronti del quale sia provata la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili relative al periodo in cui rivestiva l’incarico, dimostrare l’avvenuta consegna delle scritture contabili al nuovo amministratore subentrante (Cass. pen., Sez. V, 25 luglio 2017, n. 55740).
Ma i giudici hanno dedotto la configurabilità del dolo specifico in capo a quest’ultimo solo sulla base dell’oggettiva mancanza delle scritture contabili, senza svolgere alcuna ulteriore indagine che consenta di ricondurre tale dato oggettivo a una specifica scelta dolosa dell’amministratore.
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