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di Fabio Picciolini, esperto consumerista

Alla fine, visti i diversi giudizi emanati da vari Tribunali, il 6 settembre 2023 è arrivata alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione la “grana” del piano di ammortamento alla francese; ovvero il rimborso di un mutuo con quota capitale che nel tempo tende a crescere; e quota interessi che, riducendosi il capitale, tende a diminuire.

Sembrava argomento superato dopo che Suprema Corte e Arbitro bancario finanziario hanno più volte confermato che il sistema di ammortamento “alla francese” non provoca effetti anatocistici, in quanto la determinazione della quota interessi è calcolata sul debito residuo, quindi sul solo capitale.
La “nuova” materia su cui i giudici dovranno intervenire è la possibilità che la mancata indicazione del regime di capitalizzazione composto degli interessi, rispetto alla previsione contrattuale del Tasso annuo nominale, faccia nascere un’indeterminatezza delle condizioni applicate al contratto e della stessa modalità di ammortamento alla francese, con violazione del principio di trasparenza (art. 117 comma 4, TUB), se non la nullità del contratto di mutuo come previsto dal  codice civile (art. 1346 e 1418.2).

Se le Sezioni Unite riconoscessero le ragioni ora esposte, dovrebbero essere modificati contratti e piani di ammortamento sostanzialmente di tutti i finanziamenti con rimborso rateale, non solo dei mutui, con un costo certamente non indifferente in base al principio della maggiore onerosità del sistema di ammortamento alla francese. Maggior costo che, se dovuto, è giusto sia restituito agli aventi diritto.
Nel merito, una prima osservazione riguarda le presunte “difficoltà interpretative: al contratto è allegato il Piano di ammortamento esploso per tutte le rate previste; è difficile quindi parlare di “indeterminatezza” in quanto il mutuatario ha piena conoscenza delle modalità di ammortamento. Non solo, il testo controfirmato riporta le condizioni economiche. Ancora, nel piano è riportato il Taeg che indica il costo totale del prestito. Infine, argomento fondamentale, non esiste nessuna norma nazionale o europea che obblighi a indicare nel contratto il sistema di calcolo dell’ammortamento.

Le tesi contrarie evidenziano che l’obbligo di capitalizzazione semplice deriva dalla previsione che i “frutti civilistici si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto”; e aggiungono che il cliente non può avere le conoscenze finanziarie utili per determinare le modalità di ammortamento adoperate e che esiste una asimmetria informativa tra i contraenti, in cui la parte debole (cliente) ha diritto ad avere dalla controparte (banca) informazioni chiare e comprensibili.
Con tutta la giusta tutela da accordare alla parte debole e dando per scontata la correttezza dell’intermediario del credito, sono tesi che appaiono abbastanza “leggere” per sostenere l’indeterminatezza del contratto, quindi la sua dichiarazione di nullità, a fronte delle varie informazioni disponibili per la clientela: da quelle precontrattuali, alla possibilità di far analizzare la proposta nei 7 giorni precedenti la sottoscrizione, alla facoltà di recesso.

Se è vero che nel contratto nullo non dev’essere corrisposto alcun interesse ma solo rimborsato il capitale, lo stesso codice civile prevede due norme che fanno dubitare della possibilità di considerare comunque nullo un contratto con clausole indeterminate o indeterminabili: la prima afferma che non ricorre nullità se lo scopo del finanziamento è stato ugualmente raggiunto, anche conoscendo la sua possibile nullità; la seconda riconosce la possibilità di conversione del contratto, evitandone dunque la nullità (principio già adottato nel caso di concessione di credito fondiario di percentuale superiore all’80% del valore dell’immobile). Per le stesse ragioni non si riscontra nemmeno il mancato rispetto delle norme sulla trasparenza bancaria, che prevedono il non riconoscimento degli interessi pattuiti ma quelli applicati alle emissioni dei Buoni ordinari del tesoro (BOT) negli ultimi 12 mesi, in caso di mancata applicazione di quelle norme.
La vera contestazione nasce dalla volontà di alcuni di far risorgere, sotto nuove spoglie, il problema dell’anatocismo nel sistema di ammortamento alla francese: argomentazione insostenibile in quanto in ogni rata viene calcolato e corrisposto solo l’interesse sul debito residuo non ancora scaduto, per cui gli interessi di periodo che compongono ciascun importo mensile si contano in base al regime di capitalizzazione semplice sulla parte di capitale residua.

Se non fosse sufficiente: la Corte di Cassazione (sentenza 9237/ 2020) afferma che “il sistema di ammortamento alla francese non dà luogo ad anatocismo in quanto gli interessi vengono calcolati sul residuo e non sull’intero”. Così l’Arbitro bancario finanziario, in più occasioni, ha chiarito che ogni rata incorpora interessi, semplici, calcolati al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire, per cui non può essere ravvisato alcun effetto anatocistico.
Consumerismo non significa dare solo e sempre ragione al consumatore ma farlo su temi concreti come la stesura degli articolati contrattuali, i costi, l’eliminazione di comportamenti evasivi o elusivi della normativa e quant’altro possa essere di loro utilità; ferma restando la disponibilità a riconoscere di sostenere tesi errate, nel caso in cui le Suprema Corte decidesse in maniera diversa da quanto qui convenuto, pur nella convinzione della migliore validità, fin quando possibile, delle altre forme di tutela rispetto a quella giudiziaria.

Lexitor e Rimborsi Anticipati, Mutui e Tassi Variabili, TFS e NPL: Fabio Picciolini a 360° sui Temi Caldi del Mondo del Credito

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