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Le due tipologie di bancarotta fraudolenta documentale possono concorrere, in quanto la bancarotta di tipo specifico per sottrazione, falsificazione o distruzione può riguardare anche solo parte delle scritture, come recita la norma incriminatrice, mentre per le altre la tenuta può risultare disordinata e tale da rendere più difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, oltre a poter essere le due condotte contestualmente contestate in via alternativa, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione. Questo è quanto stabilito dalla Cassazione penale con la sentenza n., 47535/2023.

Orientamenti giurisprudenziali

Conformi:

Cassazione penale, sez. V, 18 gennaio 2023, n. 15743

Cassazione penale, sez. V, 19 gennaio 2021, n. 8902

Cassazione penale, sez. V, 30 novembre 2020 n. 36870

Cassazione penale, sez. V, 13 gennaio 2020, n. 5081

Cassazione penale, sez. V, 19 giugno 2018, n. 42568

Cassazione penale, sez. V, 14 luglio 2017, n. 43977

Cassazione penale, sez. V, 1 febbraio 2017, n. 18634

Difformi:

Non si rinvengono precedenti

Secondo la Cassazione, le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale sono ciascuna idonea ad integrare il delitto in questione, per cui, accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita – che richiede il solo dolo generico – diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, anch’essa contestata.

Il fatto

In sede di merito, l’amministratore di una società fallita era condannato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale.

In sede di ricorso per cassazione, per quanto di interesse in questa sede, la difesa lamentava che i giudici di merito non avevano affrontato il tema della natura alternativa della contestazione, relativa ai delitti di bancarotta fraudolenta documentale specifica e generica, confondendo le due fattispecie e rendendole una fattispecie unitaria, soprattutto facendo riferimento alla condotta di falso in bilancio non contestata, non indicando per altro, in dispositivo, a quale delle due contestazioni formalizzate si correlava la penale responsabilità del ricorrente. Da tale incertezza, poi sarebbe derivata la mancata motivazione sul punto del dolo richiesto dalle diverse fattispecie incriminatrici.

In secondo luogo, si osservava come la sentenza fondasse la dichiarazione di colpevolezza esclusivamente sulla falsificazione del bilancio, non anche alla tenuta di altre scritture o dei libri contabili, mentre secondo la giurisprudenza afferma che il bilancio è un atto contabile la cui alterazione non può integrare le fattispecie di bancarotta documentale fraudolenta. La falsità del bilancio potrebbe integrare nell’apposita previsione di fatti di bancarotta fraudolenta impropria, che richiede l’accertamento della causalità rispetto al fallimento, non presente nel caso di specie.

La decisione

La Cassazione ha giudicato i ricorsi inammissibili per manifesta infondatezza.

Come è noto ai sensi dell’art. 2214, comma primo, cod. civ. tutti gli imprenditori commerciali devono, obbligatoriamente, tenere il libro giornale – in cui vanno annotate, giorno per giorno e con immediatezza, tutte le operazioni nell’ordine in cui sono compiute – ed il libro degli inventari – che comprende l’inventario redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e gli inventari annuali, per indicare lo stato patrimoniale dell’impresa, la cui funzione è quella di elencare e valutare le attività e le passività relative all’impresa, nonché le attività e le passività dell’imprenditore estranee alla stessa (l’inventario si chiude con il bilancio, ossia con un conto patrimoniale costituito dalla contrapposizione tra il complesso delle attività ed il complesso delle passività, e con il conto dei profitti e delle perdite, che è, invece, un conto economico indicante le fonti dei ricavi e delle spese pertinenti ad ogni esercizio – art. 2217 cod. civ.). In relazione alle dimensioni ed alla natura dell’impresa, inoltre, il comma secondo del citato art. 2214 l’imprenditore deve tenere le altre scritture contabili e conservare, per ciascun affare, gli originali delle lettere, dei telegrammi, delle fatture, sia ricevute che spedite.

Quanto alle condotte di falsificazione proprie della bancarotta di tipo ‘specifico’, la giurisprudenza afferma che tale condotta di falsificazione può avere natura tanto materiale che ideologica, ma consiste comunque in un intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata (Cass. pen. sez. V, 13 gennaio 2020, n. 5081); la condotta integrante la fattispecie di bancarotta documentale ‘generica’ si realizza sempre, invece, con un falso ideologico, che si caratterizza per la contestualità alla tenuta della contabilità. In altri termini, l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (ovvero l’omessa annotazione di dati veri), sempre che la condotta presenti le ulteriori connotazioni modali descritte dalla norma incriminatrice, integra sempre e comunque la seconda ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale descritta dall’art. 216 comma 1 n. 2) legge fall..

Quanto all‘elemento soggettivo, il dolo da omessa tenuta, sottrazione, falsificazione od occultamento delle scritture contabili, condotte previste dall’art. 216, comma primo, n. 2, prima parte, legge fall., è un dolo specifico, mentre, nell’ipotesi prevista dalla seconda parte della medesima disposizione, per le condotte di infedele tenuta delle scritture contabili, in guisa da rendere impossibile la ricostruzione degli affari e del patrimonio sociale, è sufficiente il dolo generico (Cass. pen., sez. V, 1° febbraio 2017, n. 18634; Cass. Pen., sez. V, 13 gennaio 2020, n. 5081).

Sulla scorta di tali considerazioni, viene giudicato infondato il ricorso avanzato dalla difesa.

In particolare, rigettata la doglianza relativa alla circostanza che vi sarebbe il riferimento al falso in bilancio – documento contabile che la sentenza in commento conferma non possa essere annoverato fra le scritture e i libri contabili di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 legge fall. (Cass. Pen., sez. V, 19 giugno 2018, n. 42568) – in quanto inedita non essendo presente nei motivi di appello, la censura relativa alla confusione fra le condotte in contestazione, con conseguente genericità della condanna, viene dichiarata infondata posto che le condotte contestate possono anche concorrere, in quanto la bancarotta di tipo specifico per sottrazione, falsificazione o distruzione può riguardare anche solo parte delle scritture, come recita la norma incriminatrice, mentre per le altre la tenuta può risultare disordinata e tale da rendere più difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, oltre a poter essere le due condotte contestualmente contestate in via alternativa, non determinando tale modalità alcun vizio di indeterminatezza dell’imputazione (Cass. Pen., sez. V, 19 gennaio 2021, n. 8902).

Quanto al tema dell’elemento soggettivo, il profilo viene ritenuto provato alla luce della circostanza che gli imputati erano consapevoli della situazione di disordine contabile, in forza dei plurimi solleciti, rimasti vani, da parte del collegio dei sindaci, mentre irrilevante era ritenuto la circostanza che non si fosse dimostrata l’esistenza di condotte distrattive da parte degli imputati, posto che i giudici di merito avevano concluso con la considerazione non manifestamente illogica che il disordine contabile e la falsificazione annotativa fossero volute e non subite, oltre che funzionali a condotte di spoliazione del patrimonio sociale. Tali conclusioni non sono superate dall’obiezioni della difesa secondo cui la contabilità era tenuta da soggetti esterni all’impresa: infatti, l’esternalizzazione della contabilità a fronte delle dimensioni della società – peraltro nel caso di specie oggetto di censure costanti, anno dopo anno, da parte del collegio sindacale che invitava a predisporre una organizzazione contabile interna – non esclude la responsabilità degli imputati, in forza del consolidato principio per cui in tema di bancarotta fraudolenta documentale l’imprenditore non è esente da responsabilità per il fatto che la contabilità sia stata affidata a soggetti forniti di specifiche cognizioni tecniche, in quanto, non essendo egli esonerato dall’obbligo di vigilare e controllare le attività svolte dai delegati, sussiste una presunzione semplice – superabile solo con una rigorosa prova contraria – che i dati siano stati trascritti secondo le indicazioni fornite dal titolare dell’impresa (Cass. Pen., sez. V, 30 novembre 2020 n. 36870).

In proposito, si ricorda come i delitti di bancarotta semplice e fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, giacché, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice ex art. 217, comma secondo, legge fall., può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma primo, n. 2), legge fall., l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore (Cass. Pen., sez. V, 2 ottobre 2018 n. 2900). D’altronde, va altresì sottolineato come le ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale sono ciascuna idonea ad integrare il delitto in questione, per cui, accertata la responsabilità in ordine alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita – che richiede il solo dolo generico – diviene superfluo accertare il dolo specifico richiesto per la condotta di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, anch’essa contestata (Cass. Pen., sez. V, 14 luglio 2017, n. 43977).

Esito del ricorso:

Inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza

Riferimenti normativi:

Art. 2214 c.c.

Art. 2217 c.c.

art. 216, comma 1 n. 2, Regio Decreto n. 267 del 1942

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