Il patto con cui il conduttore originario e il locatore hanno deciso di aumentare il canone di locazione non è opponibile al conduttore che è subentrato nel contratto, salvo che venga provata la volontà di aderire all’accordo o la malafede di questi.
E’ quanto stabilito dalla Cassazione con sentenza 28 febbraio 2013, n. 4986 prendendo le mosse da un caso di cessione di azione con relativo subentro nel contratto di locazione.
In data 1° aprile 1998, infatti, veniva stipulato tra locatore e conduttore originario un contratto di locazione registrato; il giorno seguente, il 2 aprile del 1998, tuttavia, le parti originarie stipulavano una scrittura privata nella quale si conveniva che dal 1° gennaio 2000 l’ammontare del canone sarebbe aumentato. Nel marzo del 2000 avvenne la cessione del contratto ai sensi dell’art. 36 della legge n. 392/1978 e il subentro quindi di un nuovo conduttore.
Il locatore si rivolgeva al tribunale affinché il cessionario pagasse i canoni nella misura stabilita dalla successiva scrittura privata e non dal contratto registrato.
Il Tribunale di primo grado con due sentenze diverse accoglieva la domanda condannando il subentrante al pagamento dei canoni e disponendo anche la risoluzione del contratto per inadempimento; con una prima sentenza, infatti, il subentrante veniva condannato a pagare i canoni precedenti la cessione mentre con l’altra quelli successivi.
Le decisioni di primo grado vennero impugnate dal subentrante il quale rilevò di aver pagato l’importo risultante dal contratto registrato e che la scrittura privata successiva non poteva produrre effetti nei suoi confronti in quanto non ne era a conoscenza perché terzo estraneo al contratto.
La Corte territoriale in ragione della connessione delle causae petendi, delle parti e delle questioni da trattare riunì le cause ai sensi dell’art. 274 c.p.c. e accolse solo in parte le domande del cessionario.
La Corte d’Appello ritenne, infatti, che non fossero opponibili al terzo i canoni precedenti la cessione ma solo quelli successivi. In quest’ultimo caso, i giudici consideravano, infatti, provata la simulazione del canone di locazione contenuto nel contratto, rispetto al quale il cessionario non è terzo ma parte.
Per tali motivi fu dichiarata la risoluzione per grave inadempimento, con l’obbligo di pagare le differenze e i canoni per i mesi successivi al subentro.
Il cessionario, pertanto, propose ricorso per Cassazione. La Suprema Corte accolse il ricorso e cassò la sentenza per un nuovo esame della causa.
L’art. 36 della legge n. 392/1978 afferma che “il conduttore può sublocare l’immobile o cedere il contratto di locazione anche senza il consenso del locatore, purché venga insieme ceduta o locata l’azienda, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Il locatore può opporsi, per gravi motivi, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione”.
Il suddetto articolo è volto a favorire i trasferimenti di azienda e tutelare l’avviamento commerciale mediante l’utilizzo dell’immobile in cui è esercitata l’attività economica in quanto ad essa funzionalmente collegato.
La cessione della locazione è volta pertanto a sostituire un terzo in un preesistente rapporto giuridico svincolato dalle persone cedente e ceduto.
Detto ciò appare corretto il passaggio motivazionale della Corte allorquando sostiene che “Non possono esservi dubbi che il cessionario sia terzo nel caso della cessione del contratto di locazione stante l’inequivoca espressione dell’articolo 1406 del Cc: ‘ciascuna parte può sostituire a sé un terzo…’ e la conseguente esclusione, stabilita dall’articolo 1409 del Cc dell’opponibilità di eccezioni, tra ceduto e cessionario, non derivanti dal contratto base, ma fondate su altri rapporti tra il cessionario ed il cedente o tra questi e il ceduto”
Infine, la Suprema Corte si sofferma sul problema della simulazione (artt. 1414 e ss c.c.) del contratto registrato e della controdichiarazione stipulata dalle parti originarie.
Gli ermellini non ritengono sussistere la prova che il cessionario fosse a conoscenza dell’accordo successivo né tanto meno che fosse in malafede; prove richieste dall’art. 1415 c.c.
E’ noto che l’accordo dissimulato è valido ed efficace per chi vi partecipa. Il cessionario è divenuto parte del contratto solo nel marzo del 2000 quando è avvenuta la cessione ma in tale circostanza non vi è stata nessuna menzione della precedente scrittura privata.
E’ evidente, pertanto, che al cessionario è opponibile solo il contratto di locazione così come è stato registrato essendo soggetto terzo rispetto agli accordi non registrati e intercorsi soltanto tra le parti originarie.
In conclusione la Cassazione ha stabilito che il soggetto “in mancanza di prova dell’adesione a questo negozio, è terzo rispetto ad esso, e perciò l’articolo 1415 del Cc esclude l’opponibilità, a meno che sia provata la sua malafede da colui che contesta la presunzione della buona fede, in quanto terzo”.
Non gli sono, pertanto, opponibili gli accordi dissimulati contrari al contenuto del contratto e tale è stata qualificata la scrittura del 1° aprile 1998.
(Altalex, 29 maggio 2013. Nota di Gloria Urbani)
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