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Il procedimento applicativo delle misure cautelari personali adotta una netta ripartizione dei ruoli tra il p.m. come “organo richiedente” e il giudice come “organo decidente”.

La richiesta del p.m. rappresenta il presupposto per l’adozione di una misura cautelare in tutte le fasi del giudizio e la sua mancanza integra l’ipotesi di nullità assoluta. Sull’applicazione e sulla revoca delle misure cautelari provvede il giudice che procede.

ipsoa inpratica procedura-penaleDi seguito, la guida riepilogativa sul’“Procedimento applicativo delle misure cautelari” tratta (e rielaborata per Altalex) da Procedura penale, la soluzione Wolters Kluwer della Collana IPSOA In Pratica imprescindibile per ogni professionista che ha a che fare con i temi della procedura penale. E grazie alla formula “Sempre aggiornati” comprende tutte le integrazioni normative.

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1. Richiesta del P.M.

Il procedimento ha sempre origine con la richiesta promanante dal P.M. il quale indica gli elementi sui quali essa si fonda, compresi quelli a favore dell’indagato ed eventuali deduzioni e memorie difensive.

Si badi che, mentre per questi ultimi, vi è un onere di trasmissione integrale – Cass. pen. 06/02/2008, CED 239739, sui primi il P.M. ha il diritto di operare una selezione degli atti da mettere a disposizione. Ove necessario, nella richiesta sono riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate.

L’art. 291 disegna la netta ripartizione di ruoli fra il P.M., che è l’organo richiedente, e il Giudice, quale organo decidente; importante anche avere a mente che al Giudice è precluso disporre una misura più grave di quella richiesta dal P.M.; ove non rispettasse tale divieto, si configurerebbe una nullità assoluta ex art. 178, comma 1. Una deroga, nel senso di un potere d’agire ex officio del giudice, è prevista solo dall’art. 299 in tema di revoca e sospensione delle misure cautelari.

Quale che sia la sua decisione (di accoglimento e/o di rigetto, parziale o totale) il Giudice emetterà sempre una ordinanza che deve contenere, a pena di nullità, rilevabile anche di ufficio, i seguenti elementi:

a) le generalità dell’imputato o quant’altro valga ad identificarlo;

b) la descrizione sommaria del fatto e delle norme che si assumono violate;

c) l’esposizione e “l’autonoma valutazione” delle esigenze cautelari e degli indizi che giustificano la misura, con indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali assumono rilievo, anche alla luce del tempo trascorso dalla commissione o dai fatti di reato;

c-bis) l’esposizione e l’autonoma valutazione dei motivi per cui non sono stati ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa nonché, per il caso della custodia cautelare in carcere, l’esposizione e l’autonoma valutazione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze ex art. 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;

d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, ove l’esigenza cautelare sia quella ex art. 274, lett. a);

e) la data e la sottoscrizione del Giudice (art. 292 c.p.p.).

Non sono previsti termini entro i quali il Giudice deve assumere la propria decisione; nel solo caso di misure interdittive, prima della decisione, il G.I.P. è tenuto ad interrogare il destinatario della misura.

2. Adempimenti esecutivi

Trasmissione

Una volta emessa l’ordinanza, essa verrà trasmessa all’ufficio del P.M. che ne curerà l’esecuzione a mezzo della polizia giudiziaria.

Al momento dell’esecuzione, in caso di custodia cautelare (o in casa di cura), copia dell’ordinanza deve essere consegnata all’indagato che deve essere avvisato della facoltà di nominare un difensore di fiducia e di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato (ove ne ricorrano i requisiti) (art. 293 c.p.p.). Delle operazioni compiute verrà redatto verbale.

Nomina del difensore d’ufficio

Ove non nomini un difensore di fiducia, gliene sarà assegnato uno di ufficio; il legale nominato dovrà essere immediatamente informato.

Una volta eseguita, l’ordinanza sarà trasmessa dal Giudice, unitamente alla richiesta del P.M. ed agli atti con essi trasmessi; con facoltà del difensore – che dovrà ricevere l’avviso di deposito – di prenderne visione ed estrarne copia. Il difensore ha, altresì, diritto ad ottenere la trasposizione su nastro delle registrazioni poste a base del provvedimento.

Misure diverse dalla custodia cautelare

Le ordinanze che dispongono una misura diversa dalla custodia cautelare sono notificate all’indagato, mentre quelle inerenti misure interdittive sono trasmesse all’Autorità competente a disporre l’adozione.

Lingua dell’ordinanza

Per l’eventualità che l’imputato non conosca la lingua italiana, è previsto che la nota contenente tutti gli avvisi (quello della nomina del legale, dell’interprete, dell’accesso agli atti su cui il provvedimento si fonda) debba essere tradotto in una lingua a lui comprensibile.

Destinatario irrintracciabile

Se il destinatario della misura non è rintracciato e non è possibile notificargli l’atto, l’ufficiale di P.G. redige il verbale indicando le indagini svolte; il tutto verrà, quindi, inoltrato al Giudice che ha emesso l’ordinanza il quale, se riterrà satisfattive le indagini, dichiarerà lo stato di latitanza.

Ai sensi dell’art. 296, comma 1, c.p.p., è latitante chi si sottrae volontariamente alla custodia cautelare,agli arresti domiciliari, all’obbligo di dimora o ad un ordine con cui si dispone la carcerazione. Al latitante è equiparato per ogni effetto l’evaso (art. 296, comma 54, c.p.p.).

Medesima qualifica è, peraltro, attribuita anche al condannato che, in fase esecutiva, si sottragga all’esecuzione dell’ordine del magistrato.

Con il provvedimento che dichiara lo stato di latitanza, il Giudice nomina anche un difensore d’ufficio ove il latitante non ne abbia già nominato uno, disponendo che copia dell’ordinanza sia depositata in cancelleria; avviso di deposito è notificato al difensore.

3. L’interrogatorio di garanzia

Una volta eseguita l’ordinanza, il primo adempimento obbligatorio è costituito dall’interrogatorio di garanzia; esso deve essere svolto immediatamente o, comunque:

  • non oltre 5 giorni dall’esecuzione per la custodia cautelare in carcere; in questo arco temporale è fatto divieto al P.M. di sentire il soggetto indagato;
  • entro 10 giorni dalla esecuzione o dalla notifica del provvedimento per le misure coercitive o interdittive;
  • l’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro 48 ore, se il P.M. ne fa istanza nella sua richiesta.

Di tale incombente, che ha lo scopo di consentire al giudice di verificare il permanere dei presupposti e delle esigenze cautelari, è dato tempestivo avviso al difensore il quale ha l’obbligo di partecipare, mentre il P.M. ha una mera facoltà.

Ove l’indagato si trovi in altro luogo, tale incombente può essere delegato al G.I.P. del luogo in cui si trova l’indagato.

L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire – a pena di inutilizzabilità – con mezzi di riproduzione fonografica o audio visiva.

4. Estinzione delle misure

Il dovere del Giudice di verificare l’adeguatezza, la gradualità e l’utilità della misura permane per l’intera fase cautelare; l’obiettivo che il legislatore si è proposto è stato quello di prevedere una forma di controllo costante sul perdurare dei presupposti e delle condizioni che, soli, legittimano la limitazione della libertà. Per tale motivo l’art. 299 c.p.p. dispone espressamente che le misure coercitive e interdittive siano immediatamente revocate quando, anche per fatti sopravvenuti, risultino mancanti le condizioni ex art. 273 o le esigenze ex art. 274; analogamente, esse andranno sostituite con altra meno grave, ovvero con modalità meno gravose in caso di sopravvenuta sproporzione, ovvero se le esigenze risultino affievolite.

5. Revoca

La revoca può essere disposta d’ufficio (il Giudice potrebbe farlo in concomitanza con l’interrogatorio del soggetto, con l’assunzione di una prova nelle forme dell’incidente probatorio, in occasione dell’udienza preliminare o del giudizio dibattimentale) o su istanza del P.M. o del difensore (quest’ultimo è il caso di gran lunga più frequente).

In caso di istanza il Giudice deve provvedere entro 5 giorni, previa acquisizione del parere (non vincolante) del P.M. che dovrà essere espresso entro 2 giorni; in assenza di parere, il Giudice procederà egualmente.

Prima di provvedere, il Giudice può disporre l’interrogatorio; se la richiesta si fonda su elementi nuovi il Giudice è obbligato a procedere all’interrogatorio, ove ne sia fatta richiesta.

Il Giudice, inoltre, in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio e senza formalità, può disporre accertamenti sulle condizioni di salute, ovvero su altre condizioni o qualità personali dell’imputato; essi andranno effettuati al più presto e, comunque, entro 15 giorni da quello in cui è pervenuta la richiesta (comma 4-ter).

Un termine più breve (cinque giorni o due in caso di rilevata urgenza) per la perizia medica è previsto nel caso di richiesta di revoca o di sostituzione della custodia cautelare basata sulle condizioni di salute ex art. 275, comma 4-bis, ovvero se segnalate dal servizio sanitario penitenziario e il Giudice non ritenga di poterla accogliere allo stato degli atti.

Si avrà la revoca ove venga meno il fumus del reato (ad esempio a valle di interrogatorio difensivo, di una consulenza tecnica disposta dalla difesa o di una memoria difensiva che valga a dimostrare la inconfigurabilità del reato su un piano squisitamente giuridico), oppure se si dimostri l’insussistenza delle esigenze cautelari.

6. Sostituzione

Per quanto attiene, invece, alla sostituzione, occorre avere a mente che essa può avere natura migliorativa o peggiorativa (ove il quadro cautelare risulti aggravato) (art. 299, comma 4).

Tipica ipotesi di aggravamento è quella scaturente dalla trasgressione delle prestazioni imposte con la misura iniziale.

Di norma, il giudice gode di discrezionalità nel decidere in che modo aggravare la misura iniziale,fermo restando che, ovviamente, essa dovrà sempre essere proporzionata ai motivi, all’entità ed alle circostanze della violazione.

Non sono, invece, consentite ampie valutazioni discrezionali per l’ipotesi di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora: in questo caso, infatti, salvo il fatto sia di lieve entità, dovrà disporsi la sostituzione della misura con la custodia in carcere (art. 276 c.p.p.).

Per quanto attiene alla sostituzione in melius (che sarà operata, anche d’ufficio, ogni qualvolta risultino attenuate le esigenze cautelari ovvero, più in generale, quando la misura non risulti più proporzionata rispetto ai fatti) il Giudice potrà:

  • disporre una misura diversa (ad esempio l’obbligo di firma invece dei domiciliari);
  • mantenere la stessa misura prevedendo modalità meno gravose (ad es. mantenere i domiciliari revocando il divieto di comunicazione).

Una disciplina peculiare è stata prevista per il caso della sostituzione della custodia in carcere con i domiciliari; ed invero, ex art. 284, comma 5-bis, essa non potrà essere disposta se l’indagato o imputato sia stato condannato per evasione nei 5 anni precedenti, “salvo che il giudice ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di tenue entità e che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con tale misura”. In tal caso assume nelle forme più rapide le relative notizie.

Avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione delle misure cautelari, è ammesso solo il rimedio dell’appello ex art. 310 c.p.p., in quanto il ricorso immediato per cassazione, ex art. 311, c.p.p., può essere proposto solo contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva e solo nel caso di violazione di legge, nonché, ex art. 568 c.p.p., contro i provvedimenti concernenti lo status libertatis, non altrimenti impugnabili (Cass. pen. 27/02/2017, n. 9657).

Altre ipotesi di estinzione delle misure, previste agli artt. 300, 301 e 302 c.p.p., si ricollegano al mero verificarsi di alcuni eventi specifici.

Segnatamente, il legislatore ha in primis previsto che le misure si estinguano per effetto della pronuncia di determinati provvedimenti e cioè:

a. archiviazione o sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento;

b. sentenza di condanna se la pena irrogata è dichiarata estinta o condizionalmente sospesa;

c. sentenza di condanna se la custodia già subita non è inferiore alla pena irrogata (art. 300 c.p.p.). Ed ancora, in caso di misure previste per le esigenze cautelari motivate dalla necessità di salvaguardare le fonti di prova (art. 274, comma 1, lett. a), esse si estinguono se alla scadenza del termine non ne venga richiesta la rinnovazione (art. 301 c.p.p.).

Infine, la misura si estingue in caso di omesso interrogatorio nel termine di 5 giorni, per la custodia in carcere, e di dieci, per le altre misure coercitive o interdittive (art. 302 c.p.p.).

In tale caso, però, la misura può essere nuovamente disposta, su richiesta del P.M. e, previo interrogatorio, ove il giudice valuti sussistenti le condizioni ex artt. 273, 274 e 275-bis c.p.p.

7. La durata delle misure cautelari personali

Le limitazioni della libertà personale, ammesse entro determinati limiti, non possono essere sofferte sine die; peraltro, ancorché l’art. 13 parli esclusivamente di carcerazione preventiva, la necessità di fissare dei limiti massimi è una esigenza avvertita per tutte indistintamente le misure, coercitive o interdittive.

Individuazione del dies a quo

Tema prioritario fondamentale è quello della individuazione del dies a quo per poter calcolare la durata massima; esso è individuato (art. 297 c.p.p.):

a. al momento della cattura, per la custodia cautelare in carcere o in luogo di cura;

b. al momento della notifica dell’ordinanza per tutte le altre.

L’art. 297 dispone, inoltre, per il caso siano emesse più ordinanze per uno stesso fatto, benché diversamente circostanziato o qualificato, o per fatti diversi, commessi prima della emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ex art. 12, comma 1, lett. b) e c) limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri che i termini decorrano dalla esecuzione o dalla notifica della prima ordinanza, purché non si tratti di fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione (comma 3).

Se l’indagato/imputato è detenuto per altro reato o internato per una misura di sicurezza, ove la misura sia compatibile con tale stato, il soggetto sarà detenuto contemporaneamente per l’espiazione della pena e per la custodia cautelare; conseguentemente il dies a quo per quest’ultima coinciderà con il giorno della notifica della relativa ordinanza. Ove, invece, non vi sia compatibilità (si pensi, ad esempio, al caso dell’obbligo di firma), per la decorrenza della misura occorrerà attendere la cessazione dello stato di detenzione o di internamento.

Tale principio di favor rei vale anche nella ipotesi inversa della esecuzione di un ordine di carcerazione nei confronti di un soggetto cui sia stata applicata una misura cautelare personale ad un altro titolo.

Anche in questo caso, quindi, l’esecuzione dell’ordinanza rimarrà sospesa per la sola ipotesi di incompatibilità.

La sospensione non opera, invece, ove la pena sia espiata in regime di misure alternative alla detenzione, quale la semilibertà (art. 298 c.p.p.).

Durata

a. quelle interdittive perdono efficacia decorsi 12 mesi, a meno che non siano disposte per esigenze probatorie nel qual caso il giudice può rinnovarle, salvo il limite previsto per le coercitive non custodiali (art. 308 c.p.p.);

b. quelle coercitive non custodiali perdono efficacia allorquando sia decorso dall’inizio della loro esecuzione, un tempo pari al doppio dei termini di durata di quelle custodiali (art. 308 c.p.p.).

8. I termini di durata delle misure coercitive custodiali

Il sistema predisposto dal legislatore prevede dei termini diversi (parziali, complessivi e massimi) che variano al variare di determinati parametri, in primis la gravità e la specifica fase processuale in cui si trova il procedimento.

I momenti del procedimento penale considerati dal legislatore sono cinque:

  1. dall’inizio dell’esecuzione della misura alla emissione del decreto che dispone il giudizio o della ordinanza di abbreviato o della sentenza di patteggiamento;
  2. dalla data di emissione del decreto che dispone il giudizio, o dalla successiva data di esecuzione della misura, alla pronuncia della condanna di primo grado;
  3. dalla ordinanza con cui si dispone l’abbreviato o dalla successiva data di esecuzione della misura, alla sentenza di condanna ex art. 442 c.p.p.;
  4. dalla pronuncia della sentenza di condanna o dalla successiva data di esecuzione della misura, alla sentenza di condanna in grado d’appello;
  5. dalla pronuncia della condanna in appello o dalla successiva data di esecuzione della misura, alla sentenza di irrevocabilità di condanna, salve le ipotesi ex lett. b), n. 3-bis (inerenti reati di particolare allarme sociale per i quali il termine è aumentato).

All’interno di ciascuno di questi periodi il legislatore ha previsto dei termini diversificati a seconda della gravità del reato o, posteriormente alla pronuncia di condanna di primo grado, al quantum di pena concretamente irrogato.

9. Le proroghe e le sospensioni

La durata della custodia cautelare può allungarsi per effetto delle proroghe e delle sospensioni.

La proroga può essere chiesta dal P.M. allorquando, nel corso delle indagini preliminari, sussistano gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi, o a nuove indagini disposte ai sensi dell’art. 415-bis, comma 4, rendano indispensabile protrarre la custodia, ovvero quando nel processo di merito debba essere disposta una perizia sullo stato di mente dell’imputato.

Nel primo caso il Giudice, sentiti il difensore e il P.M., provvede con ordinanza appellabile dinanzi al Tribunale del riesame; la proroga è rinnovabile per una sola volta e i termini di fase non possono essere superati di oltre la metà (art. 305 c.p.p.).

Nel secondo caso il giudice, su richiesta del P.M. e sentito il difensore, dispone, del caso, la proroga per il tempo necessario all’espletamento della perizia (comunque non oltre i 90 gg); il termine anche ove prorogato, non può superare i 6 mesi.

L’ordinanza del giudice è ricorribile per Cassazione ex art. 311 (art. 305 c.p.p.).

Termini massimi di proroga

L’eventuale concessione di proroghe concorre, comunque, a formare i termini complessivi di fase che, ai sensi dell’art. 303, non possono superare i:

  1. 2 anni per i delitti con pena della reclusione non superiore nel massimo a 6 anni;
  2. 4 anni per i delitti con pena della reclusione non superiore nel massimo a 20 anni;
  3. 6 anni per i delitti con pena della reclusione non superiore nel massimo a 20 anni.

Concorrono al computo dei termini complessivi anche i giorni occorsi per la celebrazione delle udienze e quelli impiegati per la deliberazione della sentenza.

Termini di sospensione

Le sospensioni comportano, invece, il mancato computo di determinati archi temporali con la conseguenza che la custodia può avere una durata maggiore (art. 304 c.p.p.).

Esse, tutte relative alla fase del giudizio, si distinguono in obbligatorie e facoltative e debbono, comunque, essere deliberate dal Giudice con ordinanza appellabile.

Casi di sospensione obbligatoria

La sospensione obbligatoria che opera nella fase della udienza preliminare e in quella del giudizio si ha:

a. durante il periodo in cui il giudizio è sospeso o rinviato per impedimento dell’imputato o del suo difensore, ovvero su loro richiesta, sempre che non siano disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini a difesa;

b. nel tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, partecipazione o allontanamento di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati.

Queste due sole ipotesi di sospensione operano anche nella fase della udienza preliminare.

Limitato al giudizio è, invece, il caso riferito alla ipotesi della pendenza dei termini per la stesura e il deposito della motivazione (art. 544, commi 2 e 3).

Per il rito abbreviato valgono le medesime ipotesi di sospensione previste per il giudizio dibattimentale. Le disposizioni ex lett. a) e b) non si applicano, invece, ai coimputati cui non si riferiscono i casi di sospensione e che chiedano procedersi nei loro confronti previa separazione dei processi.

Casi di sospensione facoltativa

Essa può operare quando si procede per reati di particolare allarme sociale (art. 407, comma 2, lett. a), nel caso di dibattimento o abbreviati particolarmente complessi, nel tempo in cui si tengano le udienze, si delibera la sentenza di primo grado e nei gradi d’impugnazione.

Anche in questo caso il Giudice provvede, su richiesta del P.M., con ordinanza appellabile.

Termini massimi in caso di sospensione

Il legislatore ha indicato il limite che, anche in caso di sospensione, non potrà essere superato riguardo alla durata della custodia cautelare; segnatamente:

  • da un lato, avuto riguardo alle singole fasi, essa non potrà superare il doppio dei termini intermedi previsti dall’art. 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell’ulteriore termine previsto dall’art. 303, comma 1, lett. b), n. 3-bis);
  • dall’altro, avuto riguardo alla durata complessiva, non potrà superare i termini aumentati della metà previsti dall’art. 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza.

A tal fine la pena dell’ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea.

Salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione inerenti la mancata presentazione, partecipazione o allontanamento di uno o più difensori.

10. Scarcerazione per decorrenza termini e relativi provvedimenti

Al decorrere dei termini massimi, l’imputato deve essere immediatamente liberato.

Cionondimeno, il legislatore ha previsto (art. 307, comma 1, c.p.p.) che nei suoi confronti possano essere disposte le altre misure cautelari (tranne quella degli arresti domiciliari, stante la sua equiparazione alla custodia cautelare), ove ne ricorrano i presupposti, a condizione che “sussistano” le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare.

Per i reati di maggiore allarme sociale (art. 407, comma 2, lett. a, il Giudice può anche applicare cumulativamente le misure non custodiali (art. 307, comma 1-bis).

Ripristino della misura custodiale

La misura custodiale può, infine, essere ripristinata, ove risulti necessaria ex art. 275, in casi assolutamente eccezionali e cioè:

  • se l’imputato abbia dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti misure coercitive non custodiali ex comma 1, sempre che ricorra una delle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p.;
  • contestualmente o dopo la sentenza di condanna di primo o secondo grado, allorquando vi sia il pericolo di fuga.

Con il ripristino della custodia i termini di fase riprendono a decorrere ma, ai fini dei termini complessivi (art. 303, comma 4) si terrà conto anche di quella anteriormente subita.

Il provvedimento che ripristina la custodia cautelare in carcere ex art. 307, comma 2, facendo rivivere quello originario cessato per decorrenza dei termini di fase, è impugnabile con l’appello ex art. 310 e non già con il riesame (Cass. pen. 01/06/2017, n. 27459).

La polizia giudiziaria può disporre il fermo:

i) di chi trasgredisca alle prescrizioni disposte;

ii) di chi presenti un pericolo di fuga contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado.

Il fermo andrà immediatamente e, comunque, entro 24 ore, comunicato al Procuratore della Repubblica del luogo in cui è stato eseguito che potrà chiederne la convalida al Giudice per le indagini preliminari e, se ne ricorrano i presupposti, la custodia cautelare.

Ove quest’ultimo la disponga, con ordinanza, trasmetterà gli atti al Giudice competente, il quale ultimo avrà 20 giorni di tempo per confermarla. L’inutile decorso di questo termine comporta l’immediata perdita di efficacia della misura medesima.

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