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Dopo 10 rialzi consecutivi, nelle successive riunioni di fine 2023 e di inizio 2024, la Bce ha lasciato i tassi fermi, lasciando ipotizzare che nella riunione del 6 giugno prossimo possa essere avviata l’auspicata una riduzione. L’impatto sui mutui è stato comunque assai rilevante. A quantificarlo la Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani secondo cui le banche stanno anticipando le decisioni della Bce sulla politica monetaria e migliorano le condizioni sui prestiti per la casa.

Fabi: banche anticipano la prossima mossa della Bce

Andando nel dettaglio dell’analisi condotta dalla Fabi emerge che le famiglie indebitate, in Italia, sono 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale e di queste, 3 milioni e mezzo hanno un mutuo per l’acquisto di una casa.

Nel corso del 2022 e del 2023, i tassi di interesse sui prestiti sono assai aumentati con il costo del denaro progressivamente arrivato al 4,5% ma da alcuni mesi, tuttavia, le banche, prevedendo un ritorno a una politica monetaria meno restrittiva da parte dell’Eurotower, stanno anticipando la prevista riduzione dei tassi. Di qui, vantaggi giù significativi per le famiglie, sia per comprare casa sia per comprare automobili o elettrodomestici.

Tasso fisso vs tasso variabile: come cambiano le rate del mutuo

Le rate dei vecchi mutui a tasso fisso, cioè quelli erogati fino alla fine del 2021 / inizio 2022, non cambiano e resteranno intatte fino al termine del piano di rimborso.

Le rate dei vecchi mutui a tasso variabile invece, dice l’analisi della Fabi, sono cresciute fino al 78% in più. In soldoni, vuol dire che chi pagava una rata di circa 500 euro al mese, oggi paga, al mese, 890 euro ovvero 390 euro in più.

E’ molto probabile che, alla luce della decisione di giugno, le rate dei vecchi mutui a tasso variabile possano iniziare una progressiva discesa, anche se è difficile, al momento, indicare una traiettoria precisa.

Negli ultimi mesi difatti, le banche hanno iniziato una progressiva riduzione dei tassi praticati alle famiglie con il tasso medio fisso che è sceso al 3,69% a marzo scorso. La riduzione è stata meno accentuata sui mutui a tasso variabile con la media stabile sopra il 4%.

Nel corso del 2023, i nuovi mutui a tasso variabile erano arrivati anche oltre il 6% dallo 0,6% di fine 2021, oggi la media è pari al 3,67%: vuol dire che per un prestito da 150.000 euro della durata di 20 anni la rata mensile è di 1.180 euro, ben 515 euro in più (+77,4%) rispetto a quella che si sarebbe ottenuta due anni fa ovvero 665 euro.

«Dopo il momento dei grandi rialzi e, in attesa della riduzione dei tassi nei prossimi mesi, le banche hanno capito che è giunto il momento di mettere un freno alle difficoltà di famiglie e imprese che si trovano ancora a pagare il prezzo di una politica monetaria restrittiva …. Siamo, quindi, nella fase di transizione: in attesa del primo taglio del costo del denaro, che la Bce dovrebbe decidere tra una decina di giorni, le banche stanno dunque migliorando le condizioni su prestiti e mutui alle famiglie…. Come sempre, le banche anticipano le decisioni di politica monetaria: lo fanno quando il tasso base sale, stesso discorso quando una riduzione è prossima. È opportuno sottolineare che non torneremo più ai tassi zero cioè a quella fase, per certi versi anomala, che è durata 10 anni in cui le condizioni per l’accesso al credito erano particolarmente favorevoli. Nei prossimi 18-24 mesi la Bce verosimilmente ridurrà drasticamente il costo del denaro, sperando che l’inflazione resti ai livelli bassi di oggi, per arrivare attorno al 2%: quello è il livello sostanzialmente ottimale a cui dobbiamo abituarci». Lo dichiara il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, commentando lo studio della Federazione autonoma bancari italiani sui tassi praticati dalle banche alla clientela.

 

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