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Il deputato del Movimento 5 Stelle Marco Rizzone rompe il silenzio e con un video postato sui social network ricostruisce la sua versione sulla vicenda del bonus Covida da 600 euro che ha percepito come alcuni altri deputati.

Rizzone ammette gli addebiti, ma critica la formulazione della norma e la narrazione della vicenda che ipotizza la ricerca da parte sua di un vantaggio personale.

“Se avessi voluto intascarmi dei soldi non mi sarei di certo tagliato più di 40 mila euro del mio stipendio da parlamentare, che invece ho donato (insieme ai colleghi del M5S) per varie cause: dal fondo della Protezione Civile per le popolazioni colpite dalle alluvioni al fondo a sostegno del microcredito, dal fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile fino a quello – udite udite – per l’emergenza Covid-19. Non ha minimamente senso rinunciare a tali somme e poi pensare di arricchirsi con i 600€ di indennizzo forfettario INPS”, spiega Rizzone. 

Rizzone, dopo essersi assunto la responsabilità della domanda di accesso al bonus e l’inopportunità politica della cosa, rimarca che si tratta di un fatto assolutamente lecito: “Qui non è stato fatto nulla di illecito, nulla di illegittimo. Tutto a norma di legge: un decreto scritto palesemente male (vuoi per la fretta – giustificabile -, vuoi per l’incapacità di alcuni soggetti – non giustificabile), un decreto su cui in Parlamento nessuno dei colleghi “moralizzatori” è intervenuto per apportare modifiche che evitassero che l’indennizzo fosse dato “a pioggia” a prescindere dal reddito“.

Il deputato 5 Stelle tuttavia rimanda al mittente le accuse di disonestà, e rilancia, chiedendo maggiore trasparenza su chi, dal suo punto di vista, si arricchisce davvero con disonestà: “Di essere dipinto come un disonesto, un infame o un ladro però non lo accetto, tantomeno da chi con la sua noncuranza ha consentito a migliaia di partite iva ben più facoltose di me di richiedere legittimamente il medesimo bonus. Perché non pubblichiamo – come già fanno in 17 Stati europei – i nomi di chi ha veramente rubato risorse allo Stato evadendo le tasse?“.

Da parte sua invece il presidente dell’Inps Tridico, da più parti tirato in causa come fonte dei nomi dei parlamentari percettori del bonus finiti sui giornali, rivendica la correttezza del suo comportamento e di quello dell’istituto previdenziale, chiamato a erogare le risorse nel minor tempo possibile in una situazione di emergenza.

Abbiamo seguito la legge – ha spiegato il numero uno dell’Inps durante un’audizione alla Camera dei Deputati -. L’esigenza dell’Istituto era di pagare subito, perché il Paese era in emergenza, e poi controllare in un secondo momento. Abbiamo risposto in modo efficace in 15 giorni, predisponendo una misura che non esisteva“.

I nomi dei politici che hanno preso il bonus non li abbiamo dati – precisa ancora Tridico -. Sono usciti perché si sono autodenunciati. La notizia, pubblicata poi da Repubblica il 9 agosto, non è uscita dal sottoscritto né direttamente né indirettamente. E’ stata una notizia trafugata e io ho già avviato un audit interno“.

 

 

 

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