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Non è proponibile “a scelta dell’attore”, la domanda autonoma di risarcimento del danno per incauta esecuzione, ma è ammissibile solo se sia stato impossibile proporla davanti al giudice dell’opposizione all’esecuzione. Impossibilità per ragioni di fatto o di diritto. Nel caso specifico il creditore dotato di titolo esecutivo aveva fatto pignorare un bene di proprietà del padre del debitore. In sede di opposizione all’esecuzione quest’ultimo aveva fatto rilevare l’errore in cui era incorso il creditore del figlio determinando l’annullamento della misura esecutiva. Il padre, ingiustamente esecutato, aveva poi agito in via autonoma per il risarcimento dei danni patitti a causa dell’incauto pignoramento. I giudici di merito avevano respinto la domanda, ma per la mancata prova del danno emergente e del lucro cessante. Impugnata la decisione negativa pronunciata in appello, la Cassazione ha rigettato il ricorso: ha, infatti, escluso in radice la legittimità della domanda di danni proposta in via autonoma, in quanto nel caso concreto essa andava presentata davanti al giudice competente per il giudizio di opposizione all’esecuzione. In linea di principio sarebbe stata possibile. la domanda “autonoma” se il danno si fosse verificato successivamente alla conclusione del giudizio di opposizione.

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 42119/2021 applica così la recente sentenza nomofilattica delle sezioni Unite civili (25478/2021) che ha appunto escluso la possibilità di un’azione di danni autonoma come frutto di libera scelta del danneggiato dall’incauta esecuzione. Le sezioni Unite hanno infatti fissato le ipotesi in cui ragioni di diritto o di fatto impediscano di introdurre la domanda davanti al giudice competente a decidere sulla misura cautelare. E solo in tali ipotesi la domanda può essere proposta in via autonoma.

Ragioni di fatto, che giustificano la successiva e autonoma domanda di risarcimento, possono essere – ad esempio – l’insorgenza del danno solo dopo la revoca della misura cautelare incautamente adottata. Ragioni di diritto, invece, possono essere l’avvenuta conclusione della fase di cognizione sull’opposizione, che non consente di riaprire il merito in ordine al danno medio tempore determinatosi.

La Cassazione quindi ribadisce la rigidità del perimetro che giustifica la proposizione autonoma della domanda dei danni patiti a seguito dell’incauta adozione della misura esecutiva. Altrimenti, in un caso come quello deciso, la regola è quella della proponibilità davanti al giudice dell’opposizione all’esecuzione.

Quindi di principio la domanda di risarcimento deve essere proposta nel giudizio in cui si forma o diviene definitivo il titolo esecutivo, sempre che quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. E se tale fase di cognizione è conclusa la domanda va posta davanti al giudice dell’opposizione all’esecuzione, a meno che non ricorrano impossibilità di fatto o di diritto. E solo se ricorrono tali ultime evenienze la richiesta di danni può essere promossa con domanda che instaura un giudizio autonomo.

 

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