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C’è un dogma: non si può arrivare a giugno con 100 suicidi sulla coscienza. E soprattutto, sulle prime pagine dei giornali. Lo pensa Giorgia Meloni, non solo il guardasigilli Carlo Nordio. Ed è il motivo per cui, come ha riportato ieri la Stampa, l’alleanza di centrodestra è al lavoro, ai livelli più alti, per accogliere almeno in parte la proposta di Roberto Giachetti, deputato di Italia viva e segretario di presidenza a Montecitorio, sulla liberazione anticipata speciale. Non in modo integrale, ma con un via libera alla sola parte che innalza da 45 a 60 giorni ogni 6 mesi lo “sconto” previsto per la liberazione anticipata ordinaria, tuttora in vigore. In pratica si tratterebbe di un mini-svuotacarceri, o meglio di un’estensione dello sconto di pena già in vigore per i detenuti con buona condotta. Nulla di straordinario

La proposta di legge sulla liberazione anticipata è a prima firma Giachetti ed è frutto, come già avvenuto in passato, del lavoro comune tra il parlamentare renziano di scuola pannelliana e Rita Bernardini. Come ha ricordato la presidente di Nessuno tocchi Caino all’evento sul carcere promosso due settimane fa dal Pd al Nazareno, il testo Giachetti ha già ottenuto, alla Camera, il sostegno non solo del partito di Elly Schlein ma anche di tutte le altre forze d’opposizione, 5 Stelle inclusi, e del forzista Pietro Pittalis. In commissione Giustizia alla Camera, lo scorso 15 febbraio, l’iter del provvedimento ha mosso i primi passi, con la seduta in cui Giachetti ha esposto l’urgenza della misura, dettata dall’impennata del sovraffollamento (che nella realtà viaggia ben oltre l’ingannevole 118% delle statistiche ufficiali) e dei suicidi in cella, che da inizio 2024, in 50 giorni, sono stati 20.

La settimana prossima l’organismo presieduto da Ciro Maschio, di Fratelli d’Italia, riaprirà il dossier per fissare il calendario delle audizioni. Si cercherà di correre. Anche perché, per quanto il confronto con gli esperti possa produrre incoraggiamenti ad accogliere in pieno la proposta Giachetti, il punto di caduta è stato già individuato da Meloni, da Nordio, dal suo vice Francesco Paolo Sisto e dai referenti più alti in grado, in materia di giustizia, di Fratelli d’Italia e Lega: Andrea Delmastro, Andrea Ostellari, Ciro Maschio, Giulia Bongiorno.

E la soluzione ritenuta «accettabile» consiste appunto nel via libera della maggioranza alla meno “pesante”, fra le norme inserite da Giachetti e Bernardini nella loro legge, il ricordato innalzamento da 45 giorni a 60 giorni dello “sconto ordinario”. Disco rosso invece sul resto: no alla liberazione anticipata speciale basata su un nuovo sconto “raddoppiato”, quindi di 75 giorni ogni 6 mesi e, soprattutto, no alla proposta affidare alle direzioni delle singole carceri, oltre che ai giudici, l’esame delle istanze presentate dai detenuti per ottenere la liberazione anticipata. Sarebbe stata una “manna”: i magistrati di sorveglianza sono oberatissimi.

Su questo, il governo non intende “cedere”, a quanto risulta, anche perché “dissuaso” da una sentenza con cui la Corte costituzionale ha già censurato l’attribuzione al Dap di competenze spiccatamente magistratuali. In realtà, se venisse prevista come soluzione emergenziale in circostanze eccezionali, la norma avrebbe buone chance di passare il vaglio della Consulta. Ma il vero nodo è che sarebbe complicato far digerire ai giudici la “esternalizzazione” delle loro competenze in una fase in cui l’Anm è già in allarme per l’ipotesi del concorso in magistratura “light”, riservato alle toghe onorarie. Quindi, niet anche su questo.

D’altra parte i tempi sono stretti, e qualcosa va fatto in ogni caso. Perciò, come detto, già dalla prossima settimana via Arenula si metterà al lavoro per formulare l’emendamento governativo che, di fatto, sostituirebbe l’intera proposta Giachetti e ne “salverebbe” solo lo “sconto ordinario” di 60 giorni. Naturalmente saranno inseriti diversi paletti. Innanzitutto, l’esclusione dal beneficio per i detenuti che abbiano aggredito agenti della polizia penitenziaria. I giudici di sorveglianza tendono, in prevalenza, a derubricare come episodi non determinanti le liti con i poliziotti, se il recluso, per il resto, osserva i canoni della buona condotta. È una prassi che gli agenti non gradiscono. E in tempo di elezioni è impensabile, per partiti come Fratelli d’Italia e Lega, deludere un segmento dell’elettorato che, seppur assai circoscritto, costituisce parte dello “zoccolo duro”.

Sempre la Stampa di ieri ha riportato una breve dichiarazione in cui il procuratore di Napoli Nicola Gratteri ha ricordato che sullo «sconto di pena» non si possono fare “distinzioni”: «È ovvio che interessa non solo i detenuti comuni: anche chi è in alta sicurezza e i mafiosi potrebbero goderne: mi pare un’esagerazione». Allo stesso evento pubblico, il convegno di lunedì scorso per il 25 anni del “Gom” degli agenti penitenziari, Delmastro ha lasciato aperto lo spiraglio, a patto di escludere innanzitutto chi aggredisce i poliziotti. Seppur con limitazioni del genere, secondo i calcoli di Bernardini quei 15 giorni in più di pena ridotta ogni 6 mesi consentirebbero di far uscire dalle galere, nel giro di poco tempo, diverse migliaia di persone.

Una provvidenziale boccata d’ossigeno, se associata alle altre iniziative su cui sono al lavoro Nordio, Ostellari e Delmastro, ad esempio gli accordi con le Asl per fare in modo che siano queste a prendere in carico i detenuti con disturbi psichiatrici, dossier in capo al sottosegretario leghista. In più, il governo, da Meloni in poi, confida che già la notizia del via libera alla legge Giachetti-Bernardini possa diffondere, negli istituti di pena, un senso di speranza in grado di arginare i suicidi prima ancora che le liberazioni arrivino a rendere meno indegna la vita dietro le sbarre. Con 100 morti in 6 mesi, all’election day in cui a giugno, oltre che per il Parlamento Ue, si voterà pure per città sedi di carceri sovraffollate come Bari o Vercelli, non ci vuol arrivare neanche il più forcaiolo dei deputati di maggioranza.

 

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