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Faccio una premessa: la Zona economica speciale unica rappresenta senza dubbio l’azione pianificatoria dello Stato più incisiva per la crescita del Mezzogiorno e cerco di elencare sinteticamente di seguito le motivazioni che supportano un simile convincimento.

Con le vecchie Zes distribuite nelle seguenti macro-aree – Abruzzo; Calabria; Campania; Ionica interregionale Puglia-Basilicata; Adriatica interregionale Puglia-Molise; Sicilia orientale; Sicilia occidentale; Sardegna – si creavano riferimenti territoriali che non davano forza unitaria all’obiettivo strategico e, al tempo stesso, veniva meno la interazione tra il singolo impianto produttivo e la serie di hub logistici ubicati nell’intero territorio.

Il rapporto tra l’organo centrale ed il Mezzogiorno non avviene più tra il Governo e le singole realtà regionali ma tra il Governo e le otto Regioni del Sud accomunate da una serie di interessi comuni da me più volte ricordati:

– sono tutte otto in Obiettivo Uno cioè hanno tutte un Pil pro-capite inferiore al 75 per cento della media europea;

– sono le Regioni che dispongono del numero maggiore di porti transhipment (Cagliari, Augusta, Gioia Tauro e Taranto);

– all’interno delle otto Regioni si produce oltre il 40 per cento della filiera agro-alimentare del Paese; una filiera che è strettamente legata alla efficienza delle attività logistiche;

– esclusa la Regione Campania sono tutte realtà territoriali servite da assi ferroviari non ad alta velocità;

– dispone solo di un impianto aeroportuale, quello di Lamezia, con capacità adeguata a voli cargo;

– da sempre, l’agricoltura, per il Sud Italia, è il caposaldo delle singole economie regionali. Nel Mezzogiorno viene creato il 37 per cento del valore della produzione agricola nazionale, vedendo Puglia, Sicilia e la Campania sul podio della produzione meridionale, rispettivamente con valori del 23 per cento (per le prime due) e del 17,2 per cento per la terza;

– se effettuiamo una lettura dell’Unione interporti riuniti (Uir), cioè dell’associazione nazionale dei soggetti gestori delle infrastrutture logistiche italiane scopriamo che l’associazione, oggi utilizza 24 siti logistici. Scopriamo però che nel Mezzogiorno ci sono solo cinque siti. Se analizziamo i cinque siti ci rendiamo conto che sono impianti del tutto scollegati dalle reti o collegati solo parzialmente. Scopriamo che nella maggior parte dei casi il valore aggiunto prodotto dalla movimentazione e dalla manipolazione delle merci e quindi dalle attività strettamente logistiche è fatta da operatori non locali.

I beneficiari degli incentivi e delle reali convenienze generate dallo Stato in determinate parti del Mezzogiorno interloquiscono non con una singola Regione ma con un intero sistema di Regioni che, responsabilmente, intraprendono scelte che non sono legate ad una unica e comune realtà regionale. Gli attuali Commissari rimarranno in carica fino al primo marzo del 2024 poi tutte le attività passeranno in capo alla apposita struttura tecnica di missione della Zes unica; il ministro per il Sud, Raffaele Fitto, ha proprio ultimamente precisato: “Con i Commissari si è instaurata una leale collaborazione che nei prossimi giorni prevederà appositi tavoli bilaterali tra la struttura di missione e i singoli Commissari straordinari per esaminare, nel dettaglio, le peculiarità delle singole aree”. E sono interessanti le immediate risposte di alcuni commissari; in proposito il Commissario straordinario di Campania e Calabria, Giosy Romano, ha precisato: “Possiamo ripartire applicando alle richieste di autorizzazione presentate entro fine 2023 le vecchie norme e a quelle arrivate nel 2024 le nuove procedure dettate dal Decreto legge sud. Intanto avremo incontri bilaterali con la struttura di missione per far emergere eventuali criticità e far sì che dal primo marzo questa possa assumere tutta la gestione”. Mentre il commissario Mauro Miccio, della Zes Abruzzo, ha ribadito: “Gli incontri bilaterali saranno molto utili perché ciascuna Zes ha delle specificità e realtà diverse. L’Abruzzo in particolare poiché è Regione “in transizione” con soli 82 Comuni su 304 con un regime agevolativo fiscale pari a quello del Sud (ricordo che sono state classificate come Regioni in transizione: quelle che hanno un Pil tra il 70 e 90 per cento della media europea, uscite dall’obiettivo “Uno”, ma che hanno ancora carenze infrastrutturali e difficoltà strutturali). Siamo convinti che il rapporto con i territori deve continuare ad avere massimo risalto come è stato finora”.

Penso che proprio in questa fase cerniera tra un vecchio e un nuovo approccio sia utile partire da un dato: la carenza di una offerta infrastrutturale adeguata, come ho avuto modo di ricordare poche settimane fa, produce un danno annuale pari a 93 miliardi di euro (ricerca effettuata dal Centro studi Divulga per conto della Coldiretti) per ritardi nel processo di ammodernamento e potenziamento della rete infrastrutturale e, sempre poche settimane fa, ho ricordato che tra i dati relativi ai settori più colpiti compare il comparto agro alimentare per il quale a fronte di un valore di 60,7 miliardi di euro di export del 2022 la perdita è stata di 9 miliardi di euro.

Ancora più grave quanto emerso da un lavoro fatto dal World economic forum in merito all’indice di competitività: l’Italia si colloca al trentesimo posto rispetto ai principali competitor a livello mondiale. Se effettuiamo un approfondimento sull’intero Mezzogiorno scopriamo che una parte cospicua di tale valore pari ad oltre 50 miliardi di euro riguarda proprio le aree territoriali del Sud.

Ebbene, se i Commissari delle superate Zes, alla luce della loro esperienza in questi anni in cui in modo davvero encomiabile hanno cercato di attuare un provvedimento davvero non facile da gestire come il Decreto Legge 91 del 2017 e successive modifiche, effettuassero insieme alla struttura di missione della Zes unica un’analisi capillare delle opere infrastrutturali che sono programmate, che sono progettate, che sono in corso di realizzazione e proponessero l’action plan di tale impianto programmatico capace di portare al completamento le varie opere infrastrutturali, di seguito riportate, entro e non oltre cinque anni (vedi la scheda).

Allora, a mio avviso, seguendo un simile approccio forse potremmo regalare al Mezzogiorno, finalmente, due occasioni:

– il quadro delle reti chiave necessarie per attrarre davvero nell’impianto territoriale della Zes unica iniziative produttive perché supportate da un quadro programmatico certo; programmatico certo in quanto supportato da un Piano fonti-impieghi in grado di essere garantito dall’organo centrale e dalle 8 realtà regionali (Fondi Fsc);

– un organismo come la struttura tecnica di missione della Zes unica supportata sia dai commissari uscenti, sia dalle strutture delle 8 Regioni, sia dalle strutture competenti dei Dicasteri, in grado di diventare catalizzatore di un progetto che ha un costo globale stimato pari a circa 60 miliardi di euro e di cui allo stato si dispone di un impegno programmatico di circa 30 miliardi di euro. (sono importi da verificare attentamente, ci sono opere da aggiungere ma la dimensione è senza dubbio questa);

– lo so, trattasi di proposte e di ipotesi ma penso sarebbe un grave errore non seguirle, proprio in questa fase di transizione da un decreto legge del 2017 (discutibile e cambiato più volte) ad un decreto legge Sud 124/2023, e non utilizzare le esperienze di chi ha seguito in questi anni le varie criticità ed al tempo stesso sarebbe un peccato sprecare questi 50 giorni che ci distanziano dal 1° marzo senza approfondire il quadro programmatico, senza dubbio tutto da affinare, che, a tutti gli effetti, può diventare un misurabile e sicuramente vincente action plan.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 08 marzo 2024 alle ore 11:53

 

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