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L’accertamento dell’usucapione può essere opposto ai terzi creditori che abbiano avviato il pignoramento o abbiano iscritto ipoteca, ma solo se davanti al giudice.

Qualcuno ha pensato bene di utilizzare le norme dell’usucapione per poter aggirare il pignoramento sulla casa: il che è astrattamente possibile, ma con alcune precisazioni che si diranno di seguito, frutto degli spunti offerti da una recente sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria.

Il punto focale è il seguente: nel caso in cui il creditore avvii un pignoramento su un immobile di proprietà del debitore, potrebbe mai intervenire un terzo soggetto e, sostenendo di essere nel frattempo divenuto proprietario di detto bene per

usucapione (ossia per averlo posseduto ininterrottamente per 20 anni), opporsi all’esecuzione forzata?

Qualche esempio

Si metta il caso di Tizio che vada via in America per sfuggire ai creditori, lasciando il proprio campo a Caio, affinché lo ari e lo curi. Nel frattempo, passano 20 anni e Caio ritiene di aver usucapito l’immobile. Senonché, si fanno vivi i creditori di Tizio per pignorargli l’immobile. All’esecuzione forzata, si oppone Caio, sostenendo di essere divenuto proprietario del terreno.

Sicuramente la posizione di Caio andrebbe tutelata. E difatti la legge prevede che ciò avvenga. L’accertamento dell’usucapione da parte del giudice, infatti, non è una condizione necessaria per determinare il trasferimento della proprietà dal vecchio al nuovo possessore: il giudice si limita a “dichiarare” qualcosa che, di fatto, è già avvenuta. Dunque, la proprietà si trasferisce a prescindere dalla causa di usucapione.

Nell’esempio di poc’anzi, Caio potrebbe dunque opporsi e far dichiarare il proprio diritto di proprietà dal giudice per intervento dell’

usucapione.

Sul punto si legga anche il nostro precedente articolo “Come cancellare un’ipoteca con l’usucapione”.

Il punto, però, è che questo tipo di sistema potrebbe prestarsi anche ad accordi fraudolenti tra debitore e terzi compiacenti. Si prenda, ad esempio, il caso di Tizio che, subendo un pignoramento immobiliare da parte dei propri creditori, stringa un accordo illecito con Caio, in virtù del quale quest’ultimo dichiari di aver usucapito il bene ormai pignorato e, dunque, lo salvi dell’espropriazione.

Il punto è che la sentenza che accerta l’avveramento dell’usucapione è opponibile ai terzi, ossia – nel nostro caso – ai creditori, che quindi rimarranno a bocca asciutta. Né del resto potrebbe essere altrimenti poiché detta sentenza ha effetto retroattivo: ossia dichiara la proprietà in capo al nuovo possessore anche per il passato.

Del resto, diversamente ragionando, si potrebbero avere altri tipi di truffe, proprio per evitare l’usucapione. Si pensi a Tizio che, accortosi ormai dell’intervento dell’usucapione in capo a Caio, venda l’immobile al fratello Sempronio, prima della sentenza che accerti l’usucapione. Ciò però non è possibile proprio perché tale atto di vendita non è opponibile (ossia non ha effetti) nei confronti di Caio.

La sentenza o la mediazione?

La questione che, però, si è posta tra giudici e interpreti è se l’accertamento della mediazione richieda necessariamente l’intervento del giudice o possa essere fatto anche in mediazione. Di certo, il verbale di mediazione può essere trascritto nei pubblici registri [1]. Ma il punto è che, secondo la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria, richiamata in apertura [2], l’accordo stipulato in mediazione – anche qualora fosse stato trascritto – non può essere assimilato alla sentenza di accertamento e, come tale, non è opponibile ai terzi che vantano titoli precedentemente trascritti o iscritti.

La conseguenza, secondo i giudici calabresi di secondo grado, è che per poter “fregare” i creditori che abbiano avviato il pignoramento è necessario che l’accertamento dell’usucapione avvenga davanti al giudice e non in sede di mediazione. Le ragioni di tale motivazione le lasciamo ai tecnici del diritto in nota [3] e dalla lettura della sentenza a fondo pagina.

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