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L’impugnazione degli atti di pignoramento dell’agente della riscossione, aventi ad oggetto carichi tributari, qualora gli stessi non siano preceduti dalla notifica del titolo esecutivo, si effettua davanti al giudice tributario. Se invece il contribuente intende eccepire un vizio che si è consumato dopo la notifica del titolo esecutivo, quale ad esempio la prescrizione, occorre adire il giudice ordinario.

Queste le conclusioni raggiunte dalle Sezioni unite della Corte di cassazione nella decisione n. 7822/2020, che ha fatto il punto della situazione dopo la pronuncia 114/2018 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 57, comma 1, lett. a), del Dpr 602/1973, nella parte in cui non ammette l’opposizione all’esecuzione. L’assetto così delineato, tuttavia, non è privo di zone d’ombra che dovranno essere chiarite anche nelle prassi processuali.

La questione
Va in primo luogo ricordato come, ai sensi del testo originario dell’articolo 57 del Dpr 602/1973, nel procedimento “esattoriale” non fossero ammesse né l’opposizione all’esecuzione, tranne quelle relative alla pignorabilità dei beni, né le opposizioni agli atti esecutivi fondate sulla regolarità della notifica del titolo esecutivo.

Al riguardo, si ricorda che l’opposizione all’esecuzione, regolata nell’articolo 615 c.p.c., riguarda l’ipotesi in cui il debitore contesta l’esistenza stessa, in tutto o in parte, del credito recato nel titolo esecutivo, avuto riguardo alla sussistenza di fatti costitutivi, modificativi o estintivi della pretesa in oggetto. Per espressa previsione di legge, l’opposizione all’esecuzione può involgere anche questioni attinenti alla pignorabilità dei beni oggetto di esproprio.

L’opposizione agli atti esecutivi ha invece ad oggetto questioni che riguardano la regolarità della procedura di esproprio, quali ad esempio la corretta notifica del titolo esecutivo.
In sintesi, mentre con l’opposizione all’esecuzione il debitore contesta l’an o il quantum della pretesa, deducendo fatti afferenti alle ragioni di credito azionate con l’esproprio, con l’opposizione agli atti esecutivi il debitore eccepisce motivi che si appuntano sulla correttezza della scansione procedurale disegnata nel modulo legale adottato.

Con riferimento all’opposizione agli atti esecutivi, la Suprema corte ha già avuto occasione di intervenire per rimediare al divieto di proporre questioni attinenti alla notifica del titolo esecutivo con la sentenza delle sezioni Unite n. 13913/2017. In tale pronuncia, è stato pertanto affermato il principio secondo cui, a fronte di un atto di pignoramento che si assume non essere stato preceduto dal titolo esecutivo (cartella di pagamento o accertamento impoesattivo), il ricorso va proposto davanti al giudice tributario. Ciò, proprio in ragione del fatto che al giudice ordinario, nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, sarebbe impedito di indagare sulla regolarità della notifica dell’atto propedeutico all’espropriazione.

La Corte costituzionale, nella sopra citata sentenza n. 114/2018, ha poi superato il divieto di opposizione all’esecuzione dichiarando l’illegittimità della lett. a) del comma 1 del suddetto articolo 57 del Dpr 602/1973. Ne consegue che, anche in materia tributaria, laddove si pongano questioni attinenti alla stessa esistenza del credito affidato all’agente della riscossione che non possano essere devolute alle Commissioni tributarie, in quanto insorte in sede di procedure esecutive, la cognizione è del giudice ordinario.

L’orientamento delle Sezione unite
L’ultimo intervento in materia è la richiamata decisione n. 7822/2020 delle sezioni Unite che hanno inteso aggiornare il loro precedente del 2017, alla luce del ricordato arresto della Consulta.

Il massimo Consesso ha, in primo luogo, confermato le conclusioni sopra rassegnate, ribadendo che, se si è raggiunti da un atto della espropriazione che non è stato preceduto dalla notifica del titolo esecutivo, l’impugnazione va proposta davanti alla Ctp, sempre che, ovviamente, il debito originario abbia natura tributaria. Si è inoltre precisato che, qualora successivamente alla notifica del titolo esecutivo, sia intervenuta una vicenda estintiva o modificativa della pretesa tributaria, l’opposizione al pignoramento, che assumerà la forma dell’opposizione all’esecuzione, dovrà essere proposta innanzi al giudice ordinario, alla luce dell’abrogazione del divieto inizialmente contenuto nell’articolo 57, comma 1, lett. a), Dpr 602/1973, a opera della Consulta. Questo perché il confine della giurisdizione tributaria, ai sensi dell’articolo 2 del Dlgs 546/1992, si ferma con la notifica del titolo esecutivo o della successiva intimazione di pagamento, prevista nell’articolo 50 del Tu riscossione. Pertanto, ipotizzando che la cartella di pagamento sia stata validamente notificata e che, dopo tale notifica, sia maturata la prescrizione del credito tributario (pari a 5 anni per i tributi locali e 10 anni per quelli erariali), qualora il primo atto ricevuto dal contribuente dopo la maturazione della prescrizione sia ad esempio il pignoramento presso terzi, l’opposizione dovrà essere promossa all’Autorità ordinaria.

Criticità
Pur prendendo atto del consolidamento dell’orientamento di Cassazione in ordine alla giurisdizione sugli atti dell’espropriazione, restano alcuni profili critici che dovranno essere risolti a livello interpretativo e applicativo.

Un dubbio riguarda l’eventualità in cui il primo atto in cui si manifesta la prescrizione del credito sia il preavviso di fermo amministrativo (articolo 86 del Dpr 602/1973) o il preavviso di ipoteca (articolo 77 dello stesso Dpr 602/1973). Sebbene si tratti di atti successivi alla notifica del titolo esecutivo, poiché gli stessi rientrano nella elencazione degli atti impugnabili di cui all’articolo 19 del Dlgs 546/1992, la cognizione della relativa controversia dovrebbe appartenere al giudice tributario. Si ritiene infatti che le sezioni Unite, allorquando hanno assegnato al giudice ordinario la “competenza” sugli eventi che accadono dopo la notifica del titolo esecutivo, non intendessero sovvertire le regole dettate nel suddetto articolo 19.

Il secondo problema attiene ai limiti dei poteri dei giudici tributari. Nel momento in cui il contribuente viene a conoscenza della pretesa tributaria in occasione dell’atto di pignoramento, non essendo stati validamente notificati i provvedimenti impositivi a monte di questo, l’atto effettivamente impugnato è il provvedimento impositivo non notificato e non l’atto di pignoramento. Quest’ultimo, infatti, in forza del chiaro disposto dell’articolo 2 del Dlgs 546/1992, è fuori dal raggio d’azione dei giudici speciali. Ed allora ci si chiede quale efficacia possa avere l’eventuale annullamento, ad esempio, dell’atto di accertamento impoesattivo, per difetto di notifica, sulla procedura esecutiva in corso. In proposito, si è dell’avviso che la decisione del giudice tributario debba essere applicata dal giudice dell’esecuzione, il quale pertanto, senza che residui alcun margine di valutazione, dovrà porre nel nulla la procedura esecutiva. Non è chiaro però come ciò sarà recepito nelle prassi giudiziarie.

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