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E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 febbraio 2019 il Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14  recante Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della Legge 19 ottobre 2017, n. 155.  

Il nuovo Codice si propone l’obiettivo di:

  • riformare in modo organico ed unitario la materia delle procedure concorsuali e della crisi da sovraindebitamento;
  • semplificare il sistema normativo nel suo complesso, al fine di superare le difficoltà applicative oltre che interpretative derivanti dalla formazione di indirizzi giurisprudenziali non consolidati e contrastanti;
  • soddisfare l’esigenza di certezza del diritto e migliorare l’efficienza del sistema economico in modo da renderlo più competitivo.

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I principi generali, imposti dalla legge delega, che connotano la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali sono i seguenti:

▪   si sostituisce il termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale”;

▪   si introduce una definizione di “stato di crisi”, intesa come probabilità di futura insolvenza, e si mantiene nel contempo l’attuale nozione di “insolvenza”;

▪   si adotta un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore con caratteristiche di particolare celerità;

▪   si assoggetta ai procedimenti di accertamento dello stato di crisi o insolvenza ogni categoria di debitore, persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici;

▪   si prevede di dare priorità alla trattazione delle proposte che comportano il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale anche tramite un diverso imprenditore;

▪   si uniforma e si semplifica, in raccordo con le disposizioni sul processo civile telematico, la disciplina dei diversi riti speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale;

▪   si vuole ridurre la durata ed i costi delle procedure concorsuali;

▪   si armonizzano le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza dl datore di lavoro con le forme di tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori.

Fallimento e Crisi d'Impresa

È uscito:

Fallimento e Crisi d’Impresa
AA.VV., IPSOA, 2019
Con la riforma del 2019: libro + soluzione digitale aggiornata in tempo reale

Una delle innovazioni più significative ed interessanti ha ad oggetto l’introduzione della “procedura di allerta e di composizione assistita della crisi” che mira a:

▪   anticipare l’emersione della crisi di impresa;

▪   costituire uno strumento di sostegno diretto ad analizzare le cause del sofferenza economica e finanziaria dell’impresa;

▪   fornire un servizio di composizione della crisi funzionale alle trattative per il raggiungimento dell’accordo con i creditori;

La definizione di “crisi” è descritta come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.

Gli strumenti di allerta si distinguono tra: oneri di segnalazione posti a carico di alcuni soggetti qualificati ed obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore (art. 12)

Gli strumenti di allerta svolgono la funzione di rilevare tempestivamente la crisi dell’impresa e sollecitare l’adozione delle misure più idonee alla sua composizione, trovando applicazione per:

▪   i debitori che svolgono attività imprenditoriale con l’esclusione delle grandi imprese, dei gruppi di imprese di rilevante dimensione e delle società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante (quest’ultima tipologia di imprese può beneficiare di misure premiali se ricorrono le condizioni di tempestività);

▪   le imprese agricole e le imprese minori, compatibilmente con la loro struttura organizzativa, oltre che per le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa ordinaria;

Sono indicatori della crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, che possono incidere sulla sostenibilità dei debiti per l’esercizio in corso o per i 6 mesi successivi e sulla continuità aziendale, tenuto conto della presenza di significativi e reiterati ritardi nei pagamenti di durata diversa in rapporto alle differenti categorie di debiti (art. 13)

Gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione, devono:

▪   verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente se l’assetto organizzativo dell’impresa è adeguato, se sussiste l’equilibrio economico finanziario e quale è il prevedibile andamento della gestione,

▪   segnalare immediatamente all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi; (art. 14);

Con riferimento alle modalità di presentazione della segnalazione, il legislatore ha previsto che essa:

▪   deve essere motivata, fatta per iscritto, comunicata a mezzo posta elettronica certificata o comunque con mezzi che assicurino la prova dell’avvenuta ricezione,

▪   deve contenere la fissazione di un congruo termine, non superiore a 30 giorni, entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle soluzioni individuate e alle iniziative intraprese.

In caso di omessa o inadeguata risposta, ovvero di mancata adozione, nei successivi 60 giorni, delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, gli organi di controllo devono informare, senza indugio, l’OCRI (Organismo di composizione della crisi e dell’insolvenza)., fornendo ogni elemento utile per le relative determinazioni, anche in deroga al disposto dell’art. 2407, comma 1, c.c. quanto all’obbligo di segretezza.

Il legislatore ha imposto specifici oneri informativi anche in capo all’Agenzia delle entrate, all’INPS e all’Agente della riscossione delle imposte poiché essi hanno l’obbligo:

▪   di dare avviso al debitore che la sua esposizione debitoria ha superato l’importo rilevante ai fini della segnalazione;

▪   di segnalare al debitore che, se entro 90 giorni dalla ricezione dell’avviso, egli non avrà estinto o altrimenti regolarizzato la propria posizione o non avrà presentato istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, verrà fatta segnalazione all’OCRI, anche per la comunicazione agli organi di controllo della società;

L’omessa segnalazione è posta a pena di inefficacia del titolo di prelazione sui crediti dell’Agenzia e delle Entrate e dell’INPS, nonché a pena di inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione per Agente della riscossione.

La nuova normativa, prevede che l’OCRI sia costituito presso ciascuna Camera di commercio e ad esso è affidato il compito di:

▪   ricevere le segnalazioni di indizi della crisi;

▪   gestire il procedimento di allerta ed assistere l’imprenditore, su sua istanza, nel procedimento composizione assistita della crisi (art. 16, 17 e 18);

La competenza territoriale dell’OCRI è legata al luogo ove si trova la sede legale dell’impresa.

Entro 15 giorni dalla ricezione della segnalazione o dell’istanza del debitore, l’OCRI convoca il debitore nonché i componenti di organi di controllo, se presenti, per l’audizione in via riservata e confidenziale.

Dopo aver sentito il debitore e tenuto conto degli elementi di valutazione da questi forniti, nonché dei dati e delle informazioni assunte, l’OCRI può:

▪   disporre l’archiviazione delle segnalazioni ricevute, quando ritiene che non sussista la crisi o che si tratti di imprenditore al quale non si applicano gli strumenti di allerta.

▪   disporre l’archiviazione quando l’organo di controllo societario o, in sua mancanza, un professionista indipendente, attesta l’esistenza di crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni per i quali sono decorsi 90 giorni dalla messa in mora, per un ammontare complessivo che, portato in compensazione con i debiti, determina il mancato superamento delle soglie di cui all’articolo 15, comma 2, lettere a), b) e c).

Se invece l’OCRI rileva l’esistenza della crisi, individua con il debitore le possibili misure per porvi rimedio e fissa il termine entro il quale il debitore deve riferire sulla loro attuazione.

L’OCRI può inoltre essere investito, su istanza del debitore, del procedimento di composizione concordata della crisi ed, in questo caso, l’organismo deve:

▪   fissare un termine non superiore a 3 mesi, prorogabile per un massimo di altri 3 mesi, nel caso di positivi riscontri delle trattative per la ricerca di una soluzione concordata della crisi dell’impresa, curandone le trattative;

▪   acquisire una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa nonché un elenco dei creditori e dei titolari dei diritti reali o personali con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle eventuali cause di prelazione (art. 19)

Se il procedimento di composizione concordata della crisi ha avuto esito positivo:

▪   l’accordo con i creditori deve avere forma scritta e deve essere depositato presso l’organismo

▪   l’accordo non è ostensibile nei confronti di soggetti diversi da quelli che vi hanno aderito;

▪   l’accordo può essere iscritto nel registro delle imprese su richiesta del debitore e con il consenso dei creditori;

La riforma riconosce inoltre al debitore che ha presentato l’istanza per la soluzione concordata della crisi di poter richiedere al Tribunale – sezioni specializzate in materia di imprese – l’adozione di misure protettive necessarie per poter condurre a termine le trattative (art. 20) [1]

L’ OCRI deve invitare il debitore a presentare domanda di accesso ad una procedura della crisi o dell’insolvenza entro 30 giorni, allorquando:

▪   non è stato concluso un accordo con i creditori entro il termine fissato per la ricerca di una soluzione concordata;

▪   permane la situazione di crisi;

La riforma intende pertanto incentivare gli strumenti di allerta di composizione della crisi, tanto è vero che ha introdotto delle misure premiali tra loro cumulabili in favore dell’imprenditore che si è attivato tempestivamente per prevenire l’aggravarsi dello stato di crisi o che ha presentato domanda di accesso ad una procedura regolatrice della crisi o dell’insolvenza (art. 25) [2]

Si segnalano alcuni aspetti processuali delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza

Non tutti i Tribunali hanno la competenza per ogni genere di procedimento.

▪   il Tribunale – sede delle sezioni specializzate in materia di imprese – ex art. 1 del Dlgs n. 16872003 è competente per i procedimenti di regolazione della crisi o della insolvenza, nonché per le controversie relative alle imprese in amministrazione straordinaria ed ai gruppi di impresa di rilevante dimensione;

▪   il Tribunale del luogo in cui il debitore ha il proprio centro di interessi è invece competente per tutti gli altri procedimenti;

La disposizione precisa che la competenza spetta al Tribunale del luogo ove si trova il centro di interessi principali del debitore, tenuto conto della sua categoria di appartenenza del debitore, ed individuato attraverso il ricorso a presunzioni (art. 27) [3]

Ai fini dell’individuazione della competenza è ininfluente il trasferimento della sede del centro di interessi principale avvenuto nell’anno antecedente (art. 28).

Il legislatore ha stabilito una regola unica per l’imprenditore individuale e per quello collettivo rispetto al sistema vigente nel caso di cessazione dell’attività. La liquidazione giudiziale può dunque essere aperta entro un anno dalla cessazione dell’attività del debitore se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo. Si ribadisce che per gli imprenditori, la cessazione dell’attività coincide con la cancellazione dal registro delle imprese con la precisazione che per i debitori non iscritti la cessazione coincide con il momento in cui i terzi ne acquisiscono la conoscenza. È inoltre richiesto all’imprenditore di mantenere attivo l’indirizzo di posta elettronica certificata per un anno che decorre dalla cancellazione con l’obiettivo di agevolare il processo di notificazione di eventuali azioni da parte di terzi. Ed è stato chiarito che l’imprenditore cancellato dal registro delle imprese non può fare ricorso né al concordato preventivo né all’accordo di ristrutturazione dei debiti visto che la relativa domanda è soggetta a declaratoria di inammissibilità (art. 33)

Uno dei principali capisaldi della riforma ha ad oggetto l’adozione di un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o dell’insolvenza del debitore.

  la domanda di accesso ad una procedura regolatrice della crisi o dell’insolvenza può essere sempre proposta dal debitore;

▪   la domanda di apertura della liquidazione giudiziale può invece essere presentata da una pluralità di soggetti tra cui il debitore ma, rispetto alla disciplina vigente, anche dagli organi e dalle autorità amministrative cha hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa.

▪   la domanda di liquidazione può essere presentata anche da uno o più creditori o dal pubblico ministero (art. 37).

La riforma ha restituito centralità alla figura del pubblico ministero, il quale è legittimato a presentare ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui ha avuto notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza. Non solo, qualsiasi autorità giudiziaria che ha rilevato lo stato di insolvenza nel corso di un procedimento ha l’obbligo di segnalare la situazione al pubblico ministero (art. 38)

Nel caso di accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza il debitore deve depositare una specifica documentazione. Grande importanza assume la certificazione sulla situazione debitoria attinente a debiti come quelli tributari e contributivi o ai premi assicurativi. Il debitore deve inoltre depositare una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nei 5 anni antecendenti: si tratta di un termine che, guarda caso, corrisponde a quello di prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria (art. 39)

La domanda di accertamento dello stato di crisi e di insolvenza si propone con ricorso che deve indicare l’ufficio giudiziario, l’oggetto, le ragioni delle domande e le conclusioni e deve essere sottoscritto dal difensore munito di procura.

Per quanto concerne le modalità di notificazione del ricorso si prevede che essa debba avvenire in modo telematico, costituendo la regola generale per l’instaurazione del contraddittorio. È stata tuttavia prevista una clausola di garanzia nel caso di notifica non possibile o negativa per causa non imputabile al destinatario. In questo caso la notifica si esegue esclusivamente di persona ai sensi dell’art. 107, comma 1, DPR n. 1229/1229 presso la sede risultante dal registro delle imprese o per i soggetti non iscritti presso la residenza. Laddove la notificazione non possa essere compiuta con queste modalità, essa si esegue con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede risultante dal registro delle imprese ovvero per la residenza per i soggetti non iscritti, perfezionandosi nel momento del deposito. Per quanto riguarda le persone fisiche non obbligate a munirsi di un domicilio digitale, si deve dare atto del deposito anche mediante affissione dell’avviso in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o per raccomandata con avviso di ricevimento (art. 40).

Il procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale può essere attivato su istanza dei creditori, degli organi o delle autorità con funzioni di controllo e vigilanza o del pubblico ministero o dello stesso debitore. Si tratta di un procedimento semplificato ma regolato nelle forme e termini per quanto concerne la fase introduttiva, la fase di trattazione e la fase decisoria. I termini sono brevi nel rispetto del principio di celerità e delle garanzie processuali (art. 41)

Un elemento di novità è rappresentato dal fatto che i terzi che hanno la legittimazione a proporre la domanda ed il pubblico ministero possono intervenire nel medesimo procedimento. L’intervento può tuttavia avere luogo sino a quando la causa non viene rimessa per la decisione. Nel caso di rinuncia alla domanda, il pubblico ministero, a cui è stato comunicato il provvedimento di estinzione della procedura, può richiedere la liquidazione giudiziale (art. 43).

Sono chiaramente fissate disposizioni specifiche che regolano l’accesso al concordato preventivo e al giudizio per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, nonché l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale (artt. 44, 45, 46, 48, 49).

Con riferimento alla sentenza di apertura di liquidazione giudiziale, si segnala che il giudice può  nominare, se lo ritiene utile, insieme al curatore anche uno o più esperti per l’esecuzione di compiti specifici con l’obiettivo di garantire maggiore efficienza e celerità alla procedura (ad esempio: è possibile affiancare al curatore, un professionista che si occupi della liquidazione di determinati beni fin dalla fase iniziale della procedura dell’esercizio provvisorio dell’impresa). Il decreto del Tribunale con il quale viene respinta la domanda di apertura della liquidazione giudiziale è impugnabile, con reclamo avanti alla Corte di Appello. È tuttavia opportuno evidenziare che il Giudice d’appello può ora dichiarare aperta la liquidazione giudiziale in caso di accoglimento del reclamo e rimettere gli atti al Tribunale al fine di emettere gli opportuni provvedimenti (a differenza di quanto avviene nel sistema vigente visto che è il Tribunale a dover procedere alla dichiarazione di fallimento). Si sottolinea che il decreto della Corte di appello con il quale viene rigettato il reclamo non è ricorribile per cassazione visto che la domanda può essere riproposta. (art. 50).

Per quanto concerne la disciplina delle impugnazioni, un aspetto di assoluta novità è rappresentato dal fatto che, salvo quanto previsto dall’art. 96 cpc, il giudice dichiara, con la sentenza che decide l’impugnazione, se la parte soccombente ha agito o resistito con mala fede o colpa grave. Il giudice, in tal caso, revoca con efficacia retroattiva l’eventuale provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello stato. Il giudice può condannare in solido con la società o con gli enti il legale rappresentante al pagamento delle spese del processo ed al pagamento di una somma pari al doppio del contributo unificato. Si tratta di una disposizione finalizzata a scoraggiare impugnazioni pretestuose e a responsabilizzare gli organi di gestione delle società di capitali insolventi. (art. 51)

Il nostro legislatore ha inteso disciplinare specificatamente, in caso di accoglimento del reclamo, gli effetti la revoca da parte della Corte di Appello della liquidazione giudiziale, dell’omologazione del concordato e degli accordi di ristrutturazione.

▪   Nel caso di revoca della liquidazione giudiziale l’amministrazione dei beni e dell’esercizio dell’impresa ritornano di competenza del debitore sotto la vigilanza del curatore che rimane in carica sino al momento in cui diviene definitiva la sentenza. Il debitore, in questo caso, ha l’onere di: a) assolvere gli obblighi informativi periodici relativi alla gestione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa; b) depositare una relazione sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria. La Corte di appello può tuttavia privare il debitore della possibilità di compiere atti di amministrazione ordinaria e straordinaria nel caso in cui accerti la violazione degli obblighi.

▪   Nel caso di revoca dell’omologazione del concordato e degli accordi di ristrutturazione, la Corte di appello dichiara aperta la liquidazione giudiziale e rimette gli atti al Tribunale per l’adozione dei provvedimenti ex art. 49. Il debitore può tuttavia chiedere al Tribunale di sospendere i termini per la proposizione dell’impugnazione dello stato passivo e l’attività di liquidazione ove ricorrano gravi e giustificati motivi fino al momento in cui la sentenza che pronuncia sulla revoca diviene definitiva (art. 53)

Il Fallimento e le altre procedure concorsuali

Sul tema si segnala:

Il Fallimento e le altre procedure concorsuali
Mensile di giurisprudenza e dottrina, IPSOA

Come si è avuto già avuto modo di evidenziare, la riforma prevede l’incentivazione della composizione negoziale stragiudiziale della crisi attraverso i seguenti strumenti:

▪   i piani attestati di risanamento;

▪   gli accordi di ristrutturazione dei debiti;

▪   gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa;

▪   le convenzioni di moratoria;

I piani attestati di risanamento sono riservati alle ipotesi di continuità aziendale. Si tratta difatti di un piano che può essere rivolto ai creditori da parte di un imprenditore, anche non commerciale, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria. Il piano deve avere data certa anche al fine dell’esenzione da revocatoria in caso di successiva liquidazione giudiziale. La disposizione indica con precisione il contenuto minimo obbligatorio del piano, i termini delle azioni da realizzare ed i rimedi da adottare in caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione esistente. La documentazione da presentare con il piano corrisponde a quella prescritta al debitore che ha richiesto di accedere alla procedura regolatrice della crisi o dell’insolvenza. È in ogni caso previsto che il piano deve essere attestato da un professionista indipendente che deve certificare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica e giuridica dell’operazione. Gli atti unilaterali ed i contratti posti in essere in esecuzione del piano devono essere provati per iscritto ed avere una data certa, al fine di evitare condotte opportunistiche o collusive (art. 56)

È possibile stipulare accordi di ristrutturazione dei debiti da parte dell’imprenditore (non minore) con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti in continuità con il sistema vigente. È stato però chiarito che gli accordi di ristrutturazione dei debiti devono essere corredati dal piano economico finanziario che ne consente l’esecuzione, il cui contenuto è mutuato da quello previsto per i piani di risanamento (art. 57).

Si precisa che gli accordi di ristrutturazione dei debiti ed il piano di risanamento possono essere rinegoziati o modificati.

▪   Se intervengono modifiche al piano prima dell’omologazione, devono essere rinnovati sia l’attestazione del professionista indipendente sia il consenso dei creditori;

▪   Se dopo l’omologazione si rendono necessarie modifiche sostanziali al piano, l’imprenditore può apportare le modifiche al piano idonee ad assicurare l’esecuzione degli accordi ed è richiesto il rinnovo dell’attestazione da parte del professionista indipendente.

Il piano modificato e l’attestazione devono essere pubblicati nel registro delle imprese ed il debitore deve dare comunicazione della pubblicazione ai creditori che possono presentare opposizione entro 30 giorni (art. 58).

È interessante evidenziare che gli accordi di ristrutturazione della società, salvo patto contrario, hanno efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili che, se hanno prestato garanzia, continuano a rispondere per tale diverso titolo salvo che non sia stato diversamente previsto (art. 59)

È stato introdotto l’istituto degli accordi di ristrutturazione agevolati che possono essere stipulati con creditori che rappresentano almeno il 30% dei crediti a condizione che il debitore:

▪   non proponga la moratoria dei crediti estranei agli accordi;

▪   non abbia richiesto e rinunci a richiedere misure protettive temporanee (art. 60)

È confermata la presenza degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa la cui applicazione è stata però incentivata, visto che:

▪   è stata estesa la possibilità di stipulare l’accordo a tutte le ipotesi di ristrutturazione del debito e quindi non soltanto nell’ipotesi in cui l’ammontare dei debiti sia rappresentato per almeno la metà da debiti verso banche ed intermediari finanziari.

▪   l’accordo deve prevedere la prosecuzione dell’attività d’impresa;

▪   gli effetti dell’accordo si estendono anche ai creditori non aderenti soltanto quando essi risultino soddisfatti nella misura superiore rispetto alla liquidazione giudiziale;

È fatta salva la possibilità per i creditori non aderenti di poter proporre opposizione, il cui termine per la proposizione decorre dalla data della notificazione della domanda di omologazione dell’accordo (art. 61)

È stato ampliato l’ambito di applicazione delle convenzioni di moratoria non essendo più limitato agli accordi conclusi con banche od intermediari finanziari. La convenzione di moratoria può difatti essere ora conclusa tra un imprenditore, anche non commerciale, ed i suoi creditori, ed essa è diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi, avendo ad oggetto:

▪   la dilazione delle scadenze dei crediti;

▪   la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e di ogni altra misura che non comporti la rinuncia al credito in deroga a quanto previsto dall’art. 1372 c.c. ed art. 1411 c.c.;

Il legislatore ha stabilito inoltre che:

▪   la convenzione di moratoria è efficace anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengono alla medesima categoria soltanto nel caso in cui essi risultino soddisfatti in misura superiore alla liquidazione giudiziale.

▪   la convenzione deve essere accompagnata da una relazione redatta da un professionista indipendente designato dal debitore che deve attestare anche la veridicità dei dati aziendali, l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi e la convenienza della convenzione (art. 62)

Per quanto riguarda la disciplina della transazione fiscale, l’unica novità sostanziale rispetto alla disciplina vigente è rappresentata dal fatto che l’attestazione del professionista indipendente relativamente ai crediti fiscali e previdenziali deve contenere la valutazione di convenienza del trattamento proposto dal debitore rispetto alla liquidazione giudiziale che è altresì soggetta al giudizio del giudice (art. 63).

Lo schema del decreto legislativo racchiude anche la trattazione delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento che consistono nel:

▪  piano di strutturazione dei debiti del consumatore;

concordato minore;

▪ liquidazione controllata;

Si tratta di procedure che, come noto, sono riservate a determinate categorie di soggetti vale a dire:il consumatore, il professionista, l’imprenditore agricolo, l’imprenditore minore, le start-up innovative ed ogni altro debitore non assoggettabile alla procedura di liquidazione giudiziale od alla liquidazione coatta amministrativa od ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi od insolvenza.

Per questo tipo di procedure, il nostro legislatore ha previsto una disciplina più semplice e specifica rispetto al procedimento unitario che è applicabile solo nei limiti di compatibilità e per quanto non specificatamente previsto nelle disposizioni specifiche dettate in materia.  

La normativa chiarisce che la nomina dell’attestatore è facoltativa e che le funzioni proprie del commissario e del liquidatori sono svolte dall’OCC (Organismo di composizione della crisi) regolamentato dal D.M. 24 settembre 2014 n. 202.

È stata introdotta una disciplina innovativa rispetto al sistema vigente per quanto concerne le  procedure famigliari”, cioè le procedure di sovraindebitamento che coinvolgano famigliari conviventi oppure un gruppo famigliare. In questi casi è infatti necessaria una gestione ed una soluzione unitaria, donde la normativa consente di presentare un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento ed il giudice è tenuto ad adottare i provvedimenti idonei per assicurare il coordinamento di procedure collegate nel caso in cui pervengano richieste non contestuali (art. 66)

Con riferimento alla procedura di ristrutturazione dei debiti proposta dal consumatore con l’ausilio dell’OCC, una disposizione di particolare rilievo a carattere innovativo è quella che consente di prevedere con il piano anche la falcidia e la ristrutturazione derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o dell pensione, dalle operazioni di prestito su pegno con l’evidente obiettivo di liberare risorse a favore dei creditori e di soddisfare i crediti nell’ambito della operazione di sistemazione dei debiti. È stato poi affidato il compito all’OCC di indicare nella sua relazione se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita quantificato in misura inferiore al doppio dell’indice ISEE. Sono state inoltre previste sanzioni di natura processuale nei confronti del creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi ex art. 124 bis D.lgs. n. 385/1993. In questi, casi il creditore non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere causa di inammissibilità che non derivano da comportamenti dolosi del debitore (artt. 67, 68 e 69)

I soggetti che si trovano in una situazione di sovraindebitamento, rientranti nella definizione di cui all’art. 2, comma 1, lett. c, con l’esclusione del consumatore, possono presentare tramite l’OCC ai creditori una proposta di concordato minore quando il piano permette di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale. Fuori da questo caso, la proposta di concordato minore può essere fatta quando viene previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in modo apprezzabile la soddisfazione dei creditori. L’OCC svolge, in specie, un ruolo fondamentale poiché non solo presenta la domanda, predispone il piano e la proposta di concordato minore (art. 75 – art. 76) ma cura l’esecuzione del procedimento come ausiliario del giudice (art. 78). Il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. È pertanto richiesta la maggioranza assoluta dei crediti calcolata sulla base dell’elenco dei creditori e dei crediti. Non è più necessario il raggiungimento del 60% come è stabilito nella normativa vigente ex art. 11 della Legge n. 3/2012. (art. 79). è compito del tribunale omologare con sentenza il concordato minore previa verifica della fattibilità del piano e del raggiungimento della maggioranza. Nel caso in cui vi siano contestazioni in merito alla convenienza della proposta, il tribunale omologa il concordato quando ritiene che il credito dell’opponente può ricevere un soddisfacimento non inferiore a quello che otterrebbe in caso di liquidazione giudiziale per effetto dell’esecuzione del piano. Rispetto alla disciplina vigente, è tuttavia inibito al creditore che ha colpevolmente determinato o aggravato la situazione di indebitamento di presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, o di far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore (art. 74)

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Il concordato preventivo che può assumere la forma di:

▪   concordato in continuità aziendale;

▪   concordato liquidatorio; (art. 84)

Il concordato in continuità aziendale è l’opzione che la nuova disciplina si propone di voler maggiormente valorizzare, in quanto finalizzata al recupero della capacità dell’impresa di rientrare risanata nel mercato.

La continuità aziendale può essere:

▪   diretta in capo all’imprenditore che ha presentato la domanda di concordato;

▪   indiretta nel caso in cui sia prevista la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di un soggetto diverso dal debitore in forza di cessione, usufrutto, affitto o conferimento di azienda in una o più società o a qualsiasi altro titolo (in questo caso deve essere assunto l’impegno di garantire per almeno 2 anni la conservazione di almeno il 30% dei lavoratori impiegati dal debitore al momento del deposito del ricorso nell’azienda o nel ramo di azienda);

Il piano di concordato preventivo in continuità, diretta o indiretta, deve prevedere che l’attività di impresa sia funzionale ad assicurare il ripristino dell’equilibrio economico finanziario nell’interesse prioritario dei creditori oltre che dell’imprenditore. È bene precisare che i creditori, nel caso di specie, devono essere soddisfatti in misura prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale, ivi compreso il ricavato derivante dalla cessione del magazzino, donde di quanto prodotto dall’impresa. Si ha prevalenza quando i ricavi attesi dalla continuità per i primi 2 anni di attuazione del piano derivano da una attività di impresa alla quale sono addetti almeno la metà dei lavoratori in forza al momento del deposito del ricorso. Il legislatore intende pertanto incentivare la conservazione del valore dell’azienda, favorendo la prosecuzione dell’attività di impresa e la salvaguardia dei livelli occupazionali.

Nel risolvere alcuni contrasti interpretativi, la norma prevede infine che la proposta deve indicare l’utilità specificatamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore. L’utilità può essere rappresentata dalla prosecuzione o dalla rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa, con l’obiettivo di soddisfare i creditori non con denaro od altri beni, ma con vantaggi sicuri ed economicamente valutabili.

È invece possibile accedere al concordato liquidatorio, quando:

▪   l’apporto di risorse esterne deve incrementare di almeno il 10% il soddisfacimento dei creditori chirografari

▪   i creditori chirografari devono, in ogni caso, essere soddisfatti nella misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo del creditori chirografario;

La proposta di concordato preventivo può dunque essere presentata dall’imprenditore che si trovi in stato di crisi o di insolvenza. La proposta deve essere accompagnata da un piano di attuazione che deve essere fattibile da un punto di vista giuridico ed economico, cioè deve avere concrete possibilità di realizzazione; I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono ricevere un soddisfazione integrale dei loro crediti a condizione che non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione di beni o diritti su cui sussiste la causa di prelazione avuto riguardo al valore di mercato. È precisato che il valore di mercato deve essere decurtato del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o al diritto e della quota parte delle spese generali attestato da un professionista indipendente. La quota residua del credito è trattata come credito chirografario (art. 85). È possibile una moratoria della durata massima di 2 anni anziché di un anno come previsto dal sistema vigente dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti su cui sussiste una causa di prelazione (art. 86)

Il piano di concordato deve contenere la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, donde il debitore deve specificare:

▪  le cause della crisi;

▪  la definizione delle strategie di intervento ed i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria nel caso di concordato in continuità;

▪  gli apporti di finanza nuova, se previsti;

▪   le azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili nonché le prospettive di recupero;

▪   le ragioni per cui la continuità aziendale è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori;

▪   l’indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività nonché delle risorse finanziarie necessarie e delle modalità di copertura, ove sia prevista la continuità aziendale diretta

Al fine di superare le incertezze presenti nel sistema vigente, è prescritto che il piano deve contenere anche l’indicazione dei tempi delle attività da compiersi, nonché le iniziative da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi pianificati e quelli raggiunti.

Con riferimento agli effetti della presentazione della domanda, il debitore conserva l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, dalla data di deposito dell’istanza di accesso al concordato preventivo sino all’omologazione. Sono pertanto inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato i mutui, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili e di partecipazioni societarie di controllo, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e donazioni, ed in genere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione che siano stati compiuti senza autorizzazione scritta del giudice delegato.

In termini innovativi rispetto al sistema vigente, è tuttavia previsto che:

▪   l’autorizzazione può essere concessa dal giudice prima dell’omologazione qualora l’atto sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.

▪   l’alienazione e l’affitto di azienda, di rami di azienda, e di specifici beni sono effettuate tramite procedure competitive previa stima ed adeguata pubblicità a garanzia del principio di trasparenza della procedura e con l’obiettivo di salvaguardare il miglior soddisfacimento per i creditori; (art. 94)

La riforma risolve un aspetto molto controverso, stabilendo che il Tribunale può autorizzare il pagamento della retribuzione dovuta per la mensilità antecendente il deposito della domanda di concordato a favore dei lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione. Un ulteriore aspetto di novità è rappresentato dal fatto che il debitore, quando è prevista la continuazione dell’attività, può rimborsare le rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante sui beni strumentali all’esercizio dell’impresa. In questo caso il debitore deve aver adempiuto, alla data di deposito della domanda di concordato, le proprie obbligazioni oppure il Tribunale deve aver concesso l’autorizzazione al pagamento del debito scaduto per capitale ed interessi. È necessaria l’attestazione di un professionista indipendente che certifichi che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori. (art. 100)

Nell’ambito della procedura di concordato preventivo, il Tribunale è tenuto ad aprire, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, vista la comunicazione effettuata dal commissario giudiziale, la procedura di liquidazione giudiziale dei beni del debitore nel caso in cui venga accertato che:

▪   il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo;

▪   il debitore ha dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti ovvero ha esposto passività inesistenti o commesso atti di frode;

▪   il debitore ha compiuto atti non autorizzati o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori;

L’apertura della procedura di liquidazione giudiziale viene altresì disposta nel caso in cui venga accertato, in qualsiasi momento, che non sussistano le condizioni per l’apertura del concordato.

È stata dettata una nuova disciplina sullo svolgimento delle operazioni di voto.

È infatti soppressa l’adunanza dei creditori che è stata sostituita con l’espressione del voto attraverso modalità telematiche, vale a dire attraverso posta elettronica certificata inviata al commissario giudiziale oppure attraverso le strutture informatiche messe a disposizione dal Ministero della Giustizia che potrà anche definire misure tecniche differenti per lo svolgimento del procedimento di voto (art. 107).

È stata risolta la questione circa la legittimazione all’esperimento, successivamente all’omologazione del concordato preventivo liquidatorio, delle azioni restitutorie, recuperatorie e dell’azione sociale di responsabilità che vengono attribuite al liquidatore sia nel caso in cui le azioni debbono essere iniziate nel corso della procedura sia quando siano già pendenti. Con particolare riferimento all’azione sociale di responsabilità, si prevede che ogni patto contrario o ogni altra diversa previsione contenuta nella proposta di concordato o nel piano siano inopponibili al liquidatore ed ai creditori sociali. Resta tuttavia ferma, anche in pendenza della procedura e nel corso della sua esecuzione, la legittimazione da parte di ciascun creditore sociale di poter esercitare o proseguire l’azione di responsabilità prevista dall’art. 2394 c.c. (art. 114)

Un ulteriore problema applicativo risolto dal legislatore ha riguardato i rimedi concessi ai creditori nel caso di operazioni di trasformazione, fusione o scissione compiute durante la procedura di concordato o dopo l’omologazione. I creditori possono contestare la validità delle operazioni soltanto attraverso lo strumento dell’opposizione all’omologazione. Nel caso di risoluzione o annullamento del concordato, gli effetti delle operazioni di trasformazione, fusione o scissione sono irreversibili salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi ex art. 2500 bis, comma 1, c.c., art. 2504 quater, comma 2, c.c. ed art. 2506 ter, comma 5. c.c. (art. 116)

Sono superati altresì i dubbi applicativi circa gli strumenti di controllo ed intervento del Tribunale durante la fase di esecuzione del concordato preventivo (art. 118). Dopo l’omologazione del concordato, il commissario giudiziale ha il compito di sorvegliare l’adempimento del piano secondo le modalità fissate nella sentenza di omologazione e deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio per i creditori.

▪  Nel caso in cui venga rilevato che il debitore non sta provvedendo al compimento degli atti necessari a dare attuazione alla proposta o ne sta ritardando il compimento, il Tribunale può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli atti richiesti a quest’ultimo.

▪   Laddove invece vengano denunciati ritardi o omissioni del debitore da parte del soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori, il Tribunale può attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore o revocare l’organo amministrativo, se si stratta di società, nominando un amministratore giudiziario.

La disciplina prevista per la risoluzione del concordato per inadempimento contiene una rilevante novità poiché la legittimazione proporre la domanda è riconosciuta non solo ai creditori, ma anche al commissario giudiziale quando sia stata fatta richiesta da parte di uno dei creditori (art. 119).

La procedura di liquidazione giudiziale sostituisce il fallimento per la quale è stato previsto un procedimento ispirato ai principi di rapidità e concentrazione senza che siano stati stravolti gli attuali caratteri fondamentali, fatti salvi gli opportuni adattamenti lessicali.

▪ 
  è stato introdotto uno specifico albo al fine di garantire una più elevata professionalità dei curatori;

▪   sono state semplificate le modalità di apprensione dell’attivo;

▪   non sono state apportate modifiche rilevanti alla disciplina delle azioni revocatorie ed alla disciplina dei rapporti pendenti, essendo rimasta ferma la funzione liquidatoria della procedura che deve essere indirizzata alla conversione in denaro dei diritti e dei beni del debitore;

▪   è stato previsto un sistema di accertamento del passivo più rapido attraverso la presentazione telematica delle domande tempestive dei creditori e dei terzi;

Grande importanza assumono alcune novità introdotte dalla nuova disciplina per quanto concerne gli effetti della liquidazione giudiziale sugli atti pregiudizievoli ai creditori. Si tratta di un gruppo di norme che danno difatti attuazione al principio della par condicio creditorum. È particolarmente rilevante l’individuazione della data da cui calcolare a ritroso il c.d. periodo sospetto che viene stabilita in quella in cui è stata presentata la domanda cui è seguita la procedura di liquidazione giudiziale. Il legislatore ha voluto evitare che il tempo occorrente tra il deposito e l’apertura della procedura non causi un danno ai creditori rendendo irrevocabili gli atti compiuti dal debitore in un tempo anteriore particolarmente lungo (art. 121)

È confermata la legittimazione ad agire del curatore per quanto concerne l’azione di revocazione ordinaria finalizzata a veder dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori secondo le norme del codice civile. La competenza è posta in capo al Tribunale che ha aperto la liquidazione giudiziale sia quando l’azione è diretta nei confronti del contraente immediato sia quando è rivolta contro i suoi aventi causa.

Per quanto concerne invece la questione degli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti giuridici pendenti, la regola generale prevede la sospensione per i contratti che alla data di apertura procedura risultano ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti fino a quando il curatore non subentra al posto del debitore oppure decide di sciogliersi dal rapporto a meno che non sia già intervenuto il trasferimento del diritto per i contratti ad effetti reali. In questi casi, il contraente può mettere in mora il curatore, facendosi assegnare un termine non superiore a 60 giorni per l’esecuzione. La prosecuzione nel contratto comporta la prededucibilità dei crediti maturati in corso di procedura e l’altro contraente non ha diritto al risarcimento del danno, ma può presentare domanda di ammissione al passivo per il credito derivante dal mancato adempimento nel caso di scioglimento del contratto (art. 172)

Per quanto riguarda la fattispecie del contratto preliminare di vendita immobiliare, il curatore può sciogliersi dal rapporto negoziale anche quando il promissario acquirente abbia proposto e trascritto prima dell’apertura della liquidazione giudiziale domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.. Lo scioglimento del rapporto contrattuale non è tuttavia opponibile nei confronti del promissario acquirente nel caso di accoglimento della domanda. Con questa disposizione, il legislatore ha inteso coniugare il rispetto dei principi in materia di trascrizione delle domande giudiziali e dell’effetto prenotativo con la salvaguardia delle ragioni dei creditori qualora non venga accolta la domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. in conformità con l’orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità (Cass. Civ. n. 18131/2015). Nel caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ex art. 2645 bis c.c., il promissario acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno (in questo caso il promissario acquirente gode del privilegio ex art. 2775 bis c.c. a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data di apertura della liquidazione giudiziale) La norma precisa altresì che il contratto preliminare trascritto ex art. 2645 bis c.c. non si scioglie se ha ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale del promissario acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa del prommissario acquirente, a condizione che gli effetti della trascrizione non siano cessati anteriormente alla data di apertura della liquidazione giudiziale ed il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione nel termine e secondo le modalità per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura. Nei casi di subentro del curatore nel contratto preliminare di vendita, l’immobile è trasferito consegnato al promissario acquirente e gli acconti corrisposti prima dell’apertura della liquidazione giudiziale sono opponibili alla massa dei creditori in misura pari alla metà dell’importo che il promissario acquirente dimostra di aver versato. Il giudice delegato ordina la cancellazione delle iscrizioni relative a diritti di prelazione, trascrizioni di pignoramenti, sequestri conservativi o di ogni altro vincolo dopo che è stata eseguita la vendita ed è stato interamente riscosso il prezzo (art. 173)

Nel caso di subentro in un contratto ad esecuzione continuata o periodica, la nuova normativa prevede che il curatore deve pagare integralmente il prezzo delle consegne avvenute e dei servizi erogati dopo l’apertura della liquidazione giudiziale. Il creditore, per contro, può chiedere l’ammissione al passivo in base alla disciplina della crediti concorsuali. La norma si propone pertanto di limitare le ipotesi di prededuzione (art. 179).

Per quanto concerne invece la disciplina del contratto di affitto di azienda sono differenziate le conseguenze derivanti dall’apertura della liquidazione giudiziale a seconda che la procedura investa il locatore o il conduttore concedente o l’affittuario.

▪   Se la procedura di liquidazione giudiziale è stata aperta nei confronti del concedente, il contratto di affitto di azienda non si soglie, ma il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può recedere entro 60 giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo (che è insinuato al passivo come credito concorsuale), il cui ammontare viene determinato dal giudice delegato in caso di dissenso tra le parti.

▪   Se la procedura di liquidazione giudiziale è stata aperta nei confronti dell’affittuario, il curatore può, in qualsiasi momento, previa autorizzazione del comitato dei creditori, recedere dal contratto corrispondendo al concedente un equo indennizzo (che è insinuato al passivo come credito concorsuale) per l’anticipato recesso, il cui ammontare viene determinato del giudice delegato in caso di dissenso tra le parti.

▪  Se viene esercitato il recesso da parte del curatore ed in ogni caso alla scadenza del contratto, si applica la disciplina prevista per la cessazione dell’esercizio provvisorio con conseguente esclusione della responsabilità della procedura per i debiti maturati a fronte della retrocessione alla liquidazione giudiziale di aziende o rami di aziende in deroga rispetto a quanto prescritto dall’art. 2112 c.c. ed art.  2560 c.c. (art. 184)

Il legislatore ha altresì posto particolare attenzione al coordinamento tra la procedura di liquidazione giudiziale ed i rapporti di lavoro subordinato soprattutto per quanto concerne la disciplina del licenziamento (art. 189, 190, 191) [4]

In merito ai tempi e modalità di presentazione della domanda di ammissione al passivo, si segnalano le seguenti disposizioni che costituiscono un elemento di novità rispetto al sistema vigente.

▪  è obbligatoria la presentazione della domanda di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura e ipotecati a garanzia di debiti altrui;

▪   il ricorso deve contenere la determinazione dell’ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore, nei cui confronti è stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale, è terzo datore d’ipoteca);

▪  il ricorso deve inoltre contenere l’indicazione del codice fiscale del creditore e le coordinate bancarie dell’istante ovvero la dichiarazione di voler essere pagato con modalità diversa dall’accredito in conto corrente;

▪   è stato previsto che il procedimento introdotto con la domanda di ammissione al passivo è soggetto alla sospensione feriale dei termini ex art. 1 Legge n. 742/1969; (art. 201)

Per quanto concerne la formazione ed l’esecutività dello stato passivo, è stabilita:

▪   l’efficacia meramente endoconcorsule del decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal Tribunale all’esito delle impugnazioni limitatamente all’accertamento dei crediti;

▪   l’efficacia di giudicato per le decisioni sulle domande di rivendica o di restituzione; (art. 204)

Si segnalano le seguenti novità relative alle domande tardive di ammissione al passivo, di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili:

▪   sono considerate tardive le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili trasmesse al curatore oltre il termine di 30 giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di 6 mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale può prorogare il termine di 6 mesi fino a 12 mesi con la sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale);

▪  sono ultra-tardive le domande di ammissione al passivo di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili che sono trasmesse oltre il termine di 6 mesi dal decreto di esecutività dello stato passivo e fino a quando non sono state esaurite le ripartizioni dell’attivo; in questo caso la domanda ultra-tardiva è ammissibile soltanto se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile e se trasmette la domanda al curatore non oltre 60 giorni dal momento in cui è cessata la causa che ha impedito il deposito tempestivo (art. 208).

Il legislatore ha inoltre modificato l’istituto dell’esercizio provvisorio dell’impresa al fine di incentivare la prosecuzione dell’attività nel corso della procedura di liquidazione giudiziale.

È difatti fissata la regola generale in forza della quale l’apertura della liquidazione giudiziale non determina la cessazione dell’attività di impresa quando:

▪   il tribunale ha autorizzato, con la sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale, il curatore a proseguire l’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, se dall’interruzione può derivare un grave danno, a condizione che non arrechi pregiudizio ai creditori;

▪   il giudice delegato, su proposta del curatore e previo parere favorevole del comitato dei creditori, ha autorizzato con decreto motivato l’esercizio dell’impresa anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, fissando la durata della prosecuzione; (art. 211)

Durante il periodo di esercizio provvisorio, il curatore deve convocare il comitato dei creditori almeno ogni 3 mesi, al fine di dare idonea informativa circa l’andamento della gestione e per pronunciarsi sulla opportunità di continuare l’esercizio. Il programma di liquidazione deve inoltre avere indicato un termine entro il quale deve avere inizio la procedura di liquidazione giudiziale (art. 213)

Sono inoltre significativi gli interventi di modifica ed adattamento, anche lessicale, operati dal legislatore sulle modalità di liquidazione visto che:

▪   i compensi riconosciuti agli esperti nominati dal curatore per la redazione della relazione di stima sono determinati secondo quanto previsto dall’art. 161, comma 3, c.p.c.;

▪   le modalità di liquidazione sono realizzati con modalità telematiche e con il supporto del portale delle vendite;

▪   il giudice delegato non solo ha il compito di determinare le modalità di liquidazione dei beni, ma ha anche il potere di ordinare la liberazione di beni immobili occupati dal debitore, a meno che non si tratti della sua abitazione, o da terzi in forza di titolo non opponibile alla procedura di liquidazione giudiziale;

▪   l’attività di vendita deve essere svolta attraverso il portale delle vendite pubbliche istituto con D.L. n. 83/2015 sotto la sorveglianza del giudice delegato;

▪   il curatore deve dare notizia, entro 5 giorni, agli organi della procedura mediante deposito del fascicolo informatico dell’avvenuto trasferimento del bene;

Per quanto concerne invece il procedimento di ripartizione dell’attivo:

▪   il curatore deve trasmettere ai creditori, ogni 4 mesi dalla data di deposito del decreto con cui è stato reso esecutivo lo stato passivo o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato, un prospetto delle somme disponibili;

▪   il curatore curatore deve altresì trasmettere ai creditori un progetto di ripartizione nel caso in cui l’entità del passivo accertato consenta una ripartizione in misura apprezzabile;

▪   il curatore deve indicare nel progetto di ripartizione le somme immediatamente ripartibili soltanto previo rilascio di una fideiussione autonoma, irrevocabile ed a prima richiesta rilasciata da uno dei soggetti previsti ex art. 574, comma 1, c.p.c., idonea a garantire la restituzione alla procedura, nonché le somme che risultino in eccesso oltre ad interessi,  anche nel caso in cui sia in corso opposizione contro il decreto che ha reso esecutivo lo stato passivo od impugnazione dei crediti ammessi o revocazione; (art. 220)

Con riferimento al contenuto del rendiconto del curatore, sono previsti due elementi di diversità rispetto al sistema vigente:

▪   il curatore deve presentare al giudice delegato l’esposizione analitica delle operazioni contabili dell’attività di gestione della procedura, delle modalità con cui ha attuato il programma di liquidazione ed il relativo esito dopo aver compiuto la liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale, nonché in ogni caso in cui cessa dalle funzioni;

▪   il curatore deve dare immediata comunicazione – con modalità telematiche – al debitore, ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione, ai creditori in prededuzione non soddisfatti dell’avvenuto deposito del rendiconto in cancelleria e della fissazione dell’udienza avvisando gli interessati del fatto che possono presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino a 5 giorni prima dell’udienza con modalità telematiche; (art. 231)

Nel caso di chiusura della procedura di liquidazione giudiziale di società di capitali per mancanza di insinuazioni al passivo o per il pagamento dei crediti e delle spese anche prima del riparto finale, il curatore deve convocare l’assemblea ordinaria dei soci ai fini delle deliberazioni necessarie per la ripresa dell’attività o per la sua cessazione ovvero per la trattazione di argomenti sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci che rappresenti almeno il 20% del capitale sociale. La chiusura della procedura, in questo caso, si estende anche nei confronti dei soci a meno che non sia stata aperta la liquidazione giudiziale nei confronti del socio come imprenditore individuale (art. 256).

Si segnala che l’esdebitazione non consente la riapertura della liquidazione giudiziale che può tuttavia essere disposta dal tribunale, su istanza del debitore o di qualunque creditore entro il termine di 5 anni, quanto esiste qualche attività nel patrimonio dell’impresa tanto da rendere utile la riattivazione della procedura (art. 237).

Con la riforma delle procedure concorsuali, il legislatore ha confermato che la proposta di concordato costituisce uno dei modi di chiusura della liquidazione giudiziale.

La proposta di concordato può essere richiesta da un creditore o da terzi anche prima che lo stato passivo sia stato reso esecutivo, a condizione che sia stata tenuta dal debitore la contabilità ed i dati risultanti da essa e da altre notizie disponibili in modo tale da consentire al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori da sottoporre all’approvazione dei giudice delegato. La proposta di concordato può essere avanzata anche dal debitore, da società a cui egli partecia o da società sottoposte a comune controllo, ma non prima che sia decorso 1 anno dalla sentenza che ha dichiarato l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale e purché non siano decorsi 2 anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo. La disposizione mira infatti a non consentire al debitore di posticipare la soluzione della crisi, proponendo soluzioni deteriori ed approfittando dell’aspirazione dei creditori alla sollecita chiusura della procedura. Un importante elemento di novità è rappresentato dal fatto che la proposta di concordato presentata dal debitore è ammissibile soltanto se prevede l’apporto di risorse che incrementino il valore dell’attivo di almeno il 10%. Non si riscontrano invece novità significative con riferimento sia al contenuto della proposta di concordato sia alla procedura di esame e di voto, nonché in merito al giudizio di omologazione, all’efficacia del decreto ed alla disciplina del reclamo che rimangono pressoché immutati.

Si segnalano le seguenti novità per la procedura di liquidazione giudiziale e del concordato delle società

Il legislatore ha infatti precisato in merito alle azioni di responsabilità che il curatore può promuovere (o proseguire) separatamente e non dunque in forma necessariamente cumulativa, come invece ritenuto dalla giurisprudenza prevalente,

▪   l’azione sociale di responsabilità,

▪   l’azione dei creditori sociali ex art. 2394 c.c. e ex art. 2476 comma 6, c.c.,

▪   l’azione ex art. 2476 comma 2, c.c., l’azione ex art. 2497, comma 4, c.c.

▪   le altre azioni di responsabilità che sono attribuite da singole disposizioni di legge; (art. 255)

Sono state inoltre introdotte alcune significative novità per quanto concerne l‘apertura della procedura di liquidazione giudiziale nei confronti di una società a responsabilità limitata (art. 256).

▪   Il Tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio nei cui confronti è stata già aperta la procedura o del pubblico ministero, deve disporre l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale anche nei loro confronti quando, dopo l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale della società, risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili,

▪   Il Tribunale deve disporre l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale nei confronti della società di fatto e degli altri soci illimitatamente responsabili della medesima se, dopo l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale nei confronti di una società, venga accertato che l’impresa è riferibile ad una società di fatto, di cui la società in liquidazione è socio illimitatamente responsabile, (Corte costituzionale, n. 255/2017; Cass. Civ. n. 1095/2016);

▪   Il giudizio di reclamo richiede la partecipazione del curatore, del creditore, del socio o del pubblico ministero che ha proposto domanda di estensione, nonché del creditore che ha proposto il ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale;

Ed in termini analoghi, la nuova normativa ha innovato anche la disciplina che concerne la liquidazione giudiziale della società e dei soci (art. 257)

▪   il credito indicato dai creditori sociali nella liquidazione giudiziale della società si intende dichiarato per l’intero e con il medesimo eventuale privilegio generale anche nella liquidazione giudiziale aperta nei confronti dei singoli soci;

▪   il curatore ha diritto ad un unico compenso;

▪   il curatore può esercitare l’azione sociale di responsabilità nei confronti del socio amministratore anche se nei suoi confronti non è stata aperta la procedura di liquidazione giudiziale;

Le disposizioni previste per la liquidazione giudiziale delle società sono altresì estese, nei limiti della possibile compatibilità, agli enti ed imprenditori collettivi non societari ed ai loro componenti illimitatamente e personalmente responsabili per le obbligazioni dell’ente (art. 259).

Commissario e liquidatore giudiziale

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Commissario e liquidatore giudiziale
A cura di Monteleone Michele, IPSOA, 2018

L’esdebitazione, come noto, è lo strumento che consente di trovare una soluzione alle situazioni di sovraindebitamento che coinvolgono soggetti che non hanno accesso alle procedure concorsuali, vale a dire gli imprenditori agricoli, i liberi professionisti, i consumatori per le obbligazioni contratte fuori dall’eventuale attività di impresa, i piccoli imprenditori commerciali ed i fideiussori che hanno garantito i debiti di un imprenditore sottoposto a fallimento.

Una delle principali novità dell’istituto è rappresentata dal fatto che è stata introdotta una esdebitazione di diritto per le insolvenze di minore portata, donde l’accesso al beneficio non richiede un apposito provvedimento del giudice, fatte salve le eventuali opposizioni da parte dei creditori. Per le insolvenze di maggiore portata, il debitore deve invece depositare una domanda di accesso all’esdebitazione, il cui accoglimento è subordinato all’accertamento da parte del giudice che deve verificare la sussistenza dei requisiti per poter concedere il beneficio. La domanda può essere proposta non solo dopo la chiusura della liquidazione ma anche successivamente quando siano decorsi almeno 3 anni dalla data in cui è stata aperta la procedura.

Un’ulteriore importante novità riguarda la possibilità per il debitore incapiente di accedere all’istituto dell’esdebitazione. Il debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può difatti accedere all’esdebitazione: a) solo per una volta; b) fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro 4 anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10%. La domanda di esdebitazione è, in questo caso, presentata al giudice competente tramite l’OCC che deve valutare la correttezza degli elementi idonei per l’ammissione al beneficio (art. 278 – art. 283)

La riforma presta particolare attenzione agli istituti di risoluzione della crisi quando investe i gruppi di imprese tanto è vero che è stata predisposta una regolamentare unitaria del fenomeno. Il legislatore ha infatti voluto rimediare alle disfunzioni delle procedure derivanti dalla frammentazione dei procedimenti (art. 284)

È pertanto consentito a più imprese in stato di crisi o di insolvenza appartenenti al medesimo gruppo ed aventi ciascuna il proprio centro di interessi nello Stato italiano di proporre, con un unico ricorso, la domanda di accesso alla procedura di

▪   concordato preventivo con un unico piano o più piani reciprocamente collegati ed interferenti;

▪   omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti;

La domanda riguardante le imprese del gruppo non determina tuttavia l’unificazione delle rispettive masse attive e passive che rimangono autonome.

La domanda di accesso al concordato preventivo od alla procedura di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti deve contenere:

▪   l’illustrazione delle ragioni di maggiore convenienza in funzione del miglior soddisfacimento dei creditori delle singole imprese, della presentazione di un unico piano o di piani collegati ed interferenti rispetto ad un piano autonomo per ciascuna impresa;

▪   le informazioni sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi o contrattuali esistenti tra le imprese;

Deve inoltre essere allegato il bilancio consolidato, ove redatto, al fine di fornire elementi di conoscenza sulla complessiva situazione patrimoniale ed economica del gruppo di imprese.

Il legislatore ha previsto che il piano o i piani di gruppo possono prevedere:

▪   la liquidazione di alcune imprese ovvero la continuazione dell’attività di alcune imprese facenti parte del gruppo e la liquidazione di altre;

▪   la conclusione di operazioni contrattuali e riorganizzative, ivi inclusi i trasferimenti di risorse infragruppo, a condizione che un professionista indipendente attesti che dette operazioni sono necessarie ai fini della continuità aziendale per le imprese per le quali essa è prevista nel piano e coerenti con l’obiettivo del miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo;

Si evidenzia che i soci delle società interessate possono tutelare i propri diritti attraverso l’opposizione alla omologazione del concordato di gruppo. Il Tribunale omologa infatti il concordato o gli accordi di ristrutturazione laddove ritenga, sulla base di una valutazione complessiva del piano o dei piani collegati, che i creditori possono essere soddisfatti in misura non inferiore rispetto a quanto ricaverebbero dalla liquidazione giudiziale della singola società (art. 285)

Per quanto concerne la questione della competenza territoriale la normativa precisa che, nel caso in cui le imprese del gruppo hanno il proprio centro di interessi in circoscrizioni giudiziarie diverse, il procedimento di concordato di gruppo deve in ogni caso essere gestito da un unico Tribunale per la cui individuazione si fa riferimento al centro di interessi principali della società o dell’ente che, ai sensi dell’art. 2497 bis c.c., esercita l’attività di direzione e coordinamento oppure, in mancanza, dell’impresa che presenta la maggiore esposizione debitoria in base all’ultimo bilancio approvato. La procedura prevede la nomina di un unico giudice delegato, un unico commissario giudiziale ed un unico fondo per le spese di giustizia, mentre la votazione dei creditori di ciascuna impresa deve avvenire in maniera contemporanea e separata. Il concordato di gruppo omologato può inoltre essere risolto o annullato soltanto per ragioni riferibili a tutte le imprese facenti parte del gruppo, a meno che i motivi di annullamento o risoluzione riferibili ad una sola od ad alcune delle imprese possono compromettere in modo significativo l’attuazione del concordato anche per le altre.(art. 286)

La procedura di liquidazione di gruppo è stata anch’essa unificata, donde è pertanto possibile:

▪   la presentazione di un unico ricorso avanti ad un unico Tribunale;

▪   la nomina di un unico giudice delegato e di un unico curatore;

▪   l’individuazione di un programma unitario di liquidazione giudiziale coordinata dalle singole masse dei creditori;

▪   l’autonomia delle masse attive e passive riferibili a ciascuna impresa in liquidazione;

Nel caso in cui una delle imprese di gruppo è assoggettata a liquidazione giudiziale, il curatore ha l’onere di segnalare la situazione agli organi di amministrazione e controllo delle altre imprese, in modo da sollecitarli ad accertare l’eventuale stato di insolvenza (art. 287)

Nel caso di procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza presentate autonomamente dalle singole imprese di gruppo, la domanda di accesso deve:

▪   contenere informazioni analitiche sulla struttura del gruppo e sui vincoli partecipativi esistenti tra le società e le imprese;

▪   indicare il registro delle imprese in cui è effettuata la pubblicità ex art. 2497 bis c.c.;

▪   essere corredata dal deposito del bilancio consolidato di gruppo nel caso sia stato redatto.

Il curatore può tuttavia richiedere le opportune informazioni circa le generalità degli effettivi titolari di diritti su azioni o su quote alle autorità pubbliche ed alla Consob (art. 289)

È affidata al curatore la legittimazione a promuovere:

▪   azioni dirette a conseguire la dichiarazione di inefficacia di atti e contratti posti in essere nei 5 anni antecedenti il deposito dell’istanza di liquidazione giudiziale che abbiano avuto l’effetto di spostare risorse a favore di un’altra impresa del gruppo con pregiudizio per i creditori fatto salvo quanto disposto dall’art. 2492 c.c.;

▪   azione revocatoria degli atti compiuti dopo il deposito della domanda di apertura della liquidazione giudiziale od ai sensi dell’art. 166 comma 1 lett. a) e b), nei 2 anni anteriori il deposito della domanda o nell’anno anteriore nei casi ex art. 166, comma 1, lett. c e d); (art. 290)

▪   azioni di responsabilità ex art. 2947 c.c.

▪   denuncia ex art. 2409 c.c. nei confronti degli amministratori e sindaci delle società del gruppo non assoggettate a procedura di liquidazione giudiziale (art. 291)

La nuova normativa prevede altresì la postergazione dei crediti che la società o l’ente o la persona fisica esercente l’attività di direzione o coordinamento vanta nei confronti delle imprese sottoposte a direzione e coordinamento o che queste ultime vantano nei loro confronti sulla base di rapporti di finanziamento contratti dopo il deposito della domanda di liquidazione giudiziale o nell’anno anteriore. I crediti postergati sono inefficaci nel caso in cui siano stati rimborsati nell’anno anteriore dalla domanda di apertura della liquidazione giudiziale fatta salva l’applicazione dell’art. 102 sui finanziamenti prededucibili dei soci (art. 292).

Con riferimento alle disposizioni penali, si segnala che è stato sostituito il termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale” con conseguente adeguamento lessicale, pur rimanendo salva la continuità delle fattispecie incriminatrici vale a dire:

♦   reati commessi dall’imprenditore in liquidazione giudiziale

▪   bancarotta fraudolenta (art. 322)

▪   bancarotta semplice (art. 323)

▪   ricorso abusivo al credito (art. 325)

▪   denuncia di creditori inesistenti e omessa dichiarazione di beni da comprendere nell’inventario o mancata osservanza degli obblighi ex art. 49 comma 1, lett. c) ed art. 150 (art. 327)

♦   reati commessi da persone diverse dall’imprenditore in liquidazione giudiziale

▪   fatti di bancarotta fraudolenta (amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società in liquidazione giudiziale) (art. 329)

▪   fatti di bancarotta semplice (amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società in liquidazione giudiziale) (art. 330)

▪   ricorso abusivo al credito (amministratori, direttori generali) (art. 331)

▪   denuncia di crediti inesistenti (amministratori, direttori generali, liquidatori di società in liquidazione giudiziale) (art. 332)

▪   reati dell’institore (art. 333)

▪   interesse del curatore negli atti della liquidazione giudiziale (art. 334)

▪   accettazione di retribuzione non dovuta (curatore) (art. 335)

▪   omessa consegna o deposito di cose della liquidazione giudiziale (curatore) (art. 336)

▪   coadiutori del curatore (art. 337)

▪   domande di ammissione ai crediti simulati o distrazione senza concorso con l’imprenditore in liquidazione giudiziale (chiunque) (art. 338)

▪   mercato di voto (art. 339)

▪   esercizio abusivo di attività commerciale (chiunque) (art. 340)

♦   reati consumabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa

▪   concordato preventivo e accodo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione in moratoria (si verifica quando l’imprenditore si è attribuito attività inesistenti o simulato crediti in tutto o in parte inesistenti per influire sulla formazione delle maggiorante; amministratori, direttori generali, sindaci, liquidatori, institori, commissario liquidatore, creditori nel concordato preventivo) (art. 341)

▪   falso in attestazione e relazioni (professionista incaricato delle attestazioni) (art. 342)

▪   liquidazione coatta amministrativa (commissario liquidatore) (art 343)

♦   reati commessi nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e reati commessi nella procedura di composizione della crisi

▪   sanzioni per il debitore e per i componenti dell’organismo di composizione della crisi (art. 344)

▪   falso nelle attestazioni dei componenti dell’OCRI (art. 345)

Con la sola eccezione delle fattispecie ex art. 344 ed art. 345, le disposizioni penali fissate dal legislatore della riforma corrispondono pertanto alle equivalenti previsioni dell’attuale legge fallimentare sul piano della condotte incriminatrici. Le norme penali introdotte dal legislatore post – riforma troveranno applicazione nei confronti dell’imprenditore dichiarato in liquidazione giudiziale in relazione alle condotte consumate successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo. Le disposizioni penali previste dall’attuale legge fallimentare e le nuove norme introdotte dalla riforma sono perciò destinati a coesistere fino a quando trova applicazione la disciplina previgente in relazione a dichiarazioni di fallimento anteriori all’entrata in vigore delle nuove norme o per le procedure pendenti sino a tale momento.

Per quanto concerne i reati commessi nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento e nella procedura di composizione della crisi un elemento di novità è rappresentato dalla possibilità irrogare la pena della reclusione da 6 mesi a 2 anni e con la multa da € 1.000,00 ad € 50.000,00 nei confronti del debitore incapiente che, con la domanda di esdebitazione:

▪   ha prodotto documentazione contraffatta od alterata;

▪   ha sottratto, occultato o distrutto la documentazione relativa alla propria situazione debitoria ovvero la propria documentazione contabile;

▪   ha omesso la dichiarazione ex art. 283, comma 7, dopo il decreto di esdebitazione, quando dovuta od in essa ha attestato falsamente fatti rilevanti (art. 344)

Pluris - Codice Commentato del fallimento online
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Per poter dare attuazione alla disciplina contenuta nella riforma della crisi e dell’insolvenza, il legislatore ha dovuto apportare delle modifiche alle disposizioni del codice civile.

La rubrica dell’art. 2086 c.c. intitolata “Direzione e gerarchia nell’impresa” è sostituita con il titolo “Gestione dell’impresa”. Per far emergere tempestivamente la situazione di crisi, la riforma ha inserito il comma 2 all’art. 2086 c.c. stabilendo che l’imprenditore, che opera in forma societaria o collettiva, ha il dovere: a) di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale; b) di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale (art. 374)

È stato modificato anche il comma 2 dell’art. 2119, in quanto è stato statuito che:

▪   non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto la liquidazione coatta amministrativa dell’impresa;

▪   gli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro sono regolati dal codice della crisi e dell’insolvenza, con conseguente rinvio alla disciplina contenuta nel nuovo codice (art. 375)

È prevista la modifica degli art. 2257 c.c., art. 2380 bis c.c., art. 2409 novies c.c., art. 2475 c.c. ed art. 2475 c.c. poiché vengono estesi a tutti i tipi di società gli obblighi previsti dall’art. 2086, comma 2, c.c. in forza del quale l’imprenditore, che operi in forma individuale, societaria o in qualunque altra veste, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” (art. 376)

Con riferimento alla responsabilità degli amministratori, il legislatore ha previsto l’introduzione dell’art. 2476 comma 6 c.c. in forza del quale:

▪   gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale;

▪   l’azione di responsabilità può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti;

▪   la rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali;

▪   la transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi;

Sono pertanto fortemente responsabilizzati gli amministratori alla conservazione del patrimonio sociale. È inoltre previsto l’inserimento del comma 3 all’art. 2486 c.c. ai fini di regolare la responsabilità degli amministratori per violazione dell’obbligo di cui all’art. 2486 del c.c. attraverso il ricorso ad un criterio di liquidazione dei danni conseguenti alla mancata gestione della società dopo il verificarsi di una causa di scioglimento. Fatta salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento ex art. 2084 c.c., detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella liquidazione giudiziale laddove mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati (art. 376)

Con l’obiettivo di favorire l’emersione e la gestione tempestiva della crisi il legislatore ha ampliato le ipotesi in cui è obbligatoria la nomina degli organi di controllo interni e dei revisori nella società a responsabilità limitata attraverso la modifica dell’art. 2477 c.c.

L’art. 2477 comma 3 c.c. ora prevede infatti che la nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria quando la società:

▪   è tenuta alla redazione del bilancio consolidato;

▪   controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti;

▪   ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti:

►   totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro;

►   ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro;

►   dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità.

L’art. 2477 comma 6, c.c. prevede poi che la nomina dell’organo di controllo o del revisore può essere richiesta al Tribunale nel caso in cui non vi provveda l’assemblea anche su segnalazione del conservatore del registro delle imprese. Nel caso di specie trovano inoltre applicazione le disposizioni contenute nell’art. 2409 c.c. anche se la società è priva dell’organo di controllo (art. 378)

L’art. 2484, comma 1, c.c. viene integrato con il numero 7 bis, in forza del quale costituisce causa di scioglimento della società per azioni, della società in accomandita per azioni e della società a responsabilità limitata anche l’apertura della liquidazione giudiziale (art. 379)

È stato fatto un intervento anche sulle società cooperative che svolgono attività commerciali visto ex art. 2545 terdecies, comma 1, c.c. per le quali si prevede l’assoggettamento a liquidazione giudiziale. A ciò si aggiunge che fuori dai casi di cui all’art. 2545-septiesdecies, c.c. in caso di irregolare funzionamento della società cooperativa, l’autorità di vigilanza può revocare gli amministratori e i sindaci, affidare la gestione della società a un commissario, determinando i poteri e la durata, al fine di sanare le irregolarità riscontrate e, nel caso di crisi o insolvenza, autorizzarlo a domandare la nomina del collegio o del commissario per la composizione assistita della crisi stessa o l’accesso a una delle procedure regolatrici previste nel codice della crisi e dell’insolvenza (art. 380)

È infine prevista l’abrogazione dell’art. 2221 c.c. sul fallimento e concordato preventivo a far data dall’entrata in vigore del codice.

L’art. 147 del DPR 30 maggio 2002, n. 115 è stato modificato in quanto è stato stabilito che in caso di revoca della dichiarazione di fallimento, le spese della procedura fallimentare e il compenso del curatore sono a carico:

▪   del creditore istante quando ha chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa;

▪   del fallito persona fisica, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di fallimento;

▪   dell’Erario quando la dichiarazione di fallimento non è imputabile né al creditore istante né al debitore;

L’entrata in vigore del decreto legislativo recante il Codice della crisi e dell’insolvenza, nel suo complesso, è prevista tra 18 mesi decorrenti dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale

Entreranno in vigore trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale le disposizioni aventi ad oggetto:

▪   la competenza per materia e per territorio (art. 27, comma 1);

▪   le modifiche alla disciplina dell’amministrazione straordinaria (art. 350)

▪   la certificazione dei debiti contributivi e per premi assicurativi (art. 363)

▪   la certificazione dei debiti tributari (art. 364)

▪   la modifica all’articolo 147 del Testo unico in materia di spese di giustizia (art. 366)

▪   le abrogazioni degli artt. 221, 235 e 241 L.F. (art. 373)

▪   le modifiche sugli assetti organizzativi dell’impresa (art. 374)

▪   le modifiche sulla responsabilità degli amministratori (art. 377)

▪   le modifiche sulla nomina degli organi di controllo (art. 378)

Il legislatore ha inoltre inserito alcune disposizioni finalizzate a regolare la disciplina transitoria stabilendo come regola generale che restano disciplinati dall’attuale legge fallimentare sia i procedimenti di fallimento pendenti alla data di entrata in vigore della riforma sia le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorso o delle domande depositati prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo di riforma del sistema delle procedure concorsuali.

[1] Durante il procedimento di composizione assistita della crisi e fino alla sua conclusione il debitore può chiedere:

▪ il differimento degli obblighi ex art. 2446, comma 2 e 3, c.c., art. 2447 c.c., art. 2482 bis, comma 4, 5, 6, c.c.;

▪ la non operatività della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale ex art. 2484, comma 1, n. 4, c.c. ed art. 2545 duodecies c.c.;

Rimane ferma la possibilità di revoca, anche d’ufficio e in qualsiasi momento, delle misure protettive nel caso in cui si verifichi:

▪ la consumazione di atti di frode nei confronti dei creditori;

▪ la segnalazione a cura dell’OCRI dell’impossibilità di addivenire ad una soluzione concordata della crisi;

▪ la segnalazione a cura dell’OCRI della inesistenza di progressi significativi nell’attuazione delle misure di superamento della crisi.

[2] Le misure premiali prevedono:

▪ la riduzione alla misura legale degli interessi che maturano sui debiti fiscali durante la procedura di composizione della crisi e sino alla sua conclusione;

▪ la riduzione alla misura minima delle sanzioni tributarie per la quale è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un termine determinato dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga;

▪ la riduzione alla metà delle sanzioni e degli interessi sui debiti tributari nella procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza;

▪ la proroga del termine per il deposito della proposta di concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione del debito è doppio rispetto a quello ordinariamente concesso dal giudice se l’OCRI non ha dato notizia di insolvenza al p.m.;

▪ la proposta di concordato preventivo in continuità aziendale concorrente con quella presentata dall’imprenditore non è ammissibile se il professionista incaricato attesta che la proposta del debitore assicura il soddisfacimento dei creditori chirografari in misura non inferiore al 20% dell’ammontare complessivo dei crediti;

▪ l’esclusione della punibilità limitatamente alle condotte poste in essere prima della apertura dell’apertura della procedura per i reati di bancarotta fraudolenta (art. 322 – art. 329), bancarotta  semplice (art 323 – art. 330) ed ricorso abusivo del credito (art. 325)a condizione che il danno cagionato sia di speciale tenuità (fuori dei casi di speciale tenuità del fatto è stata prevista anche una riduzione alla metà della pena quando alla data della apertura della procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, il valore dell’attivo inventariato o offerto ai creditori supera la soglia del quinto dell’ammontare dei debiti).

[3] Il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente:

▪ per la persona fisica esercente attività impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell’attività abituale;

▪ per la persona fisica non esercente attività d’impresa, con la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, con l’ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma;

▪ per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell’attività abituale o, se sconosciuta, secondo quanto previsto nella lettera b), con riguardo al legale rappresentante (art. 27)

[4] Per quanto concerne il coordinamento tra la procedura di liquidazione giudiziale ed i rapporti di lavoro subordinato:

▪     è stata prevista la sospensione dei rapporti di lavoro in attesa delle decisione del curatore;

▪     sono mantenute le regole generali per il recesso da parte del curatore che deve essere comunicato per iscritto;

▪     è conservato il diritto all’indennità sostitutiva in caso di mancato preavviso che viene ammessa al passivo come credito anteriore all’apertura della procedura di liquidazione;

▪     è stato previsto che i rapporti di lavoro si intendono risolti dalla data di apertura della liquidazione giudiziale se il curatore non comunica il subentro entro 4 mesi; in questo caso il giudice delegato, anche su istanza dei lavoratori, può concedere una proroga del termine, quando è ipotizzabile una ripresa dell’attività od il trasferimento dell’azienda a terzi;

▪     è stato previsto di equiparare le dimissioni del lavoratore al recesso per giusta causa ex art. 2119 c.c. dopo il periodo di trattamento della NaspiLG (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego della liquidazione giudiziale);

▪     è richiamata l’applicazione delle disposizioni ex art. 4, comma 1, ed art 24, comma 1, della Legge n. 223/1991 in materia di licenziamento collettivo nel caso in cui venga azionata la procedura di licenziamento in sede di liquidazione giudiziale;

 ▪    è stato previsto che l’indennità sostitutiva del preavviso, il trattamento di fine rapporto, il contributo NaspiLG sono considerati crediti anteriori all’apertura della liquidazione giudiziale ai fini dell’ammissione al passivo;

▪     è stato previsto che i rapporti di lavoro proseguono durante l’esercizio dell’impresa in liquidazione giudiziale da parte del curatore a meno che egli non intende sospenderli o esercitare la facoltà di recesso; (art. 189, 190, 191)

(Altalex, 15 febbraio 2019. Nota di Leonardo Serra)

 

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