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CHIOGGIA – Potrebbe concludersi con un patteggiamento il processo a carico dei fratelli Roberto e Giorgio Costa in relazione al crac della Costa petroli, la società di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi dichiarata fallita nell’ottobre del 2015 dal Tribunale di Venezia con un passivo stimato in circa sei milioni e mezzo di euro.

La Procura di Venezia ha chiesto il loro rinvio a giudizio contestando l’accusa di bancarotta fraudolenta per distrazione e l’udienza preliminare è fissata per lunedì della prossima settimana. La pena attorno alla quale accusa e difesa stanno cercando di raggiungere un accordo è compresa entro i due anni di reclusione (con la concessione della sospensione condizionale). Da valutare l’eventuale risarcimento danni da versare alla procedura fallimentare, di cui è stato nominato curatore dal Tribunale il commercialista Andrea Martin.
L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Stefano Buccini, ha concentrato la sua attenzione, in particolare, su un’operazione attraverso la quale, nel 2014, Costa petroli cedette un terreno di sua proprietà ad una società di famiglia, per circa 300 mila euro; quel terreno fu poi girato, con un contratto rent to buy (che prevedeva un costo finale vicino ai tre milioni di euro) a Costa bioenergie che progettava di realizzare in quell’area il famoso e contestato deposito costiero di gas. Secondo la pubblica accusa, quella svendita, a fronte di un valore ben superiore del terreno, avrebbe creato un grave pregiudizio per le casse di Costa petroli, poi fallita: da qui l’accusa di bancarotta.

LA REVOCATORIA
Parallelamente al procedimento penale il curatore fallimentare, assistito dall’avvocato Cristiano Alessandri, si è rivolto ai giudici civili per ottenere la revocatoria della prima cessione del terreno, a favore della Adriatic property real estate srl (Apre). In prima istanza il Tribunale aveva rigettato la richiesta ma, successivamente, la Corte d’appello di Venezia ha dato ragione alla procedura fallimentare di Costa petroli, dichiarando l’inefficacia dell’atto di cessione dell’area. Pochi giorni fa, la terza sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Enrico Scoditti, ha confermato la sentenza d’appello, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dai legali di Apre. Il terreno dovrebbe dunque tornare di proprietà della società fallita e il curatore potrà attivarsi per venderlo e poter così soddisfare il maggior numero possibile dei creditori di Costa petroli. Ma non sono esclusi ulteriori ricorsi.

Il curatore fallimentare di Costa petroli ha anche promosso una causa civile nei confronti dei fratelli Roberto e Giorgio Costa, i quali sono stati condannati a versare circa tre milioni di euro. La sentenza è stata impugnata in Appello. La difesa (avvocati Simone e Riccardo Vianello) ha sempre rivendicato la correttezza del comportamento dei due imprenditori di Chioggia, ma si sarebbe decisa a valutare il patteggiamento per evitare un lungo processo. Lunedì prossimo la decisione.
 

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