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Un creditore ottiene un sequestro conservativo a garanzia del proprio credito; la sentenza di primo grado riconosce un importo inferiore a quello per il quale il provvedimento cautelare è stato ottenuto. Il sequestro viene convertito in pignoramento per la cifra stabilita nella sentenza. In secondo grado, il quantum viene ampliato ma, secondo il giudice di merito, ormai il sequestro ha perso efficacia. Per contro, il creditore ritiene che la perdita di efficacia del sequestro possa avvenire solo con il passaggio in giudicato della sentenza.

La Corte di Cassazione con la sentenza 21 dicembre 2021, n. 41078 (testo in calce) rigetta tale ricostruzione e ricorda che il sequestro diviene inefficace se con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso” (art. 669 novies c. 3 c.p.c.). Ebbene, la sentenza di merito che accoglie la domanda in misura inferiore al petitum è una pronuncia che dichiara inesistente il credito per la parte eccedente rispetto a quella accertata e, quindi, il sequestro perde efficacia per l’eccedenza.

La complessa vicenda

Nel corso di un processo penale per il reato di usura, il reo veniva condannato al risarcimento del danno in favore delle parti civili e la liquidazione era rimessa al giudice civile. Nelle more, le due parti civili decedevano e il procedimento veniva proseguito dagli eredi. Nel 1998, uno degli eredi agiva in giudizio per la liquidazione del danno e, nel corso di esso, depositava un ricorso con cui chiedeva il sequestro conservativo dei beni dell’imputato a garanzia del credito. Nel 1999, la misura cautelare veniva concessa e il creditore pignorava ex art. 678 c.p.c. un certificato di deposito intestato al debitore del valore di circa 415 milioni di lire. Il rappresentante della banca presso cui era depositato il certificato rendeva la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. riferendo che il titolo era sottoposto a sequestro penale, ad altro sequestro conservativo a seguito di un’azione surrogatoria e ad un pignoramento. Il giudice dell’esecuzione, dopo la dichiarazione del terzo, sospendeva l’esecuzione del sequestro nelle forme del pignoramento mobiliare in attesa delle conclusioni del giudice di merito sulla quantificazione del quantum debeatur. Nel 2002, il tribunale liquidava l’importo di 15 mila euro oltre accessori; il creditore impugnava la decisione, invocando una quantificazione più cospicua, nel contempo, chiedeva al giudice dell’esecuzione la prosecuzione della procedura di espropriazione mobiliare iniziata con il sequestro conservativo. Nel 2005, il GE assegnava con ordinanza l’importo di 1.300 euro a totale soddisfo delle spese di esecuzione e del credito. L’ordinanza di assegnazione veniva impugnata e l’impugnazione era rigettata.

Due anni dopo l’ordinanza di assegnazione, nel 2007, la Corte d’appello – presso cui era stata impugnata la sentenza che liquidava il danno in 15 mila euro – accoglieva il gravame ed elevava la condanna a circa 128 mila euro.

A questo punto, il creditore introduceva un nuovo procedimento ex art. 678 c.p.c. notificando il ricorso alla banca depositaria del titolo di credito per ottenere l’assegnazione della maggior cifra liquidata da prelevare dal certificato di deposito sequestrato. L’istituto di credito dichiarava che l’ordinanza di assegnazione era già stata pronunciata e la procedura si era estinta. Il GE considerava come negativa la dichiarazione del terzo e rigettava l’istanza di assegnazione.

Nel 2011, il creditore introduceva un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo chiedendo che venisse accertata la permanenza degli effetti del sequestro e domandando la condanna del terzo al pagamento della somma dovuta. Il tribunale rigettava la richiesta perché postulava una condanna e non un accertamento. La corte d’appello, invece, considerava ammissibile la domanda, ma rigettava nel merito il gravame. Infatti, il sequestro disposto sino all’ammontare di 415 milioni di lire aveva perso efficacia per l’eccedenza e, di conseguenza, era infondata la richiesta di accertamento dell’obbligo della banca di dare esecuzione al sequestro.

Premessa: il sequestro conservativo

Il sequestro conservativo è una misura cautelare volta a preservare la garanzia patrimoniale del creditore. Infatti, se il creditore ha il fondato timore che il debitore possa spogliarsi dei suoi beni chiede tale misura, anticipando gli effetti del pignoramento. Nel caso di beni mobili si applica il disposto dell’art. 678 c.p.c., ossia operano le regole dell’espropriazione mobiliare. Se all’esito del giudizio di merito, il creditore ottiene una sentenza di condanna, anche non definitiva, il sequestro si converte in pignoramento (art. 686 c.p.c.). La conversione avviene in relazione alla somma per la quale è intervenuta la condanna non per l’importo maggiore per cui il sequestro è stato concesso.

Il sequestro conservativo segue la disciplina dei procedimenti cautelari (art. 669 bis c.p.c. e ss.). Pertanto, trova applicazione anche l’art. 669 novies c.p.c. in materia di inefficacia del provvedimento cautelare. In particolare, viene in rilievo la disposizione secondo cui il sequestro perde efficacia quando con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso.

Nella fattispecie in esame, la sentenza di condanna di primo grado ha riconosciuto un importo inferiore (15 mila euro) a quello per il quale è stato ottenuto il provvedimento cautelare (415 milioni di lire), mentre, in secondo grado, la condanna è stata ampliata (128 mila euro). Occorre, quindi, stabilire quando il sequestro conservativo perda efficacia.

Le doglianze del ricorrente

Il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 678 c.p.c. (esecuzione del sequestro conservativo su beni mobili) e dell’art. 686 c.p.c. (conversione del sequestro conservativo in pignoramento). Secondo la difesa del creditore, chi ha ottenuto un sequestro per “100” a cui segue una condanna non definitiva a pagare “20”, può beneficiare della conversione del sequestro in pignoramento solo per “20”. Tuttavia, il sequestro non perde efficacia se, in appello, il creditore ottiene una condanna più cospicua. Infatti, anche la sentenza d’appello beneficerà degli effetti della conversione del sequestro in pignoramento per l’importo residuo.

Riassumendo, secondo la difesa del ricorrente:

  • il sequestro si converte in pignoramento in relazione all’importo indicato nella sentenza non definitiva,
  • invece, il sequestro mantiene efficacia per l’importo residuo sino alla sentenza definitiva.

La Suprema Corte considera infondato il ricorso.

La perdita di efficacia del sequestro

Il presupposto del sequestro conservativo è la non manifesta infondatezza della pretesa creditoria (fumus boni iuris). Per questa ragione, il sequestro perde efficacia nel caso in cui sia accertata l’inesistenza del credito con sentenza pronunciata all’esito di un giudizio di cognizione, benché non definitiva (art. 669 novies c. 3 c.p.c.). Tale regola trova applicazione:

  • sia nel caso di insussistenza del credito,
  • sia nell’ipotesi di un credito riconosciuto in misura inferiore.

Una sentenza di merito che accolga la domanda in misura inferiore al petitum è una pronuncia che dichiara inesistente il credito per la parte eccedente rispetto a quella accertata. Quindi, anche in tal caso, trova applicazione il principio per cui il sequestro perde efficacia “se con sentenza, anche non passata in giudicato, è dichiarato inesistente il diritto a cautela del quale era stato concesso” (art. 669 novies c. 3 c.p.c.).

Diversamente opinando si giungerebbe a conseguenze incompatibili con la certezza del diritto e la ragionevole durata del processo, infatti:

  • il sequestro finirebbe per conservare efficacia sine die,
  • si creerebbe una sperequazione tra il creditore il cui credito sia dichiarato inesistente in primo grado e riconosciuto in appello (in quanto perderebbe la garanzia) e il creditore il cui credito sia riconosciuto in primo grado – seppur in minima parte – e ampliato in appello (in quanto conserverebbe la garanzia);
  • nel caso di condanna ad un quantum inferiore rispetto all’importo per cui è concesso il sequestro, il creditore disporrebbe di due titoli esecutivi, uno attuale (relativo alla sentenza di primo grado) e uno potenziale (il provvedimento di sequestro); quest’ultimo utilizzabile in caso di ampliamento della condanna in appello.

Conversione del sequestro in pignoramento: sentenza non definitiva

Il sequestro conservativo si converte in pignoramento nel momento in cui il creditore sequestrante ottiene una sentenza di condanna esecutiva (art. 686 c. 1 c.p.c.). Secondo il ricorrente, la norma fa riferimento ad una sentenza passata in giudicato. Dopo l’introduzione del rito cautelare uniforme (legge 353/1990), una simile interpretazione non può essere accolta. Infatti, la legge espressamente commina l’inefficacia del sequestro nel caso di una sentenza che dichiari l’inesistenza del credito anche non passata in giudicato (art. 669 novies c. 3 c.p.c.). Il ragionamento della Suprema Corte può così riassumersi:

  • la conversione del sequestro in pignoramento postula l’esistenza di un sequestro,
  • il sequestro diviene inefficace quando è accertata l’inesistenza del credito a garanzia del quale è stato concesso tramite sentenza anche non passata in giudicato,
  • pertanto, l’art. 686 c.p.c., laddove prevede la conversione in pignoramento a seguito di sentenza di condanna, non fa salvi gli effetti del sequestro sino al giudicato.

Condanna generica e condanna al pagamento di una provvisionale

La Suprema Corte precisa come la suddetta argomentazione non sia in contrasto con la sua giurisprudenza in un’altra fattispecie. In particolare, si fa riferimento al caso in cui il creditore, dopo aver ottenuto un sequestro conservativo ed essersi costituito parte civile, ottenga dal giudice penale una condanna generica al pagamento di una provvisionale inferiore al credito per il quale è stato concesso il sequestro, con rinvio al giudice civile per la determinazione del quantum. In quella circostanza, la Cassazione (Cass. 21481/2016) ha ritenuto che il sequestro:

  • si converte in pignoramento nei limiti della condanna provvisionale,
  • conserva i suoi effetti per l’importo residuo.

Tale conclusione dipende dal fatto che la sentenza di condanna generica del giudice penale e la condanna del reo al pagamento di una provvisionale lasciano impregiudicata l’esistenza del credito risarcitorio, tanto che il giudice civile potrebbe escluderne l’esistenza (Cass. 4318/2019). Da ciò discende che «né la condanna generica né la condanna al pagamento d’una provvisionale in sede penale possono essere equiparate alla sentenza che “dichiara l’inesistenza del diritto”, di cui all’art. 669 novies c.p.c., comma 4: sicché, nonostante la pronuncia dell’una o dell’altra, il sequestro in tali ipotesi conserva la sua originaria efficacia».

Conclusioni

La Suprema Corte rigetta il ricorso del creditore per le motivazioni suesposte. Il sequestro conservativo perde efficacia per l’eccedenza anche se non è passata in giudicato la sentenza che quantifica il credito.

Riprendendo l’esempio di cui ai paragrafi precedenti:

  • il creditore ottiene un sequestro conservativo per l’importo di 100,
  • con sentenza non definitiva il debitore è condannato a pagare 20,
  • il sequestro si converte in pignoramento per 20,
  • perde efficacia per i residui 80, anche se con successiva sentenza la condanna del debitore viene ampliata.

Infine, per completezza espositiva, si segnala che, secondo il ricorrente, l’interpretazione della sentenza gravata sull’inefficacia del sequestro comporta un pregiudizio al funzionamento del sistema cautelare. La Suprema Corte rigetta anche tale lettura e rileva come, nel caso in cui all’esito del giudizio di primo grado la domanda sia accolta in misura inferiore al richiesto con un provvedimento manifestamente erroneo, la parte possa agire per ottenere un nuovo provvedimento di sequestro adducendo, come motivazione, la manifesta erroneità della decisione di merito e allegando ex novo circostanze idonee ad integrare il fumus boni iuris e il periculum in mora.

CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N. 41078/2021 >> SCARICA IL TESTO PDF

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