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Senza il Superbonus la crescita dell’Italia è destinata a frenare. Anzi, sta già rallentando anche a causa dello stop al bonus edilizio al 110% del governo Meloni. A dirlo è il Centro Studi di Confindustria nel suo rapporto di previsione di primavera, sottolineando che “il graduale depotenziamento del Superbonus, già in scadenza a fine 2023 in termini di aliquota al 110%, e degli altri incentivi all’edilizia”, rappresenta un “freno” alla crescita.

In particolare, il Csc ritiene che “le costruzioni a uso residenziale, in termini di valore aggiunto e quindi di contributo al Pil, dovrebbero risentire fortemente di tale prevista riduzione degli incentivi, già nel 2024 e in misura ancora maggiore nel 2025. Nel 2023, invece, il contributo maggiore alla crescita degli investimenti in Italia, sebbene non l’unico, è stato fornito proprio dalle abitazioni”. 

La crescita del Pil con il Superbonus

Ciò che sottolinea il Csc è che il Superbonus ha comportato una crescita aggiuntiva di 2,4 punti percentuali negli anni dal 2021 al 2024. In particolare, nel rapporto si sottolinea che in termini di scostamenti percentuali rispetto allo scenario effettivamente realizzato, la crescita di Pil attribuibile agli investimenti e ai crediti d’imposta riferiti al Superbonus è pari a 2,4 punti percentuali. Nel dettaglio la componente del Pil che aumenta di più, stando alle stime, è quella degli investimenti: sono 13 punti percentuali in più, che possono arrivare a 25,4 se si considerano solo gli investimenti in costruzioni per abitazioni. 

A frenare la crescita italiana, comunque, non è solo lo stop al Superbonus, ma anche il costo dell’elettricità pagato dalle imprese che in Italia è più alto rispetto all’Ue e a competitor come Usa e Giappone. In particolare, il prezzo pagato per l’elettricità “crea uno svantaggio competitivo: una riforma del mercato elettrico e una maggiore quota di rinnovabili nella generazione elettrica, visto che oggi hanno costi inferiori alle fonti fossili, potrebbero attenuare i costi dell’energia in Italia e ridurre (sebbene non eliminare) la dipendenza estera”. Anche Confindustria, insomma, chiede di puntare maggiormente sulle rinnovabili. Preoccupano inoltre le “strozzature” mondiali nei trasporti. 

Nonostante questi fattori frenanti, comunque, la crescita italiana nel 2024 dovrebbe sorprendere “in positivo”, secondo il Centro Studi di Confindustria, che parla di un +0,9% atteso. Nel 2025, invece, il Pil dovrebbe crescere dell’1,1%, con previsioni migliori di quelle elaborate a ottobre del 2023. A trainare la crescita saranno soprattutto, a giudizio del Csc, la prospettiva dei tassi in calo e il Pnrr. 

Resta, però, il rischio di un freno dettato dalla fine del Superbonus, come evidenziato dal Csc. Una notizia sottolineata anche dai componenti del Movimento 5 Stelle nelle commissioni Bilancio e Finanze di Camera e Senato: “Secondo il Centro studi di Confindustria il Superbonus ha avuto un impatto sicuro sulla crescita record del Pil italiano nel triennio post pandemico, così come ha avuto un impatto sulla diminuzione del rapporto debito/Pil nel triennio. Di più, perché si aggiunge che la ritirata dell’agevolazione avrà un effetto sull’arretramento del ritmo di crescita del Paese”. Insomma, rimarcano, “le bufale sul buco e sulla voragine nei conti, propalate dalla coppia Meloni-Giorgetti, vengono nuovamente smontate”.

 

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