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Alzare il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia e tornare a una flessibilità in uscita che consenta di ritirarsi fra i 63 e i 72 anni, applicando adeguati coefficienti di trasformazione.

Nel dibattito sulla riforma delle pensioni, che come tutti gli anni si riaccende nei mesi estivi in vista dell’autunno e della legge di Bilancio, interviene questa nuova proposta. L’hanno formulata Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali, e Antonietta Mundo, membro del Comitato tecnico scientifico.

Vediamo in dettaglio cosa prevede ed in quale scenario si colloca.

I dati INPS sulle pensioni

A fronte di un sistema che richiede almeno 67 anni di età con 20 anni di contributi oppure 41 anni e sette mesi di versamenti (un anno in meno per le donne) senza requisito anagrafico, in base agli ultimi dati INPS sui trattamenti con decorrenza 2023 l’età media dei nuovi pensionati è scesa fino a collocarsi a quota 64,6 anni.

Senz’altro nella media OCSE, ma comunque al di sotto della soglia su cui è stato tarato il requisito ordinario, studiato appositamente per tenere in equilibrio il sistema previdenziale.

Età pensionabile al limite della sostenibilità

Il numero dei pensionati italiani è oggi nettamente superiore a quello della media internazionale. L’anno scorso è andata in pensione una persona ogni 39 abitanti, un record europeo. All’abbassamento dell’età media dei pensionati italiani hanno contribuito negli ultimi anni le varie formule di flessibilità in uscita: Opzione Donna, Quota 103, APE Sociale, Quota 41, pensione usuranti.

Le pensioni di invalidità, vecchiaia e ai superstiti liquidate nel 2023 segnano un’età media di 66,6 anni, quasi in linea con i 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia.  Sono compresi in questa media:

  • 265mila pensioni di vecchiaia con età media effettiva di 67,5 anni e importo medio di 1112 euro.
  • 254mila 821 pensioni anticipate con età media effettiva di 61,7 anni,
  • 252mila 160 pensioni ai superstiti con importi medi mensili lordi di 1015 euro e un’età media effettiva di 74,8 anni,
  • 65mila 360 pensioni di invalidità previdenziale con età media di 55,5 anni.

Sulla base di questi dati, Brambilla e Mundo elaborano una proposta per bilanciare l’età con la contribuzione versata in modo da rendere il sistema sostenibile nel tempo.

La proposta di riforma pensioni

Per la pensione di vecchiaia, l’idea è quella di mantenere invariata l’età anagrafica necessaria (oggi a 67 anni ma destinata a salire con l’incremento delle aspettative di vita), alzando da 20 a 25 anni gli anni di contribuzione necessari e prevedendo un assegno maturato pari ad almeno 1,5 volte il minimo (attualmente questo requisito è richiesto solo ai contributivi puri, che quindi hanno iniziato a effettuare versamenti previdenziali dopo dal 1996 in poi).

Per la flessibilità in uscita, l’idea è di applicare coefficienti di trasformazione dai 63/64 ai 72 anni. Se ne avvantaggerebbero l’adeguatezza delle pensioni e la durata delle prestazioni che, nella più grande fase di invecchiamento della popolazione italiana, potrebbe mettere a rischio la sostenibilità del nostro sistema.

 

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