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La Corte di Cassazione con l’ordinanza 8 settembre 2021, n. 24181 (testo in calce) ha stabilito che non è possibile trasformare il tasso convenzionale variabile in un tasso convenzionale fisso se le parti non l’hanno espressamente convenuto.

In particolare, se non è certo il tasso dell’interesse convenzionale applicabile prima della mora oppure se i contraenti non hanno definito convenzionalmente un saggio superiore a quello legale da applicare dopo la risoluzione del contratto, opera il principio generale di cui all’art. 1224 c. 1 c.c.si applica il tasso legale a decorrere dalla mora sino al saldo.

La vicenda

Nel 2003 un istituto di credito notificava un atto di precetto sulla scorta del titolo esecutivo, costituito da un contratto di mutuo fondiario stipulato nel 1993. Il debitore formulava un’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.). In particolare, l’opponente chiedeva l’accertamento della non debenza degli interessi moratori chiesti dalla banca. In primo grado, il giudice disponeva una consulenza tecnica d’ufficio per ricostruire le somme effettivamente dovute. L’opposizione veniva accolta parzialmente, in quanto la somma era determinata in circa 291 mila euro e gli interessi di mora erano dovuti al saggio legale dal momento della risoluzione del contratto sino al saldo. In sede di gravame, veniva accolta la domanda della banca e gli interessi moratori si consideravano dovuti al tasso del 6,75% dalla risoluzione sino al saldo. Si giunge così in Cassazione.

Interessi convenzionali non pattuiti: si applica il tasso legale

Come abbiamo visto, in primo grado, viene applicato l’interesse di mora al tasso legale e, in secondo grado, nella misura del 6,75 %. Nel caso di specie, tra le parti era stato concluso un contratto di mutuo a tasso variabile. Il CTU non aveva determinato un tasso certo di interessi di mora da applicare ma aveva indicato due possibili soluzioni per determinare il saggio di interesse:

  • l’applicazione dell’ultimo tasso in vigore prima dell’estinzione (6, 795%)
  • oppure il tasso di interesse corrispettivo in essere a tale data (5,850%).

In buona sostanza, secondo il consulente tecnico, non era possibile ricostruire il tasso convenzionale da applicare al rapporto per il tempo successivo alla sua risoluzione, per questa ragione, aveva proposto l’alternativa di cui sopra.

Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello abbia scelto arbitrariamente il primo tasso (6,795%), mentre avrebbe dovuto applicare il tasso legale in virtù di quanto disposto dall’art. 1224 c. 1 c.c. Infatti, in difetto di pattuizione certa sulla misura degli interessi convenzionali, si applica il tasso legale. La Suprema Corte considera fondata la doglianza.

Mutuo a tasso variabile e misura degli interessi moratori

La Cassazione censura la decisione di merito affermando che il giudice avrebbe dovuto motivare la propria scelta di un tasso di interesse rispetto all’altro. Inoltre, nel caso in cui non si possa determinare il tasso convenzionale di mora da applicare per il periodo successivo alla risoluzione, gli interessi moratori vanno calcolati nella misura legale, in applicazione di quanto disposto dall’art. 1224 c. 1 c.c. Il contratto di mutuo concluso tra le parti era a tasso variabile. Il giudice, pertanto, non poteva stabilire un tasso fisso se non pattuito nel contratto. I contraenti sono liberi di stabilire che gli interessi moratori siano ad un tasso variabile, ancorando il saggio ad elementi esterni al contratto. Possono, altresì, stabilire quale tasso applicare in caso di risoluzione del contratto. Secondo la Corte:

  • Ove manchi tale ultimo profilo dell’accordo, non è possibile applicare il tasso variabile stabilito dai contraenti per il periodo di efficacia del loro rapporto giuridico, anche al periodo successivo alla risoluzione del rapporto, alla quale consegue la perdita di efficacia dello stesso, né tantomeno trasformare il tasso convenzionale variabile, previsto contrattualmente, in un tasso convenzionale fisso che le parti non hanno espressamente convenuto”.

Il saggio degli interessi dovuti prima della mora

La norma di riferimento in materia di interessi moratori è l’art. 1224 c.c. Si ricorda che essi sono dovuti dal debitore, anche se non pattuiti, in caso di ritardo nel pagamento di un’obbligazione pecuniaria; rappresentano una sorta di ristoro per il ritardo (la mora) con cui il creditore riceve il pagamento.

Gli interessi moratori vanno corrisposti dal giorno della mora:

  • anche se non erano dovuti precedentemente,
  • anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno.

Essi decorrono dalla costituzione in mora; visto che la risoluzione del contratto per inadempimento comporta l’automatica costituzione in mora del debitore inadempiente – qualora non sia già avvenuta in precedenza – gli interessi di mora vanno calcolati dal momento della risoluzione.

L’art. 1224 c. 1 c.c. prosegue affermando che se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura. La Suprema Corte si sofferma sull’inciso “prima della mora” – contenuto nell’art. 1224 c. 1 c.c. – e afferma che si riferisce a tutto il periodo anteriore al ritardo e non al singolo giorno o mese o anno anteriore a tale evento. Nel caso di specie, come vedremo nel paragrafo seguente, risulta impossibile individuare un tasso specifico per tutta la durata del contratto, avendo le parti optato per il saggio variabile.

Mancata previsione del tasso di mora convenzionale

Nella fattispecie oggetto di scrutinio, le parti avevano concluso un contratto di mutuo con tasso di interesse moratorio convenzionale variabile. In altre parole, il tasso cambiava in funzione di elementi esterni al negozio. Per questo motivo, non è possibile individuare un tasso unitario per tutta la durata del rapporto. In generale, i contraenti hanno facoltà di decidere di applicare un tasso prestabilito in caso di costituzione in mora o di risoluzione del contratto, ad esempio:

  • indicando l’ultimo tasso variabile applicato,
  • oppure il saggio risultante dalla media tra tutti i tassi variabili applicati al rapporto.

Qualora non provvedano in tal senso – come nel caso in esame – al periodo successivo alla costituzione in mora o alla risoluzione del contratto, si deve applicare il saggio legale in ossequio alla regola generale di cui all’art. 1224 c. 1 c.c

Conclusioni: il principio di diritto

In conclusione, la Suprema Corte accoglie il ricorso principale, presentato dal debitore e respinge quello incidentale proposto dalla banca. La sentenza gravata viene cassata in relazione alla censura accolta e rinviata alla Corte d’Appello, la quale dovrà riesaminare la fattispecie considerando che:

  • in difetto di prova certa in merito al saggio di interesse moratorio convenzionale applicabile al rapporto di durata prima della mora, o di accordo delle parti sull’applicazione, per il periodo successivo, di un saggio di interesse moratorio convenzionale superiore al tasso legale, detto interesse va calcolato, a decorrere dalla mora (e dunque, ove questa non sia avvenuta prima, dalla risoluzione del rapporto) e sino al saldonella misura corrispondente al tasso legale, senza possibilità di applicare, in assenza di specifico accordo tra le parti, un tasso convenzionale fisso in luogo di quello, variabile, pattuito dalle parti”.

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 24181/2021 >> SCARICA IL PDF

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