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Cartelle esattoriali: arriva la norma salva Fisco. Non si potrà più impugnare l’estratto di ruolo per cartelle non notificate da Agenzia Entrate Riscossione.

Vincere contro il Fisco non è sempre facile. Ma ad aggravare la situazione arriverà presto una stretta che, con l’intento di ridurre i ricorsi pretestuosi e decongestionare le aule di tribunale, finirà anche per pregiudicare migliaia di contribuenti in buona fede. Perché la morale che ci ha insegnato il nostro Stato è sempre la stessa: per punire i colpevoli è giusto che paghino anche le persone per bene.

Di cosa si tratta? La nuova norma Salva Fisco impedirà di impugnare l’estratto di ruolo per contestare la presenza di debiti di cui non si è mai avuto notizia. Così ci ritroveremo con i beni pignorati senza sapere il perché. Per comprendere meglio la questione sarà bene fare un passo indietro.

Come noto, prima di avviare un’azione esecutiva nei confronti di chi non paga imposte e sanzioni, l’Agenzia Entrate Riscossione deve notificare la cartella di pagamento. Solo dopo 60 giorni sarà possibile intraprendere il pignoramento di beni come il conto corrente, lo stipendio, la casa, l’auto o la moto.

Senonché non poche volte le notifiche non vanno a buon fine: la posta si perde, viene recapitata a un indirizzo sbagliato o vecchio; nella peggiore delle ipotesi, la busta non viene mai spedita.

Ciò nonostante, nei registri interni dell’Esattore, il credito resta registrato e di tanto il contribuente può rendersi conto chiedendo, allo sportello o sul sito dell’ente, un estratto di ruolo. L’estratto di ruolo non è altro che un documento che elenca, in modo analitico, tutti i debiti pendenti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate e delle altre pubbliche amministrazioni per cartelle esattoriali non pagate.

Quindi, una persona che non ha mai ricevuto la notifica di una cartella può venire a conoscenza di ciò richiedendo una copia dell’estratto di ruolo; dopodiché – come chiarito dalla Cassazione – può

impugnare l’estratto di ruolo per far cancellare il debito che non le è stato mai comunicato. Non si può infatti privare un cittadino del diritto costituzionale alla difesa.

Sino ad oggi, il 40% dei ricorsi contro cartelle esattoriali si è rivolto proprio contro l’estratto di ruolo ed ha avuto ad oggetto l’omessa notifica della cartella esattoriale. Il che rivela due cose: da un lato, l’inefficienza dell’amministrazione, non sempre diligente nel compito di consegnare le cartelle ai legittimi destinatari; dall’altro, però, la pretestuosità di numerose azioni facenti leva proprio sull’incapacità dell’ente di custodire le relative ricevute di notifica e, quindi, di fornire la prova del corretto adempimento di tale onere.

Ecco perché arriva oggi la stretta. Allo studio del Mef, nelle valutazioni sulla riforma della giustizia tributaria, vi è il divieto di impugnare gli estratti di ruolo. L’obiettivo è di tagliare fuori il grosso di questo tipo di controversie che intasano Commissioni tributarie, Giudice di pace e, in generale, la magistratura ordinaria. Se la norma dovesse essere approvata, il contribuente che, dalla lettura dell’estratto di ruolo, dovesse accorgersi dell’indicazione di cartelle a proprio nome di cui non ha

mai ricevuto notifica non potrebbe più far nulla per cancellarle. Non potendo infatti impugnare più il ruolo, dovrebbe rassegnarsi a risultare debitore dell’Agenzia delle Entrate Riscossione per una cartella mai ricevuta. L’unica strada che dovrebbe allora percorrere il contribuente è attendere che gli vengano pignorati i beni per poi agire contro l’atto di riscossione assumendo, solo in quella sede, l’illegittimità del procedimento per omessa notifica del cosiddetto “atto prodromico” ossia la cartella stessa.

L’aspetto non è di poco conto imporrebbe ad avvocati e commercialisti di rivedere le proprie strategie difensive. Ma soprattutto sottoporrebbe i contribuenti a una pesante spada di Damocle: il rischio di un pignoramento – sia pure illegittimo – del conto o dello stipendio, con tutte le ripercussioni pratiche che ciò comporterebbe.

Sarebbe sicuramente un’illegittima compressione del diritto di ogni cittadino a difendersi in via preventiva contro un comportamento che già si sa essere ingiustificato e, quindi, illegale.

A tutto ciò, si aggiunge un’ulteriore e grave considerazione: tutti i ricorsi in autotutela – quelli cioè consistenti in una semplice segnalazione all’ente titolare del credito dell’illegittimità della pretesa – vengono costantemente ignorati, sicché il debitore si trova nell’assoluta impossibilità di tutelare le proprie ragioni se non ricorrendo al giudice. Spetta quindi sempre al contribuente anticipare le spese del giudizio facendosi carico di un onere che ben potrebbe evitare.

In sintesi, con la riforma, pur essendo ferma la facoltà di ricorrere contro la mancata notifica delle cartelle, tale facoltà verrebbe fatta slittare in avanti, solo all’atto del pignoramento: ai contribuenti sarebbe tolto uno strumento preventivo, come appunto l’impugnazione degli estratti di ruolo, che consente – con la concessione della sospensiva – di bloccare in una fase preliminare ogni azione esecutiva. In poche parole, qualora fosse attuata questa modifica, i cittadini non potrebbero più ricorrere da subito al giudice per evitare il rischio di fastidiosi pignoramenti.

L’impugnazione dell’estratto di ruolo resterebbe salva solo in tre casi:

  • quando un operatore economico rischi di perdere un appalto se risultino violazioni degli obblighi di pagamento delle imposte (articolo 80, comma 4, Codice dei contratti pubblici);
  • quando il debito blocchi un pagamento da parte della Pubblica Amministrazione (articolo 1, lettera a) Dm 40/2008 negli effetti dell’articolo 48-bis Dpr 602/1973);
  • quando ci sia la perdita di un beneficio nei rapporti pendenti con una Pubblica Amministrazione.

Si tratta di ipotesi residuali ed eccezionali nelle quali ricadrebbero in gran parte gli imprenditori ma non le famiglie e le persone fisiche.

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