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In materia di sanzioni amministrative, in caso di omessa notifica del verbale o dell’ordinanza-ingiunzione, la notifica della cartella costituisce il primo atto con il quale l’interessato viene a conoscenza della sanzione.

E’ ammissibile l’impugnazione della cartella con la quale si deduca unicamente il vizio di omessa notifica dell’atto presupposto, senza far valere anche vizi propri dell’atto stesso?

Alla domanda risponde la Corte di Cassazione, Sezione Seconda, con l’ordinanza 23 ottobre n. 26843

Con l’ordinanza in esame la Suprema Corte chiarisce che, in materia di cartelle esattoriali concernenti sanzioni amministrative per violazione del C.d.S., l’impugnazione di dette cartelle non può fondarsi unicamente sull’omessa o tardiva notificazione da parte dell’Ente territoriale del verbale di accertamento e di irrogazione della predetta sanzione, ma occorrono ulteriori doglianze attinenti al merito della pretesa sanzionatoria.

In particolare, nella vicenda de qua D.V.G. presentava opposizione avverso una cartella esattoriale, nelle forme di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 22 e successive modifiche, fondata sulla presunta inesistenza o nullità della notificazione del verbale di contravvenzione al codice della strada, convenendo in giudizio la Prefettura di Salerno ed Equitalia Basilicata s.p.a.

Il giudice di pace adito rigettava la domanda giudiziale e così anche il Tribunale di Potenza, in funzione di giudice del gravame successivamente proposto dalla stessa D.V.G., entrambi in virtù della considerazione che l’opposizione risultasse fondata sulla sola deduzione dell’essere mancata la regolare notifica dell’atto sanzionatorio presupposto, senza che fosse stata formulata alcuna altra doglianza avverso quest’ultimo.

Seguiva ricorso per Cassazione avverso la sentenza di secondo grado.

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Nel sottoporre ad attento scrutinio il ricorso in questione, il Supremo Collegio, seguendo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in primis ribadisce la correttezza della procedura ex L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, (come da ultimo modificata ad opera del D.Lgs. n. 150 del 2011), utilizzata da parte attrice per l’opposizione alla cartella di pagamento in questione, atteso che nel caso di specie D.V.G. ha dedotto che la cartella stessa costituisse il primo atto con il quale fosse venuta a conoscenza della sanzione per violazione del C.d.S, in ragione della nullità o dell’omissione della notifica del processo verbale di contestazione o dell’ordinanza d’ingiunzione ad esso relativa.

Tale procedimento, infatti, non deve confondersi con quello proprio dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., in quanto mentre quest’ultimo serve a contestare il diritto di procedere all’esecuzione forzata di un titolo precostituito, l’opposizione alla cartella di pagamento, invece, è finalizzata a recuperare il momento di garanzia di cui l’interessato sostiene di non essersi potuto avvalere nella fase di formazione del titolo, per mancata notifica dell’atto presupposto e, dunque, mira a contestare la fondatezza o la titolarità del diritto posto alla base del titolo esecutivo e del procedimento di formazione dello stesso.

La disciplina processuale ex artt. 22 e 23 L. n. 689/1981 offre, dunque, una tutela giudiziale anticipata rispetto all’opposizione all’esecuzione, avendo ad oggetto una fase procedimentale antecedente rispetto a quella dell’esecuzione del titolo, e consentendo all’opponente non già di contestare la legittimazione dell’opposto a procedere all’esecuzione del titolo, ma addirittura di essere “rimesso in termini” per far valere ragioni di merito in ordine alla legittimità della genesi di detto titolo esecutivo.

Tuttavia, proprio partendo da questa considerazione, ossia dalla finalità sottesa alla specifica procedura processuale prevista dal legislatore in tali circostanze, gli Ermellini, superando un contrario orientamento della giurisprudenza di legittimità, affermano che non possa essere accolta un’impugnazione della cartella di pagamento in difetto di ulteriori censure di merito, attinenti alla fondatezza della contestazione della violazione da cui essa derivi.

Infatti, la procedura ex artt. 22 e 23 L. n. 689/1981 serve fondamentalmente a consentire all’opponente di recuperare la facoltà di far valere le proprie obiezioni ed eccezioni in ordine alla fondatezza della pretesa sanzionatoria, riparando in tal modo al pregiudizio dallo stesso subito a causa dell’omissione o della nullità della notifica del relativo verbale di accertamento.

Di contro, in assenza di ragioni di contestazione nel merito del provvedimento sanzionatorio, deve ritenersi che la notifica della cartella esattoriale sia idonea a sanare i vizi di notifica attinenti al verbale di accertamento della violazione e di irrogazione della sanzione medesima.

Pertanto, la mancata proposizione di motivi idonei a scalfire nel merito la pretesa sanzionatoria su cui si basa la cartella di pagamento, finisce inevitabilmente per frustrare la finalità “recuperatoria” in vista della quale il legislatore ha predisposto la disciplina di cui agli artt. 22 e 23 L. n. 689/1981.

Alla luce di tali considerazioni, il Collegio giunge ad affermare il principio di diritto secondo cui: “in materia di opposizione a sanzioni amministrative, è inammissibile l’opposizione a cartella di pagamento, ove finalizzata a recuperare il momento di garanzia di cui l’interessato sostiene di non essersi potuto avvalere nella fase di formazione del titolo per mancata notifica dell’atto presupposto, qualora l’opponente non deduca, oltre che in via preliminare detta mancata notifica, anche vizi propri dell’atto presupposto”.

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(Altalex, 11 dicembre 2018. Nota di Giovanni Giliberti)

 

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