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La Guardia di Finanza ha proceduto ad arrestare l’amministratore di fatto di una cooperativa sociale operante nel settore “ambientale” in provincia di Roma.

L’uomo ora è agli arresti domiciliari. Sarebbe lui, infatti, il vero amministratore, nonostante quello che poteva risultare ufficialmente, di una cooperativa che aveva il solo scopo di attirare a se tutti i debiti per poi dichiarare fallimento e lasciare i creditori con nulla in mano.

Come funzionava il raggiro

Il meccanismo è quella della cosiddetta “Bad company”. Allo stesso imprenditore  fanno capo altre imprese che attraverso il meccanismo della cessione del ramo d’azienda, aveva lasciato tutti i debiti in questa cooperativa destinata al fallimento sicuro, trasferendo la parte redditizia appunto alle sue altre imprese.

A capo della bad company certamente una “testa di legno” cioè un amministratore nullatenente che avrebbe dovuto sacrificarsi nel momento del fallimento, attirando a se tutte le imputazioni.

L’imprenditore arrestato poteva così arricchirsi attraverso la redditizia attività di raccolta rifiuti. Le sue imprese avevano infatti un portafoglio di appalti dal valore di circa 14 milioni di euro in alcuni comuni del Lazio. Del resto è più facile vincere gli appalti al ribasso se poi non si pagano fornitori, tasse e contributi.

La cooperativa, a cui venivano trasferiti i debiti, negli anni aveva accumulato debiti per circa 4 milioni di euro, dei quali 2 milioni erano solo verso l’erario, per imposte e contributi non versati.

Le indagini

Le indagini sono state condotte dal 5° Nucleo Operativo Metropolitano di Roma della Guardia di Finanza.
I finanzieri hanno fornito alla Procura di Roma elementi sufficienti affinché il Pubblico Ministero titolare delle indagini potesse ottenere il suo arresto dopo l’appello al Tribunale del Riesame.

Guardia di FinanzaGuardia di Finanza

Con provvedimento del Giudice delle Indagini Preliminari è stato ottenuto anche il sequestro di 6 automezzi, ovvero l’intero parco automezzi della cooperativa. Questo, che ha un valore di circa 500mila euro, sarà usato per il ristorno dei creditori.

L’uomo dovrà rispondere delle accuse di accusato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, preferenziale e documentale per aver cagionato il fallimento della cooperativa.

Naturalmente l’uomo sarà considerato colpevole solo se verrà emessa condanna definitiva. Nel frattempo, a sua tutela, vige il riserbo sul nome di questo imprenditore.


Come fare soldi con i rifiuti ai danni della salute e delle tasche dei cittadini

Il settore del trattamento e dello smaltimento rifiuti nel Lazio è un enorme giro d’affari.

Al fianco di alcune aziende che operano nella piena regolarità, c’è una quantità di soggetti che operano solo per speculare, in barba a tutte le regole del rispetto della salute pubblica.

La mancanza della raccolta differenziata porta a porta, per privati ed aziende, che permette di tracciare il percorso dei rifiuti, ha generato una quantità oggi ancora non precisata di piccole e grandi discariche illegali. Come quella di pneumatici bruciata l’altro giorno ad Ardea.

E questi roghi, che nel Lazio si susseguono ormai da anni, quasi mai sono incidenti.

Le loro dinamiche, i momenti e i luoghi in cui avvengono spesso sono dei chiari avvertimenti, prevalentemente rivolti alla classe politica locale e regionale.

Finché a Roma mancherà la differenziata porta a porta generalizzata, nessuno potrà garantire un controllo sullo smaltimento dei rifiuti. E i delinquenti la faranno da padroni.

E non sarà certo un inceneritore a migliorare le cose. Anzi, dati alla mano, la presenza di discariche e inceneritori ingolosisce ancor più le organizzazioni mafiose. Che operano senza alcuno scrupolo sulla salute delle persone.

Vignetta sull'InceneritoreVignetta sull'Inceneritore

Basterebbe conoscere bene la storia dell’impianto di Colleferro o della discarica di Borgo Montello, per capire quali quantità di materiali illegali e mortali sono stati sotterrati e bruciati, inquinando terra e aria. E quindi ciò che mangiamo e respiriamo.


Leggi anche:

29 anni senza colpevoli per l’omicidio di Don Cesare Boschin, parroco di Borgo Montello, che aveva puntato il dito contro la discarica

 

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