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La Terza Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente perché valuti l’opportunità di interpellare le Sezioni Unite sulla seguente questione di massima di particolare importanza: in caso di opposizione a decreto ingiuntivo in materia soggetta a mediazione obbligatoria, chi, fra l’opposto e l’opponente, ha l’onere a pena di improcedibilità di proporre l’istanza di mediazione nel termine assegnato dal giudice? (ordinanza interlocutoria n. 18741 del 12 luglio 2019 – scarica il testo in calce)

Sommario

1. Il caso di specie

2. La questione

3. L’impianto normativo rilevante

4. La decisione di Cass. 18741/2019

5. Le due tesi contrapposte

1. Il caso di specie

In seguito alla notifica di un decreto ingiuntivo da parte di un istituto bancario per il pagamento del saldo debitore di conto corrente, gli ingiunti proposero opposizione con domanda riconvenzionale di risarcimento del danno; tuttavia, concessa la parziale provvisoria esecuzione ed assegnato termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, il Giudice di dichiarava l’improcedibilità dell’opposizione e della domanda riconvenzionale per mancato esperimento della mediazione, incombendo il relativo onere su parte opponente.

La decisione veniva impugnata; la Corte d’appello dichiarava però inammissibile l’appello degli opponenti i quali, di conseguenza, ricorrevano in cassazione denunciando la violazione o falsa applicazione dell’art. 5, d.lgs. n. 28 del 2010, sostenendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice del merito, che l’onere di presentare la domanda di mediazione è a carico del creditore opposto che ha proposto la domanda di ingiunzione (in quanto attore sostanziale).

2. La questione

La Suprema osserva in via preliminare che, relativamente al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, in caso di materia assoggettata alla c.d. mediazione obbligatoria il legislatore non indica chi, fra l’opposto e l’opponente debba ritenersi onerato della proposizione dell’istanza di mediazione; si deve quindi accertare su quale soggetto ricadano le conseguenze negative dell’improcedibilità.

Entrambe le posizioni (quella che onera il debitore opponente e quella onera il creditore opposto) sono assistite da valide ragioni tecniche e appaiono essere proiezione di diversi principi.

3. L’impianto normativo rilevante

Il d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, dispone all’art. 5, per quanto qui rileva che:

  • chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in una delle materie indicate dalla medesima disposizione, fra cui quella del caso di specie (contratti bancari), è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale;
  • l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza;
  • se la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di durata del procedimento di mediazione (non superiore a tre mesi); allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda;
  • la detta disciplina non si applica ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione (comma 4, art. 5 cit.).

4. La decisione di Cass. 18741/2019

Ciò posto, i Giudici di legittimità, stante la presenza di un acuto contrasto nella giurisprudenza di merito sul punto (si veda al riguardo la relativa sezione della voce AltalexPedia “Mediazione obbligatoria”) nonché la vastità del contenzioso interessato dalla mediazione ed il diffuso ricorso al procedimento monitorio, ritengono che sussista il presupposto della questione di massima di particolare importanza che giustifica la rimessione alle Sezioni Unite.

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Con la pronuncia in commento, pertanto, vengono rimessi gli atti al Primo presidente della Suprema Corte di Cassazione per consentirgli di valutare l’opportunità che il ricorso sia sottoposto all’esame delle Sezioni Unite.

5. Le due tesi contrapposte

I Giudici di legittimità osservano innanzitutto, quanto alla prescrizione di cui al richiamato art. 5 comma 4, che:

  • costituendo i provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. ivi richiamati una mera eventualità nel processo, il procedimento di mediazione potrebbe non trovare per nulla applicazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo;
  • mentre per l’esecuzione provvisoria è previsto che il giudice istruttore provveda in prima udienza, non altrettanto è disposto per la sospensione dell’esecuzione provvisoria concessa in sede di emissione del decreto ingiuntivo: la disciplina dell’eccezione o rilievo d’ufficio alla prima udienza (contenuta del richiamato art. 5) dovrebbe quindi essere coordinata con la specialità del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo.

Occorre quindi accertare su quale soggetto ricadano le conseguenze negative dell’improcedibilità: debitore opponente o creditore opposto.

L’onere processuale ben potrebbe ricadere in capo al debitore opponente (e su di lui dovrebbero quindi ricadere le conseguenze negative nel caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione) in quanto (cfr. Cass. 3 dicembre 2015, n. 24629):

  • ragione tecnica: l’opponente è la parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, posto che, in mancanza di opposizione o in caso di estinzione del processo, il decreto acquista esecutorietà e passa in cosa giudicata;
  • principi costituzionali: attraverso il decreto ingiuntivo l’attore sceglie la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo mentre l’opponente, introducendo il giudizio di merito, percorre la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore (la diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice).

L’onere processuale ben potrebbe ricadere in capo al creditore ingiungente in quanto:

  • ragione tecnica: nel caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo attore in senso sostanziale è colui che ha proposto la domanda di ingiunzione e il d.lgs. n. 28 del 2010, art. 5, onera dell’attivazione della condizione di procedibilità “chi intende esercitare in giudizio un’azione”;
  • principi costituzionali: l’ipotesi di giurisdizione condizionata in questione non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 Cost. (cfr. Corte Cost. 16 aprile 2014, n. 98) e non deve violare il principio della tutela giurisdizionale effettiva (cfr. Corte giust. 18 marzo 2010, cause riunite C-317/08, C318/08, C-319/08 e C-320/08): il diritto di agire in giudizio, in termini di diritto di accertamento negativo del credito, potrebbe essere compromesso dall’esecutività ed immutabilità del decreto ingiuntivo che conseguirebbe alla pronuncia di improcedibilità per non avere il debitore opponente assolto l’onere a suo carico, senza che tale ipotesi possa equipararsi a quella dell’acquisto dell’efficacia esecutiva da parte del decreto per effetto dell’estinzione del processo (art. 653 c.p.c., comma 1), la quale è conseguenza dell’inattività della parte all’interno del processo, una volta che il diritto di azione sia stato esercitato (mentre nell’ipotesi in esame l’irretrattabilità del decreto ingiuntivo, e la relativa perdita del diritto di agire in giudizio, deriverebbero dall’inattività relativa ad un rimedio preventivo rispetto al processo; nel caso invece di onere incombente sul creditore opposto, come sostenuto dall’orientamento interpretativo in questione, alla pronuncia in rito di improcedibilità dovrebbe accompagnarsi la revoca del decreto ingiuntivo, ma resterebbe pur sempre ferma la possibilità per il creditore di riproporre la domanda.

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA INTERLOCUTORIA N. 18741/2019 >> SCARICA IL TESTO PDF

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