È possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria ai
sensi del Decreto Legge n. 269/2003 (terzo condono edilizio) per
opere illegittimamente realizzate su aree “successivamente”
sottoposte a vincolo?
Abusi edilizi, terzo condono e vincoli sopraggiunti: interviene
la Cassazione
Ha risposto a questa domanda la Suprema Corte di Cassazione con
la
sentenza n. 5457 dell’8 febbraio 2023 chiamata ad esprimersi su
un ricorso presentato per l’annullamento di un’ordinanza emessa dal
Tribunale che, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva
rigettato l’istanza con la richiesta di revoca o sospensione di un
ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato (60
mq. e 236,574 mc.).
Tra i rilievi censurati dal ricorrente si sarebbe dedotto che
l’ordinanza avrebbe trascurato che un’istanza di condono presentata
e che il vincolo idrogeologico sarebbe stato apposto in epoca
successiva alla realizzazione delle opere cui si riferisce l’ordine
di demolizione.
Le condizioni per ottenere il condono
I giudici di Cassazione, riprendendo dei principi consolidati
sul tema, hanno rilevato che a norma dell’art. 32, comma 27, del
Decreto Legge n. 269/2003 (Terzo Condono Edilizio), le opere
illegittimamente realizzate su aree “successivamente” sottoposte a
vincolo sono suscettibili di sanatoria anche nel caso di abusi
diversi da quelli di cui ai nn. 4, 5 e 6 di cui all’allegato 1 allo
stesso Decreto Legge n. 269/2003, ma solo se sia stato rilasciato
parere favorevole dell’Amministrazione preposta alla tutela del
vincolo, e le costruzioni siano sostanzialmente conformi agli
strumenti urbanistici, potendo le difformità attenere
esclusivamente:
- alla disciplina antisismica e possano essere però
successivamente collaudate; - a norme urbanistiche che prevedano la destinazione ad edifici o
spazi pubblici, e non contrastino però con le previsioni di
varianti di recupero di cui al Capo III della legge n. 47 del
1985; - alle norme sulle distanze minime di rispetto stradale in
materia di edificazione fuori dei centri urbani, e non
costituiscano però minaccia alla sicurezza del traffico.
Abusi minori e vincoli
Preliminarmente gli ermellini hanno rammentato che le opere
abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo a tutela degli
interessi idrogeologici, ambientali e paesistici possono ottenere
la sanatoria ai sensi dell’art. 32 del dl. n. 269 del 2003 solo per
gli interventi edilizi di minore rilevanza (restauro, risanamento
conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere
favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del
vincolo.
Nelle aree sottoposte a vincoli imposti sulla base di leggi
statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici,
ambientali e paesistici la norma ammette la possibilità di ottenere
la sanatoria soltanto per gli interventi edilizi di minore
rilevanza, previo parere favorevole da parte dell’autorità preposta
alla tutela del vincolo.
Gli interventi di minore rilevanza sono quelli indicati ai punti
4, 5 e 6 dell’Allegato 1 al Decreto Legge n. 269/2003:
- Tipologia 1. Opere realizzate in assenza o in difformità del
titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche
e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici; - Tipologia 2. Opere realizzate in assenza o in difformità del
titolo abilitativo edilizio, ma conformi alle norme urbanistiche e
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata
in vigore del presente decreto; - Tipologia 3. Opere di ristrutturazione edilizia come definite
dall’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 6 giugno 2001, n.
380 realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo
edilizio; - Tipologia 4. Opere di restauro e risanamento conservativo come
definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo
abilitativo edilizio, nelle zone omogenee A di cui all’articolo 2
del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444; - Tipologia 5. Opere di restauro e risanamento conservativo come
definite dall’articolo 3, comma 1, lettera c) del d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo
abilitativo edilizio; - Tipologia 6. Opere di manutenzione straordinaria, come definite
all’articolo 3, comma 1, lettera b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo
edilizio; opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini
di superficie o di volume.
Ne discendono due principi:
- il primo per cui risultano essere insanabili le opere
realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo
edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti sulla base di
leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici,
ambientali e paesistici; - il secondo a mente del quale per gli interventi di minore
rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la
possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili
soggetti a vincolo previo parere favorevole da parte dell’autorità
preposta alla tutela. Per i medesimi interventi, nelle aree diverse
da quelle soggetto a vincolo, l’ammissibilità alla sanatoria è
rimessa ad uno specifico provvedimento regionale.
Vincolo sopraggiunto
Con specifico riguardo alle opere abusivamente realizzate su
aree “successivamente” sottoposte a vincolo, le stesse sono
suscettibili di sanatoria anche nel caso di abusi diversi da quelli
di cui alle richiamate Tipologie 4, 5 e 6, ma solo se le
costruzioni siano sostanzialmente conformi agli strumenti
urbanistici, perché le difformità consistano in quelle
analiticamente elencate dall’art. 32 della legge n. 47 del 1985, e
successive modificazioni, e, quindi, esclusivamente se
attengano:
- alla disciplina antisismica e possano essere però
successivamente collaudate; - ovvero a norme urbanistiche che prevedano la destinazione ad
edifici o spazi pubblici, e non contrastino, però, con le
previsioni di varianti di recupero di cui al Capo III della legge
n. 47 del 1985; - ovvero alle norme sulle distanze minime di rispetto stradale in
materia di edificazione fuori dei centri urbani, e non
costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.
La Cassazione conferma che tale interpretazione, ancorché
restrittiva degli abusi condonabili, posto che la maggior parte del
territorio italiano è vincolata, è tuttavia conforme alla lettera
della legge ed alla volontà del legislatore.
La giurisprudenza amministrativa
I giudici di Cassazione hanno, altresì, rilevato che anche la
giurisprudenza amministrativa ritiene che le opere abusivamente
realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, in ogni caso,
sono sanabili solo se opere minori senza aumento di superficie e
volume.
Relativamente alle condizioni previste per le opere insistenti
su aree vincolate dopo la loro esecuzione e al possibile contrasto
con il principio del divieto di retroattività delle sanzioni
amministrative punitiva, gli ermellini hanno confermato che la sua
applicazione non trova spazio nella disciplina delle sanatorie
edilizie ed urbanistiche, nella quale rientrano appunto le
previsioni di cui all’art. 32, commi 26 e 27, d.lgs. n. 269 del
2003, e di cui agli artt. 32 e 33 legge n. 47 del 1985, nei testi
vigenti.
Mentre il divieto di retroattività mira ad evitare
l’applicazione di sanzioni non prevedibili al momento della
condotta che si intende “punire”, la disciplina dei condoni
attiene, ben diversamente, all’individuazione dei presupposti per i
quali una condotta prevista come illecita nel momento in cui è
compiuta, possa, per ragioni di opportunità, non essere sanzionata,
o essere sanzionata in modo più mite.
Pure in caso di opere illegittimamente realizzate su aree
successivamente sottoposte a vincolo idrogeologico, occorre:
- accertare la sostanziale conformità delle stesse agli strumenti
urbanistici; - acquisire il parere favorevole dell’Autorità preposta, nella
specie difficilmente ipotizzabile per l’insistenza dell’immobile in
zona a rischio idraulico elevato e in fascia B per quanto riguarda
le fasce fluviali; - verificare la compatibilità di quanto realizzato con la
normativa antisismica.
Con riferimento a quest’ultimo presupposto, va precisato che lo
stesso rileva perché una delle condizioni per la sanabilità di
opere illegittimamente realizzate su aree successivamente
sottoposte a vincolo previsto dall’art. 32, comma 2, legge n. 47
del 1985, nel testo in vigore, è la possibilità di collaudare le
stesse a norma dell’art. 35, quarto comma, della medesima legge n.
47 del 1985.
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