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Il comma 9 bis dell’articolo 186 C.d.S. prevede che “Al di fuori dei casi previsti dal comma 2 bis del presente articolo, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste, e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.”.

Nel caso sottoposto al vaglio di legittimità, il G.I.P. di Bergamo dichiarava inammissibile l’opposizione proposta avverso il decreto penale di condanna n°1236/2018 in quanto non corredata dall’istanza di elaborazione del programma UEPE.

In verità, il comma 9 bis, nulla dispone in tal senso.

Infatti, come si evince dal dettato normativo, il Legislatore non pone alcun onere in capo al soggetto interessato, prevedendo, la norma in esame, esclusivamente che la pena detentiva possa essere sostituita con il lavoro di pubblica utilità se non vi è opposizione e non prevedendo neppure che l’imputato presti il proprio consenso.

In tema di lavoro di pubblica utilità, difatti, l’imputato non ha l’onere né di indicare l’ente presso il quale svolgere il lavoro di pubblica utilità, né, tantomeno di indicare le modalità di esecuzione della misura, essendo sufficiente che egli non esprima la propria opposizione.

Nel provvedimento impugnato, viene, erroneamente, confuso l’istituto ex articolo 464 bis, comma 4 c.p.c., che disciplina l’istituto della messa alla prova con quello ex articolo 444 c.p.p. ed art. 54 D.L. 274/2000.

Ebbene, l’obbligo di allegazione dell’istanza di elaborazione del programma di trattamento è previsto solo per l’istituto della messa alla prova.

Il lavoro di pubblica utilità ha natura eterogenea: è previsto agli artt. 54 ss. d.lgs. nr. 274 del 2000 ed in relazione a   a tale base normativa, il L.P.U. è  previsto in alternativa alle altre pene irrogabili dal giudice di pace,  però su richiesta dell’imputato; è previsto dall’articolo 165 comma 1 c.p. “attività non retribuita a favore della collettività”. In questo caso ha natura di condotta riparatoria cui può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena. L’esito positivo dello svolgimento di questa attività comporta l’estinzione del reato; è una sanzione amministrativa accessoria che il giudice può applicare, in aggiunta alla pena della reclusione, in caso di condanna per un delitto colposo commesso con violazione delle norme del codice della strada, a norma dell’art. 224-bis codice della strada, introdotto dall’art. 6 legge nr. 102 del 2006; ha natura di pena sostitutiva dell’arresto o dell’ammenda per i reati di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

Con la messa alla prova, nell’ipotesi in cui si proceda per un reato per col quale il Legislatore ha previsto una pena massima non superiore a  4 anni, su richiesta dell’imputato, il processo può essere sospeso per consentire, al richiedente stesso, di effettuare un percorso rieducativo e riabilitativo elaborato dall’Ufficio dell’Esecuzione Penale Esterna.

Tale istituto deve essere tenuto distinto dalle misure alternative alla detenzione, in cui il procedimento, come appurato in precedenza, non viene sospeso ma prosegue il suo corso.

E la sua ratio giustificatrice è da rintracciare nell’intento, del Legislatore, di ridurre, in presenza di reati di minore gravità, il sovraffollamento carcerario.

Con la sentenza n° 1706/2020, la Suprema Corte confermando l’indirizzo maggioritario, sostiene che, “in tema di guida in stato di ebrezza, ai fini della sostituzione della sanzione detentiva o pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità […] è onere dell’autorità giudiziaria individuare l’ente presso cui l’attività lavorativa deve essere svolta e le modalità di esecuzione della misura”[1],  invece, l’imputato non ha l’obbligo di corredare la propria richiesta con il programma elaborato dall’UEPE.

Per tale motivazione, la IV sezione della Corte di Cassazione ha  annullato senza rinvio il provvedimento impugnato.

 


[1] Cassazione, sezione IV, sentenza n° 1706/2020, pubblicata sul servizio on line del sito www.cortedicassazione.it

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