La fonte di Conte
Come fonte, Turco ha citato un «bollettino» dell’Istat pubblicato il 1° marzo. In effetti, quel giorno l’istituto nazionale di statistica ha pubblicato le stime aggiornate sull’andamento del Prodotto interno lordo (Pil) e dell’indebitamento dello Stato, ma da nessuna parte ha scritto che grazie al Superbonus lo Stato ha incassato 140 miliardi di euro in più in tasse. Si può comunque ipotizzare da dove Turco abbia preso questo numero. Se si calcola la differenza tra le entrate correnti (Tav. 18-19) registrate nel 2022 (919,1 miliardi di euro) e quelle registrate nel 2020 (781,7 miliardi), si ottengono circa 138 miliardi, un numero molto vicino ai «140 miliardi». Nelle entrate correnti rientrano varie voci, tra cui le imposte dirette e indirette, e i contributi sociali.
Prendendo per buono il calcolo fatto da Turco, questo vorrebbe dire che tutte le entrate in più registrate tra il 2020 e il 2022 sarebbero merito del Superbonus, il che è evidentemente impossibile (su questo punto torneremo tra poco). Negli scorsi mesi un errore simile è stato fatto più volte da Conte per quanto riguarda la crescita del Pil e degli occupati: in varie occasioni, sbagliando, il presidente del Movimento 5 Stelle ha dato al Superbonus il merito di tutta la crescita del Pil registrata tra il 2021 e il 2023 e di tutto l’aumento dei posti di lavoro. È vero che il Superbonus ha avuto un impatto sull’economia, ma è sbagliato attribuirgli tutti i meriti della crescita economica post-pandemia.
Prendiamo l’esempio del Pil: nel 2023 il Pil italiano è stato più alto del 13,6 per cento rispetto al 2020. Questa crescita, però, non è stata creata tutta dal Superbonus, approvato a maggio 2020 ma diventato operativo mesi dopo. Secondo le stime più attendibili, il contributo degli investimenti in costruzioni residenziali alla crescita del Pil è stato di due punti percentuali, di cui uno è riconducibile al Superbonus. Dunque il bonus edilizio ha avuto un impatto sull’economia, ma non tanto da essere responsabile di tutta la crescita economica registrata dopo il crollo del Pil nel 2020.
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