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La direttiva comunitaria, in materia di credito al consumo, va interpretata nel senso che i contratti, come il mutuo, debbano contenere, in modo chiaro e conciso, le modalità di calcolo del termine di recesso. Inoltre, l’obbligo informativo a favore del consumatore non è soddisfatto se il contratto rinvia ad una norma nazionale che, a sua volta, rinvia ad un’altra norma.

Diversamente opinando, il diritto di recesso del consumatore ne risulterebbe affievolito. Infatti, nel caso di un doppio rinvio (da una norma ad un’altra), come quello esaminato, il contraente debole non viene posto in condizione di verificare se il termine di recesso, a cui ha diritto, abbia iniziato a decorrere.

Così ha deciso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza del 26 marzo 2020 nella causa C-66/19 (testo in calce).

La vicenda

Un cittadino tedesco concludeva un contratto di mutuo assistito da garanzia ipotecaria per circa 100 mila euro. Il contratto prevedeva, a favore del mutuatario, il diritto di recesso da esercitare entro 14 giorni decorrenti dopo la conclusione del contratto. Il decorso del suddetto termine era subordinato alla ricezione, da parte del consumatore, di tutte le informazioni obbligatorie connesse al recesso e specificate da una determinata disposizione del BGB tedesco. Il contratto di mutuo, sottoscritto dal consumatore, non elencava tali informazioni, sebbene proprio dalla loro comunicazione decorresse il momento a partire dal quale si calcolava il dies a quo del recesso. Al contrario, il contratto rinviava ad una disposizione che, a sua volta, rinviava ad un’altra. Il mutuatario, nel 2016, comunicava il recesso alla società mutuante, la quale lo riteneva tardivo, il contratto, infatti, risaliva al 2012. Nondimeno, secondo il consumatore, non erano state fornite le informazioni obbligatorie sull’esercizio del diritto di recesso, pertanto, esso doveva considerarsi tempestivo. Il tribunale tedesco, adito dal consumatore, opera un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sull’interpretazione della direttiva relativa ai contratti di credito al consumo.

Prima di analizzare le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice di merito, ricordiamo la normativa di riferimento.

Credito al consumo e normativa europea

La direttiva di cui si chiede l’interpretazione è la 2008/48/CE in materia di contratti di credito al consumo, che abroga la precedente direttiva 87/102/CEE. In particolare, viene in rilievo la norma sulle informazioni da inserire nei contratti di credito (art. 10, paragrafo 2, lettera p). La disposizione, tra le altre indicazioni, prevede che nel contratto di credito figurino, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti:

  • «l’esistenza o l’assenza del diritto di recesso e il periodo durante il quale esso può essere esercitato e le altre condizioni per il suo esercizio, comprese le informazioni sull’obbligo del consumatore di rimborsare il capitale prelevato e corrispondere gli interessi […]».

Inoltre, in materia di diritto di recesso, la direttiva (art. 14) statuisce che:

«Il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni di calendario per recedere dal contratto di credito senza dare alcuna motivazione. Tale periodo di recesso ha inizio:

a) il giorno della conclusione del contratto di credito; oppure
b) il giorno in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all’articolo 10, se tale giorno è posteriore a quello indicato nella lettera a) del presente comma».

Infine, si ricorda che la direttiva in discorso si occupa di contratti di credito al consumo di importi superiori a 200 euro e inferiori a 75 mila e ne restano esclusi i contratti aventi ad oggetto un credito assistito da garanzia immobiliare.

La ricevibilità della domanda

Prima di soffermarsi sulle questioni pregiudiziali, preme fare una precisazione.

La normativa tedesca riguarda un contratto di credito al consumo di 100 mila euro assistito da garanzia ipotecaria, pertanto, in linea teorica, si fuoriesce dall’ambito applicativo della direttiva. Nondimeno, gli Stati membri possono introdurre norme nazionali conformi alla direttiva, anche al di fuori della sua portata applicativa (considerando n. 10). Nel caso di specie, il legislatore tedesco ha ritenuto di applicare il regime della normativa 2008/48 anche al contratto in esame. Pertanto, la Corte resta comunque competente a decidere:

  • su una questione pregiudiziale, anche se i fatti del procedimento principale si collocano al di là dell’ambito di applicazione della disposizione comunitaria (in questo caso la direttiva 200/48),
  • purché quella disposizione sia resa applicabile al diritto nazionale per effetto di un rinvio a quest’ultimo.

Viceversa, alla Corte non spetta pronunciarsi sull’interpretazione delle norme nazionali, né giudicare se l’interpretazione del giudice nazionale risulti corretta, in quanto trattasi di un’attività rientrante nella competenza esclusiva dei giudici nazionali (sentenza del 3.07.2019, UniCredit Leasing, C 242/18).

Ciò premesso, passiamo alla disamina delle questioni pregiudiziali.

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Le questioni pregiudiziali

Il giudice tedesco, adito dal consumatore, solleva due1 questioni pregiudiziali dinnanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in merito all’interpretazione della norma sul diritto di recesso (art. 10 c. 2 lett. p, direttiva 2008/48).

1) Se la direttiva vada interpretata nel senso che anche i requisiti relativi alla decorrenza del periodo di recesso rientrino nelle informazioni obbligatorie riguardanti il «periodo durante il quale esso può essere esercitato» o le «altre condizioni per il suo esercizio».

In caso di risposta affermativa, ossia se nelle informazioni obbligatorie da fornire al consumatore rientri anche il periodo entro cui esercitare il recesso, il giudice del rinvio pone la seconda questione

2) Se, secondo la citata direttiva, con riguardo alla decorrenza del periodo di recesso, un’informativa risulti chiara e precisa, nel caso in cui non siano esaustivamente indicate le informazioni obbligatorie, ma vi sia un rinvio ad una disposizione, che a sua volta rinvia ad un’altra. Ossia si verifichi una situazione in cui il consumatore è tenuto a leggere numerose norme di legge contenute in diversi atti normativi, al fine di sapere quali informazioni obbligatorie debbano essere fornite ai fini della decorrenza del periodo di recesso relativo al proprio contratto di mutuo.

La prima questione: le modalità di calcolo del recesso devono essere chiare

Con la prima questione, il giudice del rinvio si domanda se le modalità di calcolo del periodo di recesso rientrino tra le informazioni che devono essere contenute, in modo perspicuo e sintetico, in un contratto di credito. Orbene, la direttiva persegue la finalità di garantire al consumatore di conoscere i propri diritti e obblighi. Il requisito dell’indicazione degli elementi relativi al recesso, all’interno del contratto di credito, è necessario per consentire la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva. Essa prevede un’armonizzazione in materia di credito al consumo, necessaria per garantire a tutti i consumatori un’adeguata protezione dei loro interessi. Considerata la rilevanza del diritto di recesso per la tutela del consumatore, l’informazione riguardante tale diritto è di fondamentale importanza. «Per poter beneficiare pienamente di tale informazione, il consumatore deve conoscere in anticipo le condizioni, i termini e le modalità di esercizio del diritto di recesso» (sentenza del 23.01.2019, Walbusch Walter Busch, C 430/17). Infatti, se le modalità con cui il contraente debole può esercitare il diritto di recesso non rientrassero tra le informazioni da indicare obbligatoriamente nel contratto, il suddetto diritto ne uscirebbe indebolito.

La seconda questione: no al doppio rinvio

Il contratto tedesco non conteneva in modo chiaro l’indicazione del dies a quo per l’esercizio del diritto di recesso. Il regolamento contrattuale prevedeva il rinvio ad una disposizione nazionale che a sua volta rinviava ad un’altra. Pertanto, in tali situazioni, il consumatore non è nelle condizioni di:

  • determinare la portata del proprio impegno contrattuale,
  • verificare se tutti gli elementi necessari figurino nel contratto da lui concluso,
  • controllare se il termine di recesso di cui può fruire abbia iniziato a decorrere nei suoi confronti.

Secondo la giurisprudenza della Corte, «qualora una direttiva, nell’ambito della tutela dei consumatori, preveda un obbligo, a carico del professionista, d’informare il consumatore in ordine al contenuto dell’impegno contrattuale al medesimo proposto, di cui alcuni elementi siano determinati da disposizioni legislative o regolamentari cogenti di uno Stato membro, il professionista ha l’obbligo di comunicare al consumatore il contenuto delle disposizioni medesime» (sentenza del 26.04.2012, Invitel, C 472/10).

Al lume di quanto esposto, non è sufficiente un mero rinvio ad un testo normativo che stabilisce i diritti e gli obblighi delle parti, in quanto in tal modo il diritto del consumatore viene frustrato (sentenza del 21.03.2013, RWE Vertrieb, C 92/11).

Conclusioni

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la pronuncia in commento, stabilisce che:

  1. la norma sul diritto di recesso (art. 10, paragrafo 2, lettera p) direttiva 2008/48) debba essere interpretata nel senso che le modalità di calcolo del periodo di recesso (decorrenti dal giorno della conclusione del contratto di credito oppure dal giorno in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni) ricadono nelle informazioni che devono figurare, in modo chiaro e conciso, in un contratto di credito;
  2. la norma in discorso deve essere interpretata nel senso che osta a che un contratto di credito, per quanto attiene alle informazioni di cui all’articolo 10 di tale direttiva, rinvii ad una disposizione nazionale facente a sua volta rinvio ad altre disposizioni della normativa dello Stato membro in questione.

CORTE UE, SENTENZA 26 MARZO 2020 (CAUSA C-66/1) >> SCARICA IL TESTO PDF


[1] In realtà le questioni pregiudiziali sollevati sono tre, ma la terza questione è ricompresa nella seconda. Per completezza espositiva la si riporta di seguito:

«Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 osti ad un’interpretazione secondo la quale un’informazione sia «chiara» e «concisa», nel caso in cui il rinvio ad una norma nazionale – nel caso di specie, l’articolo 492, paragrafo 2, BGB, nel testo vigente [fino] al 12 giugno 2014 e il suo ulteriore rinvio – nel caso di specie, all’articolo 247, paragrafi da [6] a 13, EGBGB, nel testo vigente [fino] al 12 giugno 2014 implichino necessariamente il fatto che il consumatore debba compiere una sussunzione giuridica oltre alla mera lettura delle disposizioni – ad esempio, accertare se il mutuo gli sia stato concesso alle condizioni abituali previste per i contratti garantiti da ipoteca e il loro finanziamento intermedio, ovvero se si tratti di contratti collegati al fine di sapere quali informazioni obbligatorie debbano essere fornite affinché possa decorrere il periodo di recesso relativo al proprio contratto di mutuo»

 

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