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Il destinatario che intenda contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, affermando di non aver mai ricevuto l’atto ed in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso, ha l’onere di impugnarlo tempestivamente a mezzo della querela di falso.

L’avviso di ricevimento della notifica a mezzo posta è un atto pubblico e, conseguentemente, ai fini della sua contestazione occorre proporre querela di falso, ancorché detto avviso sia stato prodotto solo in copia fotostatica e non in originale.

Questo è il principio affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. III civ, con ordinanza 30318/2019, in rigetto delle doglianze espresse dal ricorrente avverso il provvedimento con cui il giudice di secondo grado aveva dichiarato inammissibile l’opposizione ad una cartella di pagamento emessa per la riscossione di sanzioni amministrative irrogate per violazioni del codice della strada.
Gli Ermellini hanno, dunque, ritenuto manifestamente infondati i motivi di cui all’interposto ricorso, attraverso i quali l’automobilista deduceva:

  • l’inidoneità, ai fini della prova dell’avvenuta notifica, della fotocopia dell’avviso di ricevimento;
  • la mancanza di preclusioni nel giudizio di opposizione a sanzioni amministrative;
  • l’impossibilità della querela di falso, atteso che in giudizio non era stato prodotto l’originale dell’avviso di ricevimento.


Invero, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, sulla scorta di un chiaro iter logico-giuridico già seguito in precedenza.

In primis, l’avviso di ricevimento di una notifica a mezzo posta ha natura di atto pubblico ex art. 2700 del c.c., e, pertanto, è idoneo a provare – sino a querela di falso – l’intervenuta consegna del plico con relativa data, l’identità della persona alla quale è stata eseguita la consegna nonché della persona che ha sottoscritto l’atto.

In sostanza, detto avviso di ricevimento, in virtù della sua natura di atto pubblico, e, riguardando un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 890 cit., esplica la medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, ovverosia della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 c.c. relativamente alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza; ne consegue che, il destinatario che intenda contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, affermando di non aver mai ricevuto l’atto ed in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso, ha l’onere di impugnarlo a mezzo della querela di falso ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 221 del c.p.c. del codice di rito, anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza, o negligenza dell’agente postale (cfr, ex plurimis Cass. 8032/2004; Cass 8500/2005;Cass. 24852/2006; Cass. 4193/2010).

Più nello specifico, la Cassazione ha poi ribadito che la mancata produzione del documento in originale non esonera la parte interessata dall’onere di proporre querela avverso la fotocopia non disconosciuta.

Ad adiuvandum, in mancanza di deroghe espresse previste dalla legge, il disconoscimento della fotocopia deve essere tempestivo in qualsiasi tipo di giudizio, atteso che “la copia fotostatica della procura alle liti rilasciata al difensore di una delle parti si ha per riconosciuta se la controparte non la disconosca, in modo formale, ai sensi degli articoli 214 e 215 c.p.c., nella prima udienza o risposta successive alla sua produzione”.

Orbene, la Suprema Corte ha così confermato la sentenza del Tribunale di Terni, che – in riforma della decisione del Giudice di Pace, aveva rigettato l’opposizione, in quanto tardiva, poiché il contribuente avrebbero dovuto proporre tempestiva opposizione contro il verbale, non potendo far valere le sue doglianze con l’impugnazione della cartella di pagamento.



 

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