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Ormai è pressoché certezza: entro il 28 luglio, giorno in cui scadrà il decreto Salva Casa tanto voluto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, il provvedimento prenderà la sua forma e la sua vigenza definitive, così come delineato dalla legge di conversione firmata dai relatori Dario Iaia (Fratelli d’Italia) ed Erica Mazzetti (Forza Italia), che, come sottolinea Il Sole 24 Ore, ha previsto molte modifiche rispetto alla versione originaria.

Cosa entra nel Salva Casa

Innanzitutto, il nuovo testo allarga in maniera sensibile il perimetro della sanatoria: se prima essa era prevista solo per le difformità parziali, con la conversione in legge del decreto essa sarà ampliata anche alle variazioni essenziali. Si tratta, per esempio, di variazioni pesanti a un immobile, che potrebbero arrivare a includere potenzialmente anche gli aumenti di cubatura non autorizzati. Un altro caso riguarda invece le varianti precedenti al 1977.

Importanti modifiche riguardano poi i requisiti di abitabilità degli immobili. Potranno infatti essere dichiarati agibili sulla base si un’attestazione rilasciata da un professionista anche quelli con altezze non superiori a 2,40 metri e superfici non superiori a 20 metri quadrati per i monolocali e a 28 metri quadrati per i bilocali. Finora, in tal senso, i limiti minimi erano di 2,70 metri per quanto riguarda l’altezza dei soffitti degli appartamenti, e rispettivamente di 28 e 38 metri quadrati per quanto concerne gli immobili con due o tre locali.

Già nella prima versione del decreto Salva Casa, la sanatoria prevedeva per i comuni la possibilità di chiedere una serie di opere quale condizione necessaria per la regolarizzazione degli interventi. Nel dettaglio, le amministrazioni possono richiedere che, già nella segnalazione certificata di inizio attività (Scia), il proprietario metta tutto in ordine. La ratio di tale imposizione è da ricercare nella possibilità che a un manufatto manchino in effetti alcuni elementi o alcuni accorgimenti per essere ritenuti perfettamente a norma.

Le richieste dei Comuni

Proprio su questo punto il testo definitivo prevede le differenze più evidenti con quello iniziale. Il decreto conteneva infatti l’elenco dei lavori che potevano essere richiesti dai Comuni ai cittadini. Si trattava in particolare “di interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche”, nonché della rimozione di tutte quelle opere che “non possono essere sanate”.

 

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