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Non può formarsi il silenzio assenso in
relazione ad una domanda di condono di opere
abusive per la quale il procedimento sia stato sospeso, né tanto
meno è ammissibile il ricorso senza che sia stato impugnato l’atto
che ne ha determinato la sospensione.

Non solo: il condono non potrebbe comunque essere concesso in
assenza di autorizzazione paesaggistica per la
realizzazione di nuovi locali dotati di autonomia funzionale,
all’interno di un’area sottoposta a vincoli.

Condono edilizio in area vincolata: impossibile senza
autorizzazione paesaggistica 

A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la
sentenza
del 21 febbraio 2024,  n. 1733
, che ha stabilito
l’inammissibilità dei ricorsi presentati dal titolare di un
immobile oggetto di opere abusive, per le quali era stata
presentata domanda di condono ai sensi della legge n.
724/1994
.

In particolare, il ricorso non è risultato ammissibile per la
mancata impugnazione dell’atto della Soprintendenza a causa del
quale il Comune non aveva potuto definire il procedimento
di condono, impedendo la formazione del silenzio assenso. Con
tale atto, una nota con cui si specificava la necessità di
un’istruttoria aggiuntiva per il rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica, era stato
sospeso il procedimento di condono. L’impugnazione in questo caso
sarebbe stata indispensabile per consentire il riavvio delle
procedure.

Non solo: i giudici anche hanno specificato che affinché
l’impugnazione di un atto plurimotivato possa essere valida, è
necessario che vengano contestate tutte le motivazioni dedotte, in
quanto la mancata impugnazione anche di una sola di queste è
sufficiente a sorreggere la validità dell’atto.

Realizzazione opere non pertinenziali: ci vuole il permesso di
costruire

Nel dettaglio, non sono state contestate dal proprietario le
ulteriori motivazioni per le quali le opere realizzate sono state
dichiarate abusive e sottoposte ad ordinanza di
demolizione,
tra cui:

  • la realizzazione di tettoie senza il permesso di costruire in
    area sottoposta a vincoli paesaggistici;
  • la mancata corrispondenza tra lo stato attuale dell’immobile e
    quello rappresentato nella domanda di condono;
  • l’assenza di autorizzazione paesaggistica e di documentazioni
    utili a definire la pratica in senso positivo.

Secondo il ricorrente, si sarebbe trattato di opere
pertinenziali, quindi seguibili senza permesso di costruire. Di
diverso avviso il Consiglio di Stato, secondo cui in materia
edilizia possono essere considerate :

  • pertinenziali esclusivamente le opere di
    modesta entità, che risultino del tutto accessorie
    rispetto all’immobile principale;
  • non pertinenziali invece le opere che, dal punto di vista delle
    dimensioni e della funzione, godano di una propria autonomia, e
    quindi non siano coessenziali al fabbricato principale.

Nel caso in esame, le opere comprendevano la realizzazione di
tettoie e verande in legno chiuse ai lati, di una
baracca con copertura in legno e di una piscina di 7×4 metri.

Si tratta di interventi che necessitano del permesso di
costruire
e che, essendo conseguiti in area vincolata,
avrebbero richiesto anche l’autorizzazione paesaggistica, non
potendo in ogni caso risultare come opere pertinenziali
all’immobile principale perché dotate di autonomia funzionale, e
risultando peraltro del tutto irrilevante il fatto che il
fabbricato principale fosse ante ’67.

Abusi edilizi: anche se sanabili va presentata
apposita istanza

Non è rilevante neanche la tesi secondo cui l’intervento
repressivo dell’Amministrazione sarebbe stato conseguito, comunque,
su opere sanabili; difatti risulta sempre necessario presentare
un’istanza, perché l’astratta sanabilità dell’opera non è una
ragione valida che possa annullare l’intervento, e comunque il
Comune non è tenuto a verificare l’eventuale
sanabilità dell’abuso.

Infine, Palazzo Spada ha ribadito che l’ordinanza di demolizione
è un atto dovuto e vincolato, che non necessita di essere motivato,
in quanto risulta già sufficiente la finalità di ripristino della
legalità violata.

Ne consegue che l’ordine demolitorio si considera
valido anche a prescindere dalle ipotesi in cui:

  • siano trascorsi molti anni dalla realizzazione dell’abuso
    all’emissione dell’ordinanza;
  • il titolare attuale non sia lo stesso soggetto che ha
    realizzato le opere abusive;
  • il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di
    ripristino.

 

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