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Il decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, ed avente a oggetto la condanna al pagamento di prestazioni la cui fonte risiede in un contratto a monte, preclude all’intimato la possibilità di invocare, in un diverso giudizio, la nullità della clausola contrattuale ovvero dell’intero contratto, posto che tale questione resta coperta dal cosiddetto giudicato per implicazione discentente. Questo il principio espresso dalla Sezione II della Cassazione con la sentenza 4 novembre 2021 n. 31636 .

Il giudicato per implicazione discendente
Nel senso che il giudicato per implicazione discendente, regolato dall’articolo 2909 Cc, in base al quale l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, riguarda le questioni dipendenti da quella pregiudiziale oggetto del giudicato stesso, e non quelle concernenti effetti ulteriori o diversi che non contraddicano il medesimo accertamento già compiuto, Cassazione, sentenza 19 settembre 2013, n. 21472 [in Giur. comm., 2014, II, p. 590, con nota di Di Cataldo V., Liti fra birrai, marchi e denominazioni di origine: evoluzioni del linguaggio e mutamenti dei prodotti], (per la quale il giudicato formatosi sul preuso di un marchio, successivamente registrato, non preclude l’esame della questione della validità del marchio, in quanto l’accertamento del preuso implica la verifica in punto di fatto circa tale circostanza nonché una valutazione sull’esistenza del carattere distintivo e del possesso dei requisiti di novità e originalità, ma non anche l’accertamento dell’inesistenza di ragioni di nullità rilevabili solo su eccezione di parte – e salvo che nel giudizio sul preuso ne venga accertata pure la liceità ove può controparte abbia sollevato l’eccezione di nullità); sentenza 9 novembre 2012, n. 19503 (ove il rilievo che il giudicato formatosi sull’esistenza di un rapporto di prestazione libero professionale fra le parti – nella specie, contratto di prestazione d’opera intellettuale, concluso con un commercialista incaricato della costituzione di una società – non preclude di accertare la sussistenza a carico del medesimo professionista di accessorie obbligazioni di mandato – nella specie, di restituzione delle somme versate al commercialista, in conseguenza dell’abbandono dell’iniziativa imprenditoriale che ne aveva giustificato la consegna -, sia in quanto connaturali al rapporto principale, sia in quanto comunque compatibili con le obbligazioni caratteristiche di tale tipo contrattuale).
Sempre in margine al giudicato per implicazione discendente si è osservato, altresì, che il cd. giudicato per implicazione discendente, ipostatizzato nell’ affermazione per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, si estende non solo alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia. A tal fine è dunque necessario: a) che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si deduce essere stata risolta implicitamente sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, tale da determinare l’assoluta inutilità di una decisione sulla seconda questione; b) che la questione decisa in modo espresso non sia stata impugnata, Cassazione, ordinanza 17 maggio 2021, n. 13218, in italgiureweb, 2021, in motivazione;

I precedenti di merito
Per i giudici di merito, nel senso che il decreto ingiuntivo divenuto inoppugnabile, ed avente ad oggetto la condanna al pagamento di canoni di locazione, preclude all’intimato la possibilità di invocare, in un diverso giudizio, la nullità della clausola contrattuale di determinazione della misura del canone; tale questione resta infatti coperta dal c.d. «giudicato per implicazione discendente», Appello Genova, sentenza 27 luglio 2016, in lanuovaproceduracivile.com, 2016.

Efficacia di giudicato del decreto ingiuntivo non opposto
In termini generali, il decreto ingiuntivo non opposto acquista efficacia di giudicato tanto in ordine all’oggetto che ai soggetti del rapporto giuridico; impedendo che lo stesso possa essere nuovamente posto in discussione in altro successivo giudizio, l’efficacia di detto giudicato si estende agli accertamenti che costituiscono i necessari e inscindibili antecedenti o presupposti logico-giuridici della pronunzia d’ingiunzione, Cassazione, sentenza 28 agosto 2009, n. 18791.
Ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, nel senso che se non sia stata proposta opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento di canoni di affitto arretrati, il giudicato formatosi su tale decreto copre non soltanto la dedotta esistenza del credito ingiunto, ma, altresì, la deducibile inesistenza di un opposto credito del conduttore, traente titolo dallo stesso ed unico rapporto di conduzione agraria, Cassazione, sentenza 7 luglio 1969, n. 2508.
Per l’applicazione del principio in caso di decreto ingiuntivo per il pagamento di canoni di locazione cfr. – pur esse richiamate in motivazione sul punto – Cassazione, sentenza 11 giugno 1998, n. 5801, in Rassegna locazione e condominio, 1998, p. 373 (secondo cui il giudicato di accoglimento formatosi a seguito della mancata opposizione avverso un decreto ingiuntivo recante intimazione di pagamento di canoni arretrati in relazione ad un rapporto di locazione, non si limita a fare stato, tra le stesse parti – ed i loro creditori o aventi causa – , circa l’esistenza e validità del rapporto corrente inter partes e sulla misura del canone preteso, ma anche circa l’inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio d’opposizione, quali quelli atti a prospettare l’insussistenza totale o parziale, del credito azionato in sede monitoria dal locatore a titolo di canoni insoluti, per effetto di controcrediti del conduttore per somme indebitamente corrisposte in ragione di maggiorazioni contra legem del canone); Cassazione, sentenze, 24 luglio 2007, n. 16319 e 24 maggio 2013, n. 12994.
Non diversamente, quando il decreto ingiuntivo, ottenuto per canoni di locazione non corrisposti, non sia stato opposto, il giudicato così formatosi fa stato tra le parti non solo sull’esistenza e validità del rapporto corrente inter partes, e sulla misura del canone preteso, ma anche circa l’inesistenza di fatti impeditivi o estintivi, non dedotti ma deducibili nel giudizio di opposizione, Cassazione, sentenza 26 giugno 2015, n. 13207, che ha confermato la decisione di merito che, sul presupposto dell’inoppugnabilità del decreto ingiuntivo relativo a canoni non corrisposti, aveva escluso che in un diverso giudizio il conduttore potesse invocare la nullità della clausola di determinazione del canone in misura superiore a quella legale ex articolo 2, commi 3 e 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431.
Sempre nella stessa ottica si è osservato, altresì, che il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l’esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito ed il rapporto stessi si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l’opposizione, mentre non si estende ai fatti successivi al giudicato ed a quelli che comportino un mutamento del petitum ovvero della causa petendi in seno alla domanda rispetto al ricorso esaminato dal decreto esecutivo, Cassazione, sentenza 11 maggio 2010, n. 11360 (Analogamente, Cassazione, sentenza 19 luglio 2006, n. 16540, in Massimario giurisprudenza del lavoro, 2006, fasc. 1-2, p. 46 [con nota di Franza G., Ancora confusione sul secondo licenziamento], che ha ritenuto preclusa la questione della cessazione del rapporto di lavoro alla data del secondo licenziamento intimato per cessazione dell’ attività – marzo 1998 – antecedentemente al giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo, non opposto, azionato dalla lavoratrice madre per il risarcimento dei danni – credito retributivo da settembre 1998 a maggio 1999 – derivanti da precedente licenziamento intimato in violazione della legge n.1204 del 1971. La Corte ha cassato, con rinvio, la decisione di merito, invitando il giudice del rinvio a determinare le pretese retributive della lavoratrice per il periodo, successivo al mese di maggio 1999, non coperto da giudicato, rilevando, in ossequio al principio affermato, che la cessazione dell’attività, ove effettivamente esistente, avrebbe potuto essere dedotta come fatto impeditivo delle ulteriori pretese risarcitorie).

L’autorità del giudicato
Atteso che l’autorità del giudicato copre sia il dedotto, sia il deducibile, si è affermato – in giurisprudenza – tra l’altro:
– l’autorità del giudicato copre non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di azione o in via di eccezione, nel medesimo giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre che, se pure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili della decisione (giudicato implicito). Pertanto, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano per oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituenti indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo, Cassazione, ordinanza 26 febbraio 2019, n. 5486, che ha rigettato il ricorso avverso sentenza che aveva ritenuto il giudicato sulla domanda di risarcimento dei danni per inesatta esecuzione di un mandato, nella specie idoneo a violare il divieto di patto commissorio, come preclusivo dell’esame, in successivo giudizio instaurato tra le stesse parti, della domanda di risarcimento dei danni per l’illiceità della medesima condotta del mandatario;
– il rilievo d’ufficio della nullità del contratto è precluso al giudice dell’impugnazione, quando sulla validità del rapporto si sia formato il giudicato interno, Cassazione, ordinanza 30 agosto 2019, n. 21906, che ha ritenuto preclusa la rilevabilità d’ufficio della questione relativa alla validità di un contratto di patrocinio in favore di un Comune, per parziale difetto di copertura finanziaria, per essere stata detta questione superata dalla sentenza di primo grado, contenente la condanna dell’ente a corrispondere il compenso al difensore per l’attività professionale svolta e non avendo tale statuizione formato oggetto di appello incidentale da parte del Comune;
– il giudicato copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto e, pertanto, riguarda non solo le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, Cassazione, ordinanza 30 ottobre 2017, n. 25745, secondo cui il giudicato sulla domanda di accertamento della nullità del termine apposto ad un contratto di lavoro stipulato da un dipendente delle Poste s.p.a., per genericità delle mansioni da svolgere e della sede di lavoro, precludesse l’esame in un successivo giudizio della nullità dello stesso termine per violazione dell’art. 8 del c.c.n.l. 1994;
– qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo, Cassazione, sentenza 25 luglio 2016, n. 15339 [in Riv. dir. processuale, 2017, p. 257, con nota di Giussani A., Effetti conformativi della sentenza e sospensione del processo] che ha cassato con rinvio la sentenza di appello che aveva deciso con sentenza non definitiva sulla validità di un brevetto in presenza di una sentenza passata in giudicato che si era già espressa per la nullità dello stesso.
Per utili riferimenti cfr. altresì:
– nel senso che il rilievo d’ufficio della nullità del contratto è precluso al giudice quando sulla validità del rapporto si sia formato il giudicato, anche implicito, come allorché il giudice di primo grado, accogliendo una domanda, abbia dimostrato di ritenere valido il contratto, e le parti, in sede di appello, non abbiano mosso alcuna censura inerente la sua validità, Cassazione, sentenza 14 ottobre 2013, n. 23325, che, in applicazione del riferito principio, ha ritenuto che il giudicato interno, formatosi sull’accoglimento della domanda contrattuale di rendiconto ex articolo 2552 Cc, precludesse la questione sulla validità del contratto di associazione in partecipazione, nonché Cassazione, sentenza 20 agosto 2009, n. 18540;
– per l’affermazione che il giudicato, formatosi con la sentenza intervenuta tra le parti, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e cioè non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili sia in via di azione, sia in via di eccezione, le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia, Cassazione, sentenza 16 agosto 2012, n. 14536, che ha ritenuto preclusa dal giudicato l’eccezione di nullità di un contratto d’opera professionale in relazione al quale la Pa, dopo aver vanamente denunciato in primo grado il difetto della forma scritta ad substantiam, non aveva riproposto la questione nel primo atto difensivo del giudizio di appello instaurato dalla controparte;
– per il rilievo che il giudicato, formatosi con la sentenza intervenuta tra le parti, copre il dedotto ed il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e cioè non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto fatte valere in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili sia in via di azione, sia in via di eccezione, le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia, Cassazione, sentenza 28 ottobre 2011, n. 22530 che ha ritenuto l’eccezione di nullità di un contratto di associazione in partecipazione preclusa dal giudicato, avendo il riconoscimento dell’esistenza di un valido contratto ex articolo 2549 Cc costituito il presupposto logico-giuridico della decisione .

 

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