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Con la sentenza 14 aprile 2021 (testo in calce), causa T-201/20, la decima sezione del Tribunale UE ha confermato la decisione assunta dalla commissione ricorsi dell’Ufficio europeo per proprietà intellettuale (EUIPO) a tutela del marchio “Gallo nero” utilizzato dal Consorzio vino Chianti Classico.

È stata pertanto respinta la richiesta di registrazione come marchio UE dell’immagine di un “Gallo” poiché l’uso di questo segno potrebbe fornire un vantaggio indebito dalla notorietà, dal prestigio e dall’eccellenza proiettata dal simbolo usato per identificare il vino del Chianti.

1. Il caso

La vicenda trae origine dalla richiesta avanzata, nel settembre 2017, da parte di una s.r.l. che chiedeva la registrazione come marchio UE di un segno figurativo costituito dall’immagine di un “Gallo” accompagnato dalla denominazione della parola “Ghisu”. La domanda veniva presentata per i prodotti rientranti nella classe n. 33 dell’Accordo di Nizza che racchiude le “bevande alcoliche (escluse le birre)”.

Il “Consorzio vino Chianti Classico” ha presentato opposizione in forza di quanto previsto dall’art. 8, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 207/2009Regolamento (UE) 2017/1001, deducendo in particolare di aver ottenuto, nel 2014 e per la medesima classe merceologica, la registrazione del marchio figurativo collettivo italiano costituito anch’esso dalla rappresentazione grafica di un “Gallo Nero” con l’indicazione delle parole “Chianti Classico dal 1716”.

La commissione ricorsi dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) ha accolto l’opposizione in ragione non solo della notorietà del marchio anteriore, ma anche della sussistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto e conseguentemente di un nesso tra gli stessi.

L’uso del marchio per il quale era stata richiesta la registrazione era infatti suscettibile di generare un indebito vantaggio a favore del richiedente tenuto conto dell’immagine di eccellenza e di prestigio associata al marchio anteriore.

La s.r.l. ha proposto impugnazione avanti al Tribunale UE, lamentando che la commissione ricorsi aveva compiuto un’erronea valutazione circa la sussistenza, nel caso di specie, delle condizioni e dei presupposti per la tutela accordata al marchio anteriore dall’art. 8, paragrafo 5, del regolamento 207/2009 [1].

2. La decisione

L’art. 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 207/2009 non consente la registrazione di un marchio quando si verificano diverse condizioni relative, in primo luogo, all’identità od alla somiglianza dei marchi in conflitto, in secondo luogo, all’esistenza di una notorietà del marchio anteriore invocata a sostegno dell’opposizione ed, in terzo luogo, all’emersione del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi loro pregiudizio [2].

Il Tribunale UE si è dunque interrogato in merito alla sussistenza o meno delle condizioni previste dalla normativa europea ai fini di verificare la correttezza della valutazione della commissione ricorsi in merito alla esclusione della registrazione del marchio richiesto dalla ricorrente.

2.1. Identità o somiglianza tra i segni

Con riferimento al primo problema riguardante l’identità o la somiglianza tra i segni, il Tribunale UE ha innanzitutto chiarito che le violazioni di cui all’art. 8, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 207/2009 possono essere conseguenza di un grado di somiglianza, anche minore, tra il marchio anteriore ed il marchio richiesto.

È inoltre necessario che il grado di somiglianza sia sufficiente perché il pubblico di riferimento operi un accostamento tra i marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra questi ultimi.

La comparazione tra i segni deve fondarsi su un giudizio di somiglianza visiva, fonetica e concettuale tra i marchi in conflitto.

Essa va condotta sulla base dell’impressione complessiva dei segni, tenendo conto in particolare dei loro elementi distintivi e dominanti [3].

La somiglianza va poi valutata prendendo come riferimento il punto di vista del consumatore medio, tenuto conto delle qualità intrinseche dei segni come registrati o come sono richiesti [4].

Un grado di somiglianza, ancorché tenue, ed anche su un solo piano non esclude peraltro di per sé l’applicazione dell’art. 8, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 207/2009 [5].

Alla luce dei principi sopra richiamati, il Tribunale UE ha evidenziato che, nel caso in esame, la commissione ricorsi aveva correttamente effettuato la valutazione sulla somiglianza da un punto di vista visivo e concettuale tra i marchi in conflitto (un confronto sotto il profilo fonetico è stato invece considerato difficile da eseguire).

È stato infatti rilevato che i segni erano entrambi composti da elementi denominativi e figurativi costituiti dall’immagine di un “Gallo” riprodotta in modo estremamente simile.

Con riferimento al marchio anteriore, è stato poi evidenziato che il logo costituiva l’elemento dominante del segno che era peraltro privo di attinenza con i prodotti per i quali era stata richiesta la registrazione, ossia i vini, mentre l’elemento denominativo “Chianti classico” era meno distintivo in quanto designava soltanto una nota zona vitivinicola.

È quindi emerso che sussistevano forti somiglianze delle parti figurative dei segni in conflitto.

La somiglianza tra i segni era sussistente anche sul piano concettuale in ragione del significato veicolato dall’elemento figurativo dei due marchi che rinviava alla figura di un “Gallo” da ritenersi immediatamente riconoscibile nei due segni.

Il concetto era controbilanciato ma non cancellato da quello veicolato dagli elementi denominativi differenti costituenti i segni in conflitto.

È stata altresì ritenuta irrilevante non solo la questione riguardante la somiglianza concettuale tra i segni con riferimento alla natura collettiva del marchio anteriore per i vini rossi rispetto alla natura individuale del marchio richiesto per i vini bianchi, ma anche l’ulteriore problema attinente la diversa origine geografica dei prodotti.

Il Tribunale UE ha infatti evidenziato che si trattava di questioni non pertinenti nell’ambito della valutazione della somiglianza concettuale dei marchi che deve essere fondata, come già richiamato, unicamente sulla percezione dei segni da parte del pubblico di riferimento.

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza europea, il confronto tra i segni in conflitto dei quali uno compone un marchio collettivo e l’altro compone un marchio individuale è fondato sugli stessi criteri applicati al confronto tra i segni che compongono marchi individuali [6].

Non si può quindi escludere che il segno che compone un marchio individuale e quello che compone un marchio collettivo veicolino il medesimo concetto od uno simile come nel caso in esame.

Nello specifico, il fatto che alcuni elementi dei segni, vale a dire sia l’elemento denominativo “Chianti” per il marchio anteriore che rinvia ad una regione in Italia rinomata per i vini sia l’elemento figurativo del marchio richiesto raffigurante il “Gallo” che è il simbolo della Regione della Gallura in Sardegna sono indubbiamente idonei a veicolare un concetto legato ad una specifica origine geografica dei vini.

Il Tribunale UE ha però evidenziato che tale circostanza non incide sul fatto che i segni in conflitto si riferiscono anche nella mente del pubblico di riferimento al concetto di “Gallo”, vista la rappresentazione grafica di un volatile in entrambi i marchi, donde è stata valutata come sussistente la somiglianza sul piano concettuale.

È stato inoltre ritenuto irrilevante il fatto che il marchio anteriore fosse usato per designare vini rossi mentre il marchio richiesto serviva per contrassegnare vini bianchi, poiché l’attività di comparazione tra i segni si basa sul confronto tra i concetti veicolati dai segni in conflitto non sulla comparazione dei prodotti designati dai marchi stessi.

Il Tribunale UE ha pertanto rigettato le eccezioni sollevate dalla società ricorrente finalizzate a mettere in discussione il riconoscimento della somiglianza dei segni.

2.2. Nesso tra i marchi in conflitto

Il Tribunale UE ha inoltre specificato che le violazioni previste dall’art. 8, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 207/2009 sono la conseguenza di un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore che gode di notorietà ed il marchio richiesto sulla base del quale il pubblico di riferimento compie un confronto tra i segni, vale a dire stabilisce un nesso tra di essi, anche se non li confonde.

È, in altri termini, sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio ed il marchio richiesto abbia come effetto che i consumatori possano stabilire un nesso tra i marchi.

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza europea, il fatto che il marchio richiesto evochi il marchio anteriore nella mente del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, equivale all’esistenza di siffatto nesso [7].

L’esistenza del nesso e del rischio di confusione devono essere oggetto di una valutazione globale tenendo conto di tutti i fattori pertinenti tra cui: a) il grado di somiglianza tra i marchi, b) la natura dei prodotti o dei servizi compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza tra gli stessi, c) il pubblico interessato, d) il livello di notorietà del marchio anteriore ed il grado di carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, del marchio anteriore [9].

Alla luce dei principi sopra richiamati, il Tribunale UE ha evidenziato che la commissione di ricorso aveva correttamente riconosciuto l’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico di riferimento in quanto non solo i segni presentavano, come si è già avuto modo di evidenziare, una somiglianza visiva e concettuale, poiché contenevano l’immagine di un “Gallo”, ma anche che i prodotti erano sostanzialmente identici.

Il marchio anteriore godeva inoltre di un elevato tasso di notorietà e possedeva un carattere distintivo intrinseco rafforzato dal suo uso per decenni, donde era dunque sussistente un rischio di confusione od un rischio di associazione tra i segni.

La presenza del termine “Ghisu” nel marchio per il quale era stata richiesta la registrazione non era sufficiente ad escludere il rischio che quest’ultimo potesse essere inteso come una variante autorizzata del marchio collettivo anteriore.

Il Tribunale UE ha altresì evidenziato che la valutazione circa l’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore ed il marchio richiesto deve, in ogni caso, essere effettuata caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche proprie dei segni.

La natura collettiva od individuale dei marchi non ha dunque alcuna importanza per valutare se nella percezione del pubblico di riferimento i segni sono simili o dissimili.

La ricorrente ha poi sollevato la questione riguardante la differenza tra i prodotti per i quali sono utilizzati i marchi in conflitto (vino tipo vermentino di Gallura per la ricorrente e rosso del Chianti per il titolare del marchio anteriore).

Secondo quanto sostenuto dalla ricorrente, il marchio anteriore designa una zona ben delimitata di produzione di vini rossi, donde la notorietà di cui gode il marchio non potrebbe applicarsi a prodotti diversi rispetto a quelli per cui viene utilizzato, vale a dire i vini rossi provenienti dalla zona geografica del Chianti.

Nell’ambito della valutazione del grado di prossimità tra i prodotti in sede di esame dell’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto ai sensi dell’art. 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 è necessario prendere in considerazione i prodotti per i quali è chiesta la registrazione del marchio e non quelli per i quali il segno viene effettivamente utilizzato.

Il Tribunale UE ha evidenziato che il segno oggetto della domanda di marchio è registrato per “bevande alcoliche (escluse le birre)” e la ricorrente non ha limitato i prodotti oggetto della registrazione richiesta al solo vino bianco.

Per tale ragione, i motivi di contestazione sollevati dalla ricorrente in merito alla differenza tra i prodotti commercializzati recanti i segni in conflitto è stata ritenuta inoperante nel caso di specie.

Il Tribunale UE ha poi precisato che non si deve fare riferimento al pubblico composto dai consumatori che possono utilizzare sia i prodotti designati dal marchio anteriore sia i prodotti contrassegnati dal marchio contestato ai fini dell’applicazione dell’art. 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, bensì il pubblico che potrà richiamare alla mente il marchio anteriore quando si troverà davanti ai prodotti contrassegnati con il marchio contestato.

Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza europea, fatto salvo il caso in cui il pubblico sia totalmente distinto da quello dei prodotti contrassegnati dal marchio anteriore e che quest’ultimo non abbia acquisito notorietà tale da andare al di là del pubblico interessato ai prodotti da esso designati, non è possibile escludere che i consumatori possano richiamare alla mente il marchio anteriore [10].

Il Tribunale UE ha, nel caso di specie, riscontrato che la ricorrente non aveva presentato elementi sufficienti per dimostrare che la notorietà del marchio anteriore si estendeva unicamente ai vini rossi, anzi essa stessa aveva confermato che il marchio anteriore godeva di un elevato grado di notorietà nel mercato dei vini italiani.

I Giudici hanno inoltre evidenziato che i prodotti “bevande alcoliche (escluse le birre)” oggetto del marchio richiesto dalla ricorrente comprendevano in particolare i vini ed i prodotti oggetto del marchio anteriore notorio erano identici, ciò anche se la notorietà di quest’ultimo doveva essere limitata ai vini rossi.

Il Tribunale UE ha ritenuto pertanto corretta la conclusione a cui era pervenuta la commissione ricorso in merito alla possibilità per il pubblico di riferimento di stabilire un nesso tra i marchi in conflitto ai sensi dell’art. 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

2.3. Rischio di indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore

Il Tribunale UE ha infine affrontato la questione relativa al rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore [11].

La ratio dell’art. 8, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 207/2009 è infatti finalizzata ad evitare che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche da quest’ultimo proiettate siano trasferite ai prodotti designati dal segno distintivo per il quale è stata richiesta la registrazione, cosicché la loro commercializzazione possa essere agevolata da tale associazione con il marchio anteriore notorio [12].

Il terzo potrebbe in questo caso avvantaggiarsi del potere attrattivo della reputazione e del prestigio del marchio notorio, donde sfrutterebbe, senza versare alcun corrispettivo, lo sforzo economico e commerciale sostenuti dal titolare del marchio notorio per creare e mantenere l’immagine di quest’ultimo [13].

Il Tribunale UE ha evidenziato che, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza europea, il titolare del marchio anteriore notorio non è tenuto a fornire la prova in sede di applicazione dell’art. 8, paragrafo 5, del regolamento n 207/2009 dell’esistenza di un pregiudizio effettivo ed attuale ai marchi di sua proprietà.

Egli è tenuto solamente ad addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o pregiudizio [14].

E’ possibile pervenire a questa conclusione sulla base di deduzioni logiche risultanti dall’analisi delle probabilità e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di qualsiasi altra circostanza del caso di specie [15].

Il Tribunale UE ha, in primis, evidenziato che, nel caso in esame, era incontestato il fatto relativo alla elevata notorietà del marchio anteriore che gode di un carattere distintivo intrinseco per il fatto che l’elemento figurativo dominante rappresentato dalla figura di un “Gallo” non ha alcun nesso evidente con i prodotti ed il cui carattere distintivo è oltremodo rafforzato dall’uso del segno [16].

L’immagine di eccellenza e di prestigio associati dai consumatori ai vini contrassegnati con il marchio anteriore poteva dunque essere trasferita ai prodotti contrassegnati dal marchio richiesto.

Si è infatti in specie osservato che l’elevato grado di notorietà ed il carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, nonché il fatto di utilizzare un segno avente una certa somiglianza con quest’ultimo per prodotti identici a quelli da esso designati ingeneravano un rischio non ipotetico che il pubblico di riferimento avrebbe potuto stabilire un nesso tra i marchi in conflitto [17].

L’uso del marchio richiesto poteva dunque dar luogo ad un indebito vantaggio a favore della ricorrente.

Il Tribunale UE ha, in conclusione, respinto il ricorso.

TRIBUNALE UE, SENTENZA 14 APRILE 2021 (CAUSA T-201/20) >> SCARICA IL PDF

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[1] L’art. 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 prevede che in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2 del regolamento n. 207/2009, la registrazione del marchio depositato è esclusa quando il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio UE anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.

[2] Corte di giustizia UE, sez. II, sentenza, 28 giugno 2018, C-564/16

[3] Tribunale UE, sez. V, sentenza, 25 gennaio 2012, T-332/10

[4] Tribunale UE, sez. V, sentenza 12 novembre 2015, T-450/13

[5] Corte di giustizia UE, sez. VIII, sentenza, 20 novembre 2014, C-581/13

[6] Corte di Giustizia UE, sez. V, sentenza, 5 marzo 2020, C-766/18

[7] Corte di Giustizia UE, sez. I, sentenza, 27 novembre 2008, C-252/07

[9] Corte di Giustizia UE, sez. IV, sentenza, 24 marzo 2011, C-552/09; Tribunale UE, sez. IV, sentenza, 10 ottobre 2019, T-428/18)

[10] Tribunale UE, sentenza del 28 maggio 2020, T-342/19

[11] La giurisprudenza europea ha identificato tre tipi di rischi distinti ed alternativi che si possono verificare quando: a) l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa recare pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore; b) l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa recare pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore; c) l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore (Tribunale UE, sez. V, sentenza, 22 marzo 2007, T-215/03)

[12] Tribunale UE, sez. IX, sentenza, 10 ottobre 2019, T-428/18

[13] Corte di Giustizia UE, sez. I, sentenza, 18 giugno 2009, C-487/07

[14] Tribunale UE, sez. VI, sentenza, 30 novembre 2016, T-2/16

[15] Tribunale UE, sez. VII, sentenza dell’11 aprile 2019, T-655/17

[16] Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza europea, più il carattere distintivo e la notorietà del marchio anteriore saranno rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione (Corte di Giustizia UE, sez. I, sentenza, 27 novembre 2008, C-252/07)

[17] Il marchio agisce come mezzo di trasmissione di messaggi riguardanti, in particolare, le qualità o le caratteristiche particolari dei prodotti o servizi che designa, o le immagini e sensazioni che proietta, come in questo caso, l’eccellenza, il prestigio e il legame con un territorio. In tal senso, il marchio possiede un valore economico intrinseco autonomo e distinto da quello dei prodotti o servizi per i quali è registrato. I messaggi veicolati da un marchio notorio o ad esso associati, conferiscono a quest’ultimo un valore importante e meritevole di tutela, tanto più che, nella maggior parte dei casi, la notorietà di un marchio è il risultato di sforzi e investimenti considerevoli del suo titolare (Tribunale UE, sez. V, sentenza, 22 marzo 2007, T-215/03)

 

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