Le pensioni, uno dei temi più sentiti dagli italiani, vengono tradite dalla Manovra 2025. A sostenerlo è la Lega, che aveva promesso una maggiore flessibilità in uscita. Sul testo prodotto esprime quindi delusione per una riforma che, ancora una volta, disattende le aspettative di molti lavoratori e pensionati. Secondo il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, questa Manovra “non è la riforma della Lega”, che al contrario ambiva all’abolizione della legge Fornero e a Quota 41. La misura attuale, al contrario, sembra più focalizzata a trattenere le persone al lavoro, con incentivi e penalizzazioni che riducono la possibilità di un pensionamento anticipato.
Non è la Manovra che voleva la Lega
La Lega aveva promesso ai suoi elettori una maggiore libertà nella scelta del momento della pensione. Quota 41, per esempio, era stata indicata come una delle proposte centrali. La Quota consentiva di andare in pensione con 41 anni di contributi senza limiti di età. Ma è solo una delle promesse che non hanno trovato spazio nella Manovra 2025, che invece si concentra sull’incremento dei vincoli e delle penalizzazioni per chi cerca di uscire dal mondo del lavoro anticipatamente.
Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon non nasconde il suo disappunto: “Questa non è la riforma delle pensioni della Lega”. Il sottosegretario, però, non chiude completamente la porta a possibili modifiche. “È possibile fare una riforma più equa nei prossimi anni e migliorare la manovra in Parlamento”, afferma, segnalando la volontà della Lega di intervenire sulle lacune del testo. In particolare, Durigon punta a introdurre misure che possano favorire l’uscita anticipata anche per chi si trova nel sistema contributivo, e che al momento risulta penalizzato. Tra queste, la previdenza integrativa rappresenta una possibile area di intervento.
Quali sono le promesse non mantenute
Diversi sono i punti mancanti rispetto alle promesse elettorali della Lega. La legge Fornero, ad esempio, rimane un punto fermo della normativa, malgrado i numerosi annunci di abolizione. Anche la pensione di garanzia per i giovani precari e la possibilità di andare in pensione anticipata utilizzando i fondi integrativi, per chi non raggiunge i requisiti per l’assegno sociale, sono stati esclusi dalla Manovra.
Le categorie più penalizzate da questa riforma restano però molte. Le donne, che già affrontano penalizzazioni con l’Opzione Donna, vedono un ulteriore inasprimento delle condizioni per l’uscita anticipata. La misura, originariamente concepita per agevolare le lavoratrici, è stata limitata a pochi casi, lasciando scoperta la maggior parte delle donne in età pensionabile (Dati Inps, appena 2.749 nei primi nove mesi di quest’anno contro le 11.594 dell’anno scorso). Inoltre con il ricalcolo gli assegni sono tagliati fino a un terzo.
Ma anche i Millennial e la Generazione Z, per i quali la situazione resta complicata. Con l’innalzamento a 64 anni per il pensionamento anticipato, solo chi ha una pensione sociale minima potrà beneficiare della misura. “Chi esce prima paga, lo dobbiamo ai giovani”, ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Eppure per i giovani con carriere lavorative discontinue, la promessa appare come l’ennesima delusione: molti di loro difficilmente accumuleranno il requisito contributivo per accedere a un assegno decente.
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