Non c’è dubbio che questa volta le cose saranno diverse. Di solito le elezioni americane interessano noi europei per le scelte economiche che il presidente metterà in atto. Questa volta, complice un quadro geopolitico assai instabile e l’ipotesi di disimpegno da parte di Donald Trump sul fronte europeo, c’è molta apprensione per quelli che potrebbero essere i mutamenti sul fronte dell’equilibrio internazionale. Eppure, le elezioni americane si giocheranno ancora una volta principalmente sull’economia, la situazione internazionale rimane sullo sfondo.
Donald Trump vs Kamala Harris. Ambedue non sono dei parvenu, hanno la loro storia: Trump porta con sé l’esperienza come presidente, Harris eredita quella di Biden. Le due amministrazioni possono vantare risultati positivi che risentono però fortemente del contesto internazionale: Biden ha fatto meglio sul fronte del Pil, Trump su quello dell’inflazione, ambedue hanno avuto ottimi risultati sul fronte dell’occupazione, del mercato azionario e hanno però portato ad un forte incremento del debito pubblico.
I sondaggi sono molto difficili da interpretare, dipingono un paese diviso in due come non mai, un dato però sembra emergere: il leggero margine assegnato oggi a Trump (sempre entro il margine di errore) si consolida se gli elettori sono chiamati a valutare chi dei due sarà in grado di guidare meglio l’economia. Trump con le sue politiche aggressive, e spesso non ben definite, sembra toccare gli interessi degli americani più di quanto la più classica progressista Harris sembra in grado di fare. Gli esperti non sembrano invece avere dubbi, ventitré premi Nobel per l’economia hanno preso posizione questa settimana e hanno scritto nero su bianco: ‘‘L’agenda economica di Harris migliorerà la salute, gli investimenti, la sostenibilità, la resilienza, le opportunità di lavoro e l’equità della nostra nazione e sarà di gran lunga superiore all’agenda economica controproducente di Donald Trump’’ aggiungendo che la politica di Trump produrrà prezzi più elevati, un deficit pubblico più elevato e maggiore diseguaglianza. Troppo semplice sarebbe dire che gli esperti sanno il fatto loro e gli elettori sono soltanto accecati dalle promesse, andiamo a vedere i programmi per capire meglio cosa ci aspetta.
Harris e Trump sono vicini su pochi punti e distanti su molti altri. I due candidati sono accomunati dalla volontà di aumentare il budget per la difesa, gli investimenti infrastrutturali e gli incentivi per settori industriali strategici. Ambedue intendono anche porre un limite agli interscambi con la Cina, ma mentre la prima intende farlo in modo selettivo per alcune industrie ritenute strategiche (tecnologia e sicurezza nazionale) e porre restrizioni sugli investimenti in alcuni settori, Trump va oltre introducendo un dazio del 60% su tutti i beni importati dalla Cina e intende agire attivamente per scoraggiare le importazioni dalla Cina. Questo approccio verrebbe esteso a tuti i paesi con un dazio del 10-20% su tutti i beni importati e con restrizioni alle importazioni di acciaio dall’Europa. Trump intende alzare barriere commerciali proponendo anche una aliquota agevolata del 15% per le aziende che producono negli Stati Uniti. La stagione dei beni importati dalla Cina a buon mercato è messa in discussione da ambedue i candidati soprattutto riguardo a settori strategici, Harris si muove nel solco dell’amministrazione Biden, Trump propone invece (a parole) una terapia d’urto che sicuramente porterebbe ad un forte aumento dei prezzi, come sostengono i ventitré premi Nobel.
Sul fronte delle tasse, Harris propone di aumentare quelle sulle imprese, Trump di ridurle leggermente. Quanto agli individui, Trump intende confermare i tagli stabiliti nel 2017 mentre Harris intende farlo con l’esclusione di coloro che guadagnano più di 4000.000 dollari. Harris intende inoltre introdurre forme di agevolazioni fiscali per i redditi medio-bassi. C’è poco da discutere anche su questo fronte, se Trump passerà dalle parole ai fatti, il sistema di tassazione diventerà meno progressivo e ci sarà più disuguaglianza.
Sul fronte dell’assistenza sanitaria, a parole Trump ha detto di non volerla toccare ma alcune posizioni lasciano trasparire la volontà di procedere verso una sua privatizzazione. Harris vuole invece estenderla.
Ambedue hanno un programma economico espansivo, non si pongono il problema di ridurre il debito pubblico. Trump sembra non curarsi affatto delle implicazioni per le finanze pubbliche, quasi tutte le misure prevedono un aumento di spesa, Harris prevede interventi di natura redistributiva ma la portata degli aumenti di entrate non appare sufficiente per finanziare gli aumenti di spesa. In definitiva, ambedue, Trump più di Harris, porteranno ad un aumento significativo del debito pubblico.
Infine, i due candidati sono assai distanti su due temi che non hanno implicazioni dirette di spesa: Trump propone una deregolamentazione soprattutto nel mondo della finanza, di eliminare gli incentivi per l’energia verde e ne propone di nuovi per l’estrazione del petrolio; Harris è timida sul fronte della transizione verde limitandosi a voler proseguire sulla strada tracciata da Biden e intende anche rafforzare il ruolo delle autorità antitrust.
Se vince Trump, e mette in pratica quanto promesso, avremo una America isolazionista sul fronte economico, spesa pubblica, deregolamentazione interna, meno manodopera a buon mercato fornita dagli immigrati, più diseguaglianza. Come questo possa portare ad una maggiore crescita è veramente difficile da credere, l’unica possibilità è che sia fatta aumentando il debito pubblico contando sul fatto che il dollaro sia la valuta di riserva. Una strada che potrebbe avere il fiato corto visto anche il movimentismo di Cina e Russia sul fronte geopolitico. Se vince Harris avremo di fatto la prosecuzione dell’amministrazione Biden.
L’incertezza attorno a ciò che potrebbe accadere con Trump è tanta ma i mercati non sembrano preoccuparsi: i mercati non sono nervosi, l’indice di incertezza circa la politica economica è su livelli molto bassi, gli operatori finanziari sembrano fare la tara a ciò che Trump promette di fare il che potrebbe anche non essere un fatto positivo: se non fa ciò che promette, cosa farà davvero? Potrebbe esserci solo tanta inconcludenza e tanta confusione.
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