C’è tempo fino a oggi alle 12 per presentare eventuali sub-emendamenti al disegno di legge Flussi. Lo ha stabilito la Commissione Affari costituzionali della Camera, dove è in corso la discussione sul testo. Ieri intanto , fra le proposte di modifica depositate dal governo, una ingloba il cosiddetto decreto “Paesi sicuri”, assegnato per la conversione al Senato ma di fatto finora in stand-by. Inoltre sono stati dichiarati ammissibili alcuni emendamenti della Lega che prevedono una stretta ai ricongiungimenti familiari di chi viene a vivere in Italia. Di quale genere? Lo spiegano gfl stessi proponenti in una nota: «Servono nuovi requisiti come la permanenza minima di due anni e la trascrizione del matrimonio nel nostro Paese», fano sapere i deputati leghisti in commissione Igor Iezzi, Simona Bordonali, Laura Ravetto, Alberto Stefani ed Edoardo Ziello. «Anche gli alloggi devono essere idonei, rispettando le norme igienico sanitarie e con una specifica verifica sul numero degli occupanti – proseguono -. Vogliamo cambiare anche il modo di verificare il reddito minimo per i richiedenti usando il limite reddituale per il patrocinio a spese dello Stato», aggiornato ogni due anni dall’Istat.
Infine, il Carroccio punta a introdurre «la possibilità di ricongiungimento solo per il coniuge e i figli minorenni, come prevede l’Ue», perché «l’accoglienza in Italia non è una carta che si può svendere senza regole per qualche voto in più». Modifiche che non mancheranno di far discutere.
Fuori dal Parlamento, intanto, monta la protesta di sindacati e patronati, che lamentano di essere stati «esclusi dall’inoltro delle domande d’ingresso dei lavoratori stranieri e di nulla osta al lavoro». A innescare le proteste è stato un cambio procedurale comunicato da poco da due dicasteri, come racconta il presidente dell’Ital (patronato della Uil), Giuliano Zignani: «A una richiesta di chiarimento rivolta ai ministeri dell’Interno e del Lavoro – spiega – è seguita una nota informale in cui si specificava che gli Istituti di patronato non figuravano più nell’elenco dei soggetti autorizzati», disattendendo quanto «è esplicitamente previsto dal protocollo firmato nel 2007, tuttora in vigore». Se davvero fosse così, incalza Zignani, «il governo si renderebbe responsabile di una scelta grave che interromperebbe l’attività di assistenza gratuita dei patronati, garantita negli ultimi 16 anni».
Preoccupazione arriva anche da altre associazioni. «È sconcertante constatare come, nonostante il Governo sostenga di favorire la legalità, di fatto operi per scoraggiare la regolarizzazione degli immigrati nel nostro Paese, lasciando il processo di emersione nelle mani di interlocutori non vocati alla tutela», lamenta pure Paolo Ricotti, presidente del Patronato Acli, temendo che una tale mossa finisca per spalancare la strada al lavoro nero.
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