La quinta sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Carlo Zaza, ha respinto l’appello della Procura e ha confermato il provvedimento del Riesame nei confronti di 23 agenti della polizia penitenziaria resisi responsabili di torture, abuso di potere e lesioni ai danni di 3 detenuti nel carcere di Biella. In pratica i poliziotti penitenziari, di cui 4 agenti della provincia casertana (Castel Campagnano,Teano, Caserta, Sant’Angelo di Alife) su ordine del vice comandante, avrebbero schiaffeggiato, preso a calci in testa, con ginocchiate sulla schiena tre detenuti inermi, nudi e legati mani e piedi alle caviglie con nastro adesivo. Una vera e propria spedizione punitiva ai danni dei reclusi nel padiglione “Gesso” dell’istituto penitenziario ‘rei’ di aver chiesto che un loro compagno di cella venisse portato in infermeria e protestando per il mancato ascolto.
Alla luce degli episodi di violenza denunciati da uno dei tre reclusi malmenati sono state emesse nei confronti degli agenti misure cautelari tra cui quelle interdittive della sospensione dell’esercizio del pubblico ufficio di agente della polizia penitenziaria dal gip del tribunale di Biella.
Avverso tale provvedimento è stato proposto appello al Riesame del tribunale di Torino che ha riqualificato i fatti contestati facendo decadere il reato di tortura con la permanenza dei reati di lesioni e abuso di potere contro i detenuti e ha quindi revocato la misura cautelare interdittiva della sospensione dall’esercizio del servizio.
Avverso la pronuncia del Tribunale delle Libertà ha proposto ricorso la Procura Generale in Cassazione lamentando i comportamenti degli agenti come di una ‘brutale crudeltà e di inosservanza del rispetto della vita umana’ per i quali il reato di tortura era configurabile.
Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile poichè tardivo dato che è stato presentato oltre il termine dei dieci giorni previsto per il deposito.
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