Parola agli autori materiali dei furti d’auto, questa mattina, nella nuova udienza del processo a carico della famiglia Taino di Robecco d’Oglio, accusata di associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione e al riciclaggio. Storia di furti e riciclaggio di 131 autovetture e di 111 motori di auto, reati che sarebbero stati commessi tra il 2018 e il 2020 per un guadagno di circa 4 milioni di euro.
A processo ci sono Paolo Taino, il capofamiglia, difeso dall’avvocato Luca Curatti, e i figli Pietro e Filippo. L’altro figlio Aldo ha già patteggiato. Hanno già patteggiato a 3 anni e 2 mesi con sentenza passata in giudicato anche Mirko Legina e Mario Totta, un bresciano e un foggiano, i due autori materiali dei furti d’auto. Oggi in aula sono state sentite le loro testimonianze.
“Era stato Paolo Taino, nel marzo del 2019, a presentarmi Totta”, ha ricordato Legina, che ha detto di essersi tolto da un gruppo criminale dedito ad armi, droga e rapine per passare “nell’organizzazione dei Taino”.
Insieme, i due avevano rubato una ventina di auto a Brescia, Milano e Bergamo. Secondo Totta, che di anni ne ha 64, di cui 26 trascorsi in carcere, parte della refurtiva era stata consegnata a Filippo Taino. “Il padre Paolo lo conosco da 40 anni”, ha detto il testimone in aula, “e so che non sapeva che portavo le auto a Filippo. Lui era contrario, so che i figli con lui hanno litigato. Solitamente Filippo per ogni auto che gli portavo mi dava 500 euro. Si rubava ciò che si poteva rubare. Un ladro sa quale macchina può essere piazzata”.
Nell’aprile del 2021, al termine dell’operazione “Donkey”, i carabinieri avevano arrestato 12 persone che facevano riferimento alla famiglia Taino, scoperchiando un presunto giro di furti d’auto su commissione di carrozzieri e collezionisti del settore. Secondo l’accusa, succedeva così: una volta individuata l’auto richiesta, veniva approntato un piano per rubarla, monitorando gli spostamenti dei proprietari e le loro abitudini di vita. Il gruppo si sarebbe anche specializzato nell’individuare pezzi unici o rari per tipologia e palmares sportivo. Un caso emblematico era stato quello relativo al furto di una Lancia Delta integrale Martini rubata nell’ottobre 2019 da un capannone di un imprenditore della provincia di Brescia.
Diversi, secondo l’accusa, rappresentata dal pm Francesco Messina, gli step in cui si sarebbe sviluppata l’attività illecita degli imputati: i veicoli rubati sarebbero stati custoditi all’interno del magazzino della Padana Ricambi di Robecco d’Oglio dove sarebbero avvenute le operazioni di cannibalizzazione.
Le scocche e i pezzi ricavati sarebbero stati trasferiti alla Nuova Autodemolizione di Gadesco Pieve Delmona dove le scocche sarebbero state pressate e smaltite come materiale ferroso, mentre i ricambi sarebbero finiti allo stabilimento ex Citman di Pontevico insieme ai motori e ad altre parti meccaniche riciclate per poi essere venduti. Fabbrica dismessa, la Citman, ma gli inquirenti avevano notato il lucchetto. “Nuovo”.
L’indagine con protagonisti i componenti della famiglia Taino, già condannati nel corso degli anni ’90 per associazione a delinquere finalizzata a furti di auto e al riciclaggio, era nata per una casualità nel gennaio del 2020, in piena pandemia, grazie ad un tecnico di un’azienda del milanese che si era recato a Robecco d’Oglio alla ricerca di una Fiat Panda rubata.
La macchina era stata localizzata in una delle società di Paolo Taino, la Nuova Autodemolizione, grazie ad un sistema di radiofrequenza. La vettura era già stata cannibalizzata. Da lì erano partiti gli accertamenti.
“Era Paolo Taino a gestire tutto. Era lui a dare gli ordini”, avevano spiegato i carabinieri, che avevano ricordato come il capofamiglia gestisse “una serie di società create per commercializzare pezzi di ricambi, con anche un sito di e-commerce per la vendita”.
L’indagine, che si era avvalsa di numerose intercettazioni, aveva permesso di scoprire i luoghi dove gli imputati avrebbero portato avanti il loro giro di affari.
Le parti dei veicoli venivano commercializzate anche in Slovenia, Croazia e in Africa: centinaia di componenti del valore di 300mila euro erano stati trovati imballati e pronti per essere spediti alla volta del Ghana.
Si torna in aula il 25 marzo.
Sara Pizzorni
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