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Urso: rifinanziamento 200 milioni per fondo automotive. Fs vende solo rete. Emendamenti 1,2 miliardi per Ponte Messina e ripristino fond auto a rischio. La rassegna Energia #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Urso (Mimit): “Rifinanziamento del fondo automotive con 200 milioni. Fs vende solo la rete. La coperta per la Manovra è corta e rischiano gli emendamenti che chiedono 1,2 miliardi in più per Ponte Messina e il ripristino dei 4,5 miliardi per automotive. La rassegna Energia

Il fondo automotive sarà rifinanziato con 200 milioni al 2025. A dirlo è il ministro delle Imprese e del Made in Italy, che cerca di placare gli animi dopo il taglio di 4,6 miliardi di euro nei prossimi 6 anni previsto dalla Manovra. Inoltre, Urso non ha escluso un confronto con la Presidenza del Consiglio se si troverà a un accordo che dimostri «che Stellantis vuole investire in Italia in maniera concreta e significativa». Al tempo stesso, però, il ministro ha rimarcato il taglio degli incentivi, passando la palla a Bruxelles. Infatti, Urso ha chiesto “un piano automotive con incentivi alla domanda, stabili e duraturi nel tempo, con risorse comuni destinate ai consumatori europei»”. Fs pensa al “modello Terna” per la privatizzazione. La novità principale è che i nuovi azionisti privati non entrerebbero nella società che svolge i servizi di trasporti, Trenitalia ma nella rete. Fs costituirebbe una società collegata a Rete ferroviaria italiana (RFI), che gestirebbe ancora la parte di rete non privatizzata. La coperta è corta per la Manovra e il Governo è alla faticosa ricerca di nuove risorse. A farne le spese potrebbe essere l’emendamento della Lega che destina 1,2 miliardi in più al Ponte di Messina. Oggi l’esame in Commissione di Bilancio alla Camera verrà preso in esame anche la richiesta di IV di ripristinare i 4,5 miliardi per l’automotive, coperti da “misure di razionalizzazione della spesa pubblica”. La rassegna Energia.

AUTO, URSO (MIMIT): “200 MILIONI PER FONDO”. STELLANTIS: “5 MODELLI A MELFI”

“Il governo ha intenzione di rifinanziare il fondo auto, dopo il taglio drastico in manovra di 4,6 miliardi di euro nei prossimi sei anni. Ma lo stanziamento sarà solo di 200 milioni per il 2025, che si sommano ai 200 milioni annui rimasti nel fondo. «Non è nulla» denuncia la Fiom Cgil al termine del tavolo su Stellantis, che si è svolto ieri nella sede del ministero delle Imprese e del Made in Italy. «Destineremo le risorse sul fronte dell’offerta, a sostegno delle imprese, soprattutto degli investimenti della filiera dell’automotive», garantisce il ministro Adolfo Urso che chiede a Stellantis di «assumersi la responsabilità del rilancio del settore auto in Italia. Serve un piano che entri nel dettaglio di ogni stabilimento e un significativo aumento degli investimenti nel nostro Paese». Dal Mimit tengono a precisare che ai 400 milioni per il 2025 si aggiungono le economie dei precedenti piani ecobonus che ammontano ad altri 240 milioni. Inoltre è disponibile un bando ministeriale di 500 milioni per i contratti di sviluppo sulle filiere strategiche. Stellantis risponde al governo e ai sindacati con un piano industriale «solido» che prevede cinque modelli nello stabilimento di Melfi, nuovi progetti a Pomigliano e ad Atessa, mentre a Cassino la Maserati Grecale andrà oltre il 2030″, si legge su La Stampa.

Giuseppe Manca, responsabile Risorse umane di Stellantis Italia, presente al tavolo al dicastero, evidenzia che l’azienda «non intende chiudere alcun stabilimento in Italia, così come non ha nessuna intenzione di fare licenziamenti collettivi». Il responsabile delle Risorse umane però non può che constare che «lo stop degli incentivi costituisce un problema per il mercato dell’elettrico, le agevolazioni vanno riviste a livello europeo». Urso tiene il punto sul taglio degli incentivi e assicura che le risorse da rimettere sul fondo auto non saranno destinate all’ecobonus perché è un’agevolazione che «svena lo Stato e non risolve il problema». (…) L’esecutivo, insiste Urso, propone a livello europeo «un piano automotive con incentivi alla domanda, stabili e duraturi nel tempo, con risorse comuni destinate ai consumatori europei»”, continua il giornale.

“«Non chiuderemo stabilimenti in Italia e non licenzieremo», ha detto ieri Stellantis nell’incontro con il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, e con i sindacati, che però hanno chiesto di portare il confronto a un livello più alto, cioè alla presidenza del Consiglio. Cosa che Urso non ha escluso se si arrivasse a un accordo che dimostri «che Stellantis vuole investire in Italia in maniera concreta e significativa». (…) Per questo, ha aggiunto Urso, «abbiamo predisposto con il governo della Repubblica Ceca un “non paper” sull’auto che sarà discusso nel Consiglio Competitività del 28 novembre». Venerdì prossimo il ministro ne parlerà intanto nella trilaterale Italia-Francia-Germania delle associazioni nazionali di impresa e con i ministri tedesco e francese”, si legge su Il Corriere della Sera.

“Urso ha detto che, per il 2025, ai 200 milioni previsti nel Fondo automotive se ne aggiungeranno altri 200 in manovra e 240 che sono avanzati dai precedenti piani ecobonus. Ma per Fiom, Fim e Uilm non ci sono novità e serve l’intervento di Palazzo Chigi”, continua il giornale.

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ENERGIA: TRASPORTI, FS VENDE SOLO LA RETE

“Comincia a prendere una prima forma lo schema di privatizzazione delle ferrovie cui sta lavorando l’amministratore delegato di Fs, Stefano Donnarumma, per conto della premier Giorgia Meloni e del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Con una sorpresa: i nuovi azionisti privati non entrerebbero nella società che svolge i servizi di trasporti, Trenitalia, o in un suo spin off con i treni dell’alta velocità, come si era ipotizzato in un primo momento, ma nel cuore del sistema ferroviario, la rete. Fs costituirebbe un veicolo societario da uno spin off di Rete ferroviaria italiana (RFI) cui resterebbe la parte di rete non privatizzata. (…) Questo perimetro – che comunque dovrebbe essere definito nel dettaglio – consentirebbe di evitare un eccessivo zavorramento della nuova società con costi eccessivi di investimento da sostenere. E’ il “modello Terna”, quello cui pensa Donnarumma, con la tariffa di uso della rete infrastrutturale che sarebbe stabilita dall’Autorità di regolazione (in questo caso sarebbe l’Art, al posto di Arera) e pagata dalle società di trasporto che viaggiano sull’infrastruttura con i loro treni. Donnarumma ha cominciato a parlarne con Palazzo Chigi, con il Mef, con il Mit in incontri ancora riservatissimi. (…) Il patrimonio sarebbe alimentato dai trasferimenti di Rfi: certamente le linee già completate dell’Alta velocità, in particolare la Torino-Milano-Roma e l’asse est Milano-Venezia (che dovrebbero essere finite con il Pnrr a giugno 2026) e probabilmente le opere in via di completamento come la Napoli-Bari”, si legge su Il Foglio.

“Sarebbero escluse, invece, le opere che sono ancora tutte da realizzare come la Salerno-Reggio Calabria. Il vantaggio per il Tesoro sarebbe di alleggerire parzialmente il debito pubblico. Si tratta di uno schema di massima che ha ancora bisogno di molte verifiche e che non ha ancora avuto alcun via libera politico. Potrebbe entrare fra le riforme del Pnrr, ma è probabile che i tempi per assumere decisioni vincolanti siano più lunghi di quanto imporrebbe l’inserimento nel Piano europeo che, come è noto, non consente poi troppe correzioni di rotta e ripensamenti temporali. Tutto da considerare anche il complesso aspetto concorrenziale che sarà probabilmente il più interessante per Bruxelles. (…) Bruxelles vedrebbe di certo positivamente questo percorso tanto più se portasse anche a una “separazione proprietaria” che sganciasse definitivamente la holding trasportistica di Fs, capeggiata da Trenitalia e dalle Frecce, dalla proprietà della rete. Una vecchia questione più volte posta da Bruxelles e più volte discussa dalla politica italiana, senza andare mai oltre la “separazione societaria”, continua il giornale.

ENERGIA, PONTE MESSINA, LEGA: 1,2 MILIARDI IN PIU’, FDI: GIU’ IRPEF

La coperta è corta per la Manovra e il Governo è alla faticosa ricerca di nuove risorse. A farne le spese potrebbe essere l’emendamento della Lega che destina 1,2 miliardi in più al Ponte di Messina. Oggi l’esame in Commissione di Bilancio alla Camera verrà preso in esame anche la richiesta di IV di ripristinare i 4,5 miliardi per l’automotive, coperti da “misure di razionalizzazione della spesa pubblica”.

“Non basteranno le solite coperture di bilancio, spesso basate sulla riprogrammazione dei fondi, per rafforzare la manovra. La ricerca di nuove risorse da parte della maggioranza è già iniziata, ma si sta già rivelando molto faticosa con le nuove regole europee tarate sul controllo della spesa. I nuovi tagli per ottenere qualcosa da spendere devono essere fatti tra le voci che compongono la «Spesa primaria netta», che esclude ad esempio i fondi cofinanziati dalla Ue. In base a questa regola, l’emendamento della Lega che destina 1,2 miliardi in più al Ponte di Messina, che pesca dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, sarebbe a forte rischio”, si legge su Il Corriere della Sera.

“Oggi in Commissione Bilancio alla Camera i 4.562 emendamenti presentati saranno sottoposti al vaglio di ammissibilità. Alla fine, in base agli accordi, ne saranno esaminati 600, 250 della maggioranza, 320 dell’opposizione, 30 del gruppo misto. (…) Forza Italia e Noi Moderati, ad esempio, chiedono la riduzione dell’aliquota Irpef del 35 al 33%, costa 2,3 miliardi che sarebbero presi da imprecisati fondi dell’Economia. La richiesta di IV di ripristinare i 4,5 miliardi per l’automotive verrebbe coperta da «misure di razionalizzazione della spesa pubblica»”, continua il giornale.

“Molti ricorrono al taglio del Fondo per le esigenze indifferibili, come FdI per i 2 milioni di esenzione Imu per la Nuvola di Fuksas. Gli emendamenti del Pd recuperano le risorse dal taglio dei Sussidi ambientalmente dannosi, dunque coperture solide, ma politicamente indigeste. Come quelle individuate dal M5S, che punta a trovare i fondi per la sanità e le pensioni in una nuova tassa sugli extra-profitti. (…) Forza Italia e Lega propongono il silenzio assenso per il Tfr nei fondi pensione, con il dimezzamento dell’imposta sostitutiva sui rendimenti. Forza Italia ha anche proposto un ritocco alle minime, per portarlo da 3 a 7 euro in più al mese (costa 100 milioni)”, continua il giornale.



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