Nel mese di ottobre Macerata ha registrato un’inflazione dell’1,6%, la terza più alta d’Italia, dopo Bolzano e Siracusa, su una classifica che comprende 78 città monitorate dall’Istat. È quanto rileva l’Unione nazionale consumatori che ha elaborato i dati dell’Istituto nazionale di statistica, evidenziando che l’aggravio per una famiglia maceratese, su base annua, è di 322 euro. È un valore esattamente doppio a quello dell’incremento dei prezzi su base regionale, che si è fermato al + 0,8%, per un aggravio annuo di 169 euro per famiglia media marchigiana.
Le altre città delle Marche presenti nella classifica sono messe molto meglio di Macerata. Ancona ha avuto un indice di inflazione dello 0,5%, con un rincaro medio annuo a famiglia di 109 euro, mentre ad Ascoli è stato dello 0,4%, con un rincaro medio annuo a famiglia di 81 euro. Insomma, come già nelle rilevazioni dei mesi precedenti, per quanto riguarda l’aumento del costo della vita Macerata è la “maglia nera” delle Marche. La percezione dei cittadini, in realtà, è persino peggiore, soprattutto quando vanno a fare la spesa: se l’indice generale d’inflazione è cresciuto dell’1,6%, i rincari maggiori riguardano il carrello della spesa, e incide sempre di più la spesa sanitaria, visto che una quota crescente di persone, per accedere a determinate prestazioni in tempi decenti, è costretta a pagarle, sia nel pubblico che – più spesso – nel privato. È tra gli scaffali dei supermercati, nei negozi di alimentari o nei banchi del mercato, però, che da alcuni anni a questa parte c’è una continua crescita dei prezzi.
Una situazione confermata anche da un’indagine dell’Osservatorio nazionale della Federconsumatori, che ha rilevato come le famiglie tendano a risparmiare: riducendo il consumo di carne e pesce (-16,9%, con uno spostamento anche verso il consumo di tagli e qualità meno costosi e meno pregiati); cercando assiduamente offerte e sconti, acquistando prodotti prossimi alla scadenza, aumentando gli acquisti nei discount.
Ogni anno l’associazione monitora i prezzi di 100 prodotti di prima necessità. “Abbiamo confrontato – afferma sottolinea la Federconsumatori – i prezzi attuali con quelli di dieci anni fa, stilando la “top ten” dei maggiori rincari. In cima alla classifica spiccano gli elementi fondamentali della dieta mediterranea: pasta e olio. Seguono fette biscottate, riso, farina e tonno in scatola. Fortunatamente esistono anche alcuni prodotti (pochi) in controtendenza rispetto al 2014, i cui prezzi hanno registrato una discesa: i cereali da colazione, i biscotti senza lattosio e il pane in cassetta”. Comunque lo si guardi, siamo in presenza di un “quadro desolante che ben rappresenta la situazione di difficoltà in cui si trovano le famiglie, per la quale non si intravedono risposte adeguate sull’orizzonte della manovra economica, quali la rimodulazione delle aliquote Iva sui generi di largo consumo, la creazione di adeguati fondi di contrasto alla povertà energetica e alla povertà alimentare, l’avvio di misure per riequilibrare le disuguaglianze esistenti”.
Franco Veroli
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