Diciassettenne si arruola nei paracadutisti e combatte in Indocina. Ad Hanoi, distrugge un bordello durante una rissa prendendosi cinque anni di lavori forzati. L’amore con la bellunese Emilia De Sacco
Chissà quanti bellunesi alla fine degli anni ’80 avranno notato ai tavolini del Caffè Manin quell’elegante coppia di signori spesso seduti a fare colazione. Lui sulla cinquantina, vestito sartoriale a tinte chiare, bianco cappello Panama e sigaro sempre tra le labbra. Lei un po’ più giovane, altrettanto raffinata, foulard di Hermes a proteggere bei capelli biondi. Parlavano francese ma la donna, quando faceva le ordinazioni, tradiva un accento locale. Nessuno in città poteva immaginare che quell’uomo fosse uno dei banditi più ricercati al mondo. Si chiamava Albert Spaggiari e nel 1976 aveva svaligiato una banca di Nizza portandosi a casa 50 milioni di franchi, 30 milioni di euro odierni. Ma cosa ci faceva Spaggiari ai piedi delle Dolomiti? Per capirlo bisogna ripercorrere la sua vita, che definire «da romanzo» in questo caso non è retorico, basti pensare che Ken Follett l’ha narrata ne La grande rapina di Nizza, un bestseller da 200.000 copie da cui è stato tratto un film di altrettanto successo.
Le guerre
Albert Spaggiari nasce in Provenza nel 1932. Il papà è un muratore di origine emiliana, la madre ha un negozio di lingerie a Hyéres. Bert – così tutti lo chiamano – è un ragazzino irruento, inquieto, talvolta aggressivo. E molto intelligente. A sedici anni scappa di casa e se ne va in Sicilia per conoscere il bandito Giuliano, di cui ha letto sui giornali. I carabinieri lo arrestano e lo rispediscono in Francia dove entra per la prima volta nelle patrie galere. Diciassettenne si arruola nei paracadutisti e combatte in Indocina. Ad Hanoi, distrugge un bordello durante una rissa prendendosi cinque anni di lavori forzati. Durante la guerra d’Algeria si avvicina agli ambienti dell’estrema destra francese. Quando nel 1961 il generale De Gaulle visita Hyéres, Spaggiari si affaccia con un fucile dal negozio della madre per ammazzarlo. Non spara. «Non volevo creare troppi problemi a mia mamma», dirà in seguito.
La banca svaligiata a Nizza
Nel 1965 è a Nizza. Fa il fotografo e avvia un allevamento di pecore sulle alture sopra la città. Nel tempo libero legge un romanzo di Robert Pollock, un autore inglese, Loophole: come rapinare una banca. Vi si narrano le gesta di una banda criminale che svaligia un caveau bancario entrandovi dalle fogne. Si accende una lampadina. Dal maggio del 1976 lui e un’altra quindicina di complici entrano nelle condotte di depurazione del fiume Paillon e da lì risalgono le fogne di Nizza sin sotto l’edificio della Société Générale. Qui scavano un tunnel verso il caveau. Domenica 18 luglio entrano: per due giorni e tre notti aprono 371 cassette di sicurezza, prelevando denaro, lingotti, gioielli e una serie di foto pornografiche che ritraggono alcuni personaggi in vista della città. Le appendono al muro, lo stesso muro dove, prima di terminare il lavoro, lasciano una scritta: «Senza odio, senza violenza, senza armi». Lo arrestano pochi mesi dopo. Ogni mercoledì è interrogato dal giovane giudice Richard Bouazus che tenta inutilmente di estrapolargli i nomi dei complici. Mercoledì 10 marzo 1977 è una data speciale: Spaggiari ha annunciato rivelazioni clamorose. Quando Bouazus inizia con le domande, si ode il rombo di una motocicletta. In un istante Bert apre la finestra e si getta giù atterrando sul tetto di una Renault 6 da cui salta sulla moto guidata da un complice. Allontanandosi si gira per salutare il giudice e qualche giorno dopo rimborsa il padrone dell’auto per i danni subiti.
L’incontro con Emilia
Inizia una lunga latitanza in ogni angolo del globo. Un giorno, a Parigi, incontra Emilia De Sacco, una bella signora bellunese, alla quale inizialmente viene presentato come scrittore. Poi la verità emerge ma Emilia, nel frattempo, si è innamorata di Bert e accetta di ospitarlo nella sua baita di famiglia a Cesiomaggiore, in Valbelluna. Tutti in paese lo conoscono come «lo scrittore». I due vanno spesso a Venezia, a Milano e persino in Costa Azzurra. Talvolta Spaggiari, per precauzione, si traveste, anche da donna. Sembra una nuova vita, finalmente serena, ma un brutto male lo uccide l’8 giugno del 1989. Emilia trasporta il suo corpo dal Veneto a Hyéres nel retro di un camper. Lì voleva essere sepolto. «Alla giustizia regalo il mio ultimo affronto, muoio libero», aveva scritto nel testamento.
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