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La procura conferita per l’opposizione agli atti esecutivi vale anche per il successivo giudizio di merito? Quella sul precetto vale per l’opposizione?

L’avvocato può assistere il proprio cliente solo se questi gli conferisce una formale procura, cioè un mandato con cui lo delega al compimento di determinate attività per suo conto e in suo nome. Non occorre, però, che per ogni atto il legale riceva un’apposita procura: la maggior parte delle volte è sufficiente una sola firma iniziale per conferire un’ampia autorizzazione a procedere. Con il presente articolo parleremo della validità della procura sul precetto e sull’opposizione all’esecuzione. Approfondiamo la questione.

Procura sul precetto: vale anche per l’opposizione?

La procura apposta dal creditore sull’atto di precetto, con cui conferisce all’avvocato il potere di compiere tutte le attività necessarie per far conseguire, al proprio cliente, la soddisfazione del credito, dà potere allo stesso difensore a compiere, oltre agli atti del processo esecutivo in senso stretto, anche quelli relativi agli eventuali giudizi di opposizione del procedimento stesso, non solo per il primo grado, ma anche per l’appello.

Ciò in deroga alla norma del codice di procedura civile [1] secondo cui la procura speciale si presume conferita per un determinato grado del processo se non è espressa una volontà diversa. È quanto ricordato dalla Cassazione [2].

Da questo principio discende un corollario altrettanto importante: qualora la procura sia stata

conferita espressamente per il giudizio di opposizione, sia la procura che l’elezione di domicilio conservano validità per tutto il corso del giudizio, dalla fase dinanzi al giudice dell’esecuzione sino alla successiva fase del giudizio di merito e, qualora si tratti di “opposizione all’esecuzione” o “di terzo”, anche per il grado di appello.

Il collegamento tra l’opposizione e il giudizio di merito

La riforma dell’ormai lontano 2006 [3] ha rimodulato il giudizio di opposizione agli atti esecutivi introdotto dopo l’inizio dell’esecuzione, configurandone una struttura con due fasi:

  • si prevede infatti una prima fase davanti al giudice dell’esecuzione, che si svolge con rito camerale e si conclude con l’ordinanza che sospende la procedura oppure dà i provvedimenti indilazionabili, comunque non idonea al giudicato;
  • scatta poi una successiva fase di merito dinanzi al giudice competente che non è condotta dal giudice dell’esecuzione in quanto tale, poiché si svolge con il rito ordinario di cognizione; si tratta di una fase esterna al processo esecutivo, che si conclude con sentenza idonea al giudicato.

La prima fase, quella davanti al giudice dell’esecuzione

[4], è necessaria tanto che il ricorso va proposto dinanzi al giudice dell’esecuzione, ma delimita e condiziona anche il giudizio di merito. In ogni caso è il giudice dell’esecuzione che fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito, così attuando il collegamento tra le due fasi.

Alla luce di ciò, il processo di opposizione agli atti esecutivi, pur essendo diviso in due fasi, conserva comunque un carattere unitario, il che rende sufficiente (e necessaria) una sola procura.

La procura per il giudizio di cognizione vale anche per l’esecuzione forzata?

Secondo il pacifico orientamento della Suprema Corte [5], la procura alle liti rilasciata per il giudizio di cognizione vale anche per l’esecuzione forzata.

Per i giudici, la procura rilasciata al difensore per il giudizio di cognizione deve essere intesa come volta non solo al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, ma anche all’attuazione concreta del comando giudiziale attraverso l’esecuzione forzata laddove manchi la spontanea ottemperanza della controparte.

In buona sostanza, l’avvocato che vuole mettere in esecuzione una sentenza favorevole al proprio cliente può tranquillamente notificare il precetto anche senza aver ricevuto un mandato ad hoc.

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