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Il tribunale di Bari ha reso note le motivazioni della sentanza con la quale, lo scorso primo marzo, l’ex amministratore unico di Ferrovie Sud Est, Luigi Fiorillo, è stato condannato a dieci anni di reclusione. Secondo i giudici, è stata provata la sua responsabilità nel reato di bancarotta fraudolenta.

“E’ provata oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità di Fiorillo per il reato di bancarotta fraudolenta”. Lo scrive il tribunale di Bari nelle motivazioni della sentenza con la quale, lo scorso primo marzo, l’ex amministratore unico di Ferrovie Sud Est è stato condannato a dieci anni di reclusione per il reato di bancarotta fraudolenta e per alcuni episodi di distrazione e dissipazione del patrimonio societario, avvenuti fra il 2001 e il 2010.

Secondo la Procura, le condotte di Fiorillo hanno portato al crac da 230 milioni della società. Per i giudici “le giustificazioni addotte nelle note integrative dei bilanci di esercizio” hanno tradito “in maniera definitiva il falso in bilancio”. Il tribunale ha sottolineato, in particolare, l’importanza del bilancio 2010 evidenziano che “in quell’occasione, il periodo di ammortamento dei software improvvisamente è stato raddoppiato e questa anomala circostanza è stata giustificata non alla luce di un’analisi critica sull’utilizzo del software, ma in virtù di nuovi (e non meglio precisati) accordi con le società fornitrici”.

Oltre a Fiorillo, il Tribunale ha condannato a quattro anni e mezzo Ferdinando Bitonte, gestore di alcune società che avrebbero contribuito alla distrazione di 53 milioni di euro da Fse; a quattro anni l’avvocato Angelo Schiano per la distrazione di 27 milioni di euro dal patrimonio di Fse, e l’ex dirigente di Fse Francesco Paolo Angiulli. L’ex dipendente Nicola Di Cosola è stato infine condannato a due anni (con pena sospesa) per un episodio di dissipazione del patrimonio societario. Gli altri otto imputati sono stati tutti assolti per gli episodi di dissipazione a loro contestati.

I legali di Fiorillo hanno confermato l’intenzione di ricorrere in appello.

 

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