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La presente guida vuole spiegare cos’è un precetto, che tipi di effetti produce, quali requisiti deve avere la notifica, e quali rimedi è possibile adottare contro un atto di precetto. Si affronterà l’esame poi di alcune forme particolari di precetto, come quelle contro la Pubblica Amministrazione, e quelle del precetto su cambiale ed assegno, o su sentenza, informando sugli ultimi sviluppi giurisprudenziali. 

1. Che cos’è l’atto di precetto

Il precetto è l’atto con il quale il creditore intima al proprio debitore di adempiere in suo favore l’obbligo contenuto nel titolo esecutivo, dandogli avviso che in caso di mancato adempimento, procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti.

Prima di ricevere un precetto, il debitore si è visto recapitare altre intimazioni di pagamento, contenute in atti stragiudiziali (come la raccomandata o la pec di messa in mora) e giudiziali, (come l’ordine di pagamento contenuto nel decreto ingiuntivo, nella sentenza di condanna etc..); talora ha provveduto dopo i primi avvisi, a pagamenti parziali del credito. Ma l’atto di precetto è l’ultima “chiamata”. Essa contiene l’attualizzazione del credito, ovvero precisa la somma esattamente dovuta, al netto di eventuali parziali pagamenti nel frattempo intervenuti, e comprensiva degli interessi sul credito nel frattempo maturati, e delle spese che il creditore ha sostenuto dopo l’emissione del titolo esecutivo. Il precetto specifica anche chi sono le parti attualmente interessate all’obbligo, creditore e debitore, che dopo l’emissione del titolo esecutivo, potrebbero essere mutate ad esempio in ragione di una successione nel diritto di credito.

La giurisprudenza è pressoché unanime nel qualificare il precetto come atto stragiudiziale, preliminare all’esecuzione, in quanto destinato esclusivamente al debitore e non ad un giudice e finalizzato a richiedere l’adempimento alla totalità dell’obbligo, prima che il creditore proceda all’esecuzione forzata. Parte prevalente della dottrina propende invece per la natura giudiziale del precetto, assimilandone la funzione a quella dell’atto di citazione, cioè di un atto introduttivo di un processo. Infatti, anche il precetto, come la citazione, individua esattamente l’azione che il creditore intende esercitare e l’oggetto della stessa, e la sua notifica produce l’effetto di dare inizio al processo esecutivo. A sostegno di questo secondo orientamento, propende anche la lettura dell’art. 2943 c.c., (che individua gli atti che producono l’interruzione della prescrizione del diritto), il quale fa espresso riferimento ad “ogni atto introduttivo di un giudizio”, compreso quello “esecutivo”: l’atto introduttivo del giudizio esecutivo, ad avviso della dottrina non può che essere individuato nell’atto di precetto.

Come si vedrà anche in seguito, il differente inquadramento non è solo una disquisizione teorica, ma ha delle conseguenze importanti di carattere pratico. Una prima differenza per esempio emerge a riguardo della necessità che l’atto di precetto sia redatto o meno da un avvocato. Secondo l’orientamento dottrinale che lo qualifica come atto processuale, è indispensabile l’assistenza tecnica del difensore, munito di procura. La giurisprudenza invece, qualificandolo come atto stragiudiziale, ritiene che il precetto possa essere validamente formato e notificato anche dal creditore interessato o da un suo rappresentante sostanziale. L’avvocato che ha ricevuto la procura per la presentazione del precetto, agisce in virtù di rappresentanza sostanziale e non processuale, e comunque, la mancanza di procura nell’atto di precetto, non determina la nullità dello stesso, essendo sufficiente per la sua validità la sottoscrizione del creditore (Cass. 8213/2012)

2. Contenuto dell’atto di precetto

L’art. 480 c.p.c. definisce il precetto come “l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, entro un termine non minore di dieci giorni, salva l’autorizzazione di cui all’art. 482, con l’avvertimento che, in mancanza si procederà ad esecuzione forzata”.

Pertanto l’atto di precetto dovrà contenere necessariamente l’intimazione, l’indicazione del titolo esecutivo da cui scaturisce l’obbligo del debitore, la previsione di un termine entro il quale adempiere all’obbligo, e l’avvertimento della imminente esecuzione forzata in caso di mancato adempimento entro il termine.

L’obbligo da adempiere deve essere chiaramente indicato, proprio per consentire al debitore l’adempimento esatto. Generalmente l’adempimento consiste in un obbligo di fare (ad esempio, l’obbligo di demolire una costruzione illegittima), o in un obbligo di rilascio  di un bene (si pensi all’immobile in locazione), o nella consegna di un bene, oppure nell’obbligo di pagare una determinata somma.

La somma dovuta deve essere esattamente indicata, comprendendo gli interessi, le spese successive, gli acconti eventualmente già corrisposti da scorporare dal totale dovuto, la rivalutazione monetaria. Se però il creditore indica una somma più alta di quella dovuta, il precetto non è nullo, ma il debitore potrà proporre atto di opposizione all’esecuzione (ai sensi dell’art. 615 c.p.c.) per far valere l’errore e determinare l’esatta somma dovuta. Se invece mancasse del tutto l’indicazione della somma, allora il precetto sarebbe affetto da un difetto di regolarità formale, ed il vizio andrebbe fatto valere con l’opposizione agli atti esecutivi  (ai sensi dell’art. 617 c.p.c.).

L’avviso dell’imminente esecuzione forzata non deve necessariamente indicare che tipo di esecuzione il creditore intende intraprendere (esecuzione immobiliare, o presso terzi, oppure sui conti correnti o sui beni mobili del creditore). Se poi l’avvertimento dell’esecuzione mancasse del tutto,  ciò non sarebbe comunque causa di nullità del precetto, perchè la sua essenza ed i suoi effetti sono comunque previsti dalla legge.

L’art. 480 c.p.c. stabilisce invece dei contenuti dell’atto di precetto, la cui mancanza ne determina la nullità.

Indispensabile è l’indicazione “attualizzata” delle parti, ovvero del creditore o dei creditori intimanti e del debitore o dei debitori intimati, che come abbiamo detto, possono mutare rispetto al momento in cui è stato emesso il titolo esecutivo, in caso di successione nel diritto azionato (si pensi agli eredi che subentrano nei diritti del de cuius, alla curatela fallimentare che subentra nei diritti della società fallita etc.).Si tenga presente tuttavia che in tema di nullità vige il principio del raggiungimento dello scopo, secondo il quale la nullità di un atto resta sanata se latto ha raggiunto lo scopo per il quale era preordinato. Pertanto la mancata esatta individuazione del debitore, rimane sanata se quest’ultimo propone l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, perchè evidentemente ha avuto conoscenza del fatto che l’intimazione fosse a lui destinata.

È sanzionata con la nullità anche la mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, (a meno che il titolo, non sia notificato insieme allo stesso precetto).In modo estensivo la giurisprudenza ha ritenuto la nullità anche nel caso in cui non sia indicato nel precetto il provvedimento che ha reso esecutivo il titolo, (è il caso della mancata indicazione della formula di esecutività del decreto ingiuntivo, cass. 4649/2006). Si è altresì ritenuto che l’opposizione del debitore finalizzata a far valere la nullità per mancata indicazione della data di notifica del titolo esecutivo, non comporti la sanatoria della nullità stessa, trattandosi di requisito formale indispensabile (Cass. 22510/2014).

Ci sono casi in cui la legge prescrive l’integrale trascrizione del titolo esecutivo nell’atto di precetto. In tali casi, l’omessa trascrizione costituisce causa di nullità del precetto. E’ per esempio il caso dell’accordo raggiunto mediante negoziazione assistita, o a seguito di mediazione civile e commerciale (D.l. 132/2014 art. 5 comma 2 bis e art. 12 comma 1), i quali hanno natura di titoli esecutivi, ma devono essere integralmente riportati nell’atto di precetto. Non è sufficiente trascrivere interamente il titolo esecutivo all’interno dell’atto di precetto, ma è necessario anche che l’ufficiale giudiziario certifichi la conformità della trascrizione al titolo esecutivo originale.

Il D.l. 83/2015 ha introdotto un altro contenuto del precetto, la cui mancanza è sanzionata espressamente dalla nullità. Esso consiste nell’avviso al debitore che può porre rimedio alla propria situazione di sovraindebitamento, avvalendosi dell’ausilio di un organismo di composizione della crisi, o di un professionista nominato dal giudice, e concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

La norma inoltre prevede che sia indicata la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante, nel comune in cui ha sede il giudice competente l’esecuzione. Per individuare il giudice competente si fa riferimento all’art. 26 c.p.c.: quandol’esecuzione ha ad oggetto beni immobili, o beni mobili del debitore, è competente il giudice del luogo in cui si trovano i beni; se l’esecuzione ha ad oggetto obblighi di fare o di non fare, sarà competente il giudice del luogo in cui l’obbligo deve essere adempiuto, se invece l’espropriazione ha ad oggetto crediti, è competente il giudice del luogo dove il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.Pertanto, come ha chiarito la Corte Costituzionale, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio non sono una scelta libera del creditore, ma sono ancorati ad uno dei comuni in cui si trovano i beni del debitore o dove va adempiuto l’obbligo, o dove si trova il debitore. La mancanza di tale indicazione, non è prevista a pena di nullità, ma ha la conseguenza di spostare la competenza del giudice dell’opposizione al precetto davanti al giudice del luogo in cui il precetto sarà notificato, e la parte istante che non ha dichiarato la residenza o il domicilio, riceverà le notificazioni della fase esecutiva presso la cancelleria del giudice del luogo in cui ha notificato il precetto.

Infine il contenuto dell’atto di precetto non può prescindere dalla sottoscrizione del creditore intimante, sia dell’originale del precetto che delle copie da notificare. La mancanza della sottoscrizione determina l’inesistenza dell’atto o la nullità insanabile. (v. par. 1 sulla necessità o meno della procura al difensore).

Nessuna conseguenza è prevista per il caso in cui il precetto non indichi il termine di giorni dieci per l’adempimento, non essendo considerato un requisito per la validità dello stesso. Però in ogni caso il creditore non potrà validamente instaurare l’esecuzione, mediante notifica del pignoramento, prima che il predetto termine sia interamente decorso.

3. Notifica dell’atto di precetto

Il precetto, completo dei contenuti sopra descritti, deve essere notificato al debitore, insieme al titolo esecutivo.

Il creditore, anche personalmente, consegna all’ufficiale giudiziario copia autentica del precetto e del titolo esecutivo, salvo i casi in cui il titolo esecutivo sia stato notificato prima del precetto. Se i debitori sono più di uno, andranno consegnati tanti precetti e tante copie autentiche del titolo esecutivo, quanti sono i debitori.

La notificazione può essere eseguita dall’ufficiale giudiziario “a mani proprie” del destinatario (art. 138 c.p.c.), presso la sua abitazione o dovunque lo trovi, all’interno della circoscrizione di compentenza dell’ufficiale giudiziario. Se il destinatario rifiuta di ricevere l’atto, l’ufficiale giudiziario dà atto del rifiuto nella relazione, ma la notifica si intende comunque eseguita a mani proprie, dando luogo ad una presunzione legale di conoscenza dell’atto. La presunzione è finalizzata ad evitare che un rifiuto privo di valida giustificazione possa impedire il perfezionamento della notifica ed il prodursi dei suoi effetti.

La notifica può anche essere effettuata dall’ufficiale giudiziario, consegnando l’atto presso la residenza del debitore (art. 139 c.p.c.), o presso la sede dell’impresa o il luogo di lavoro dello stesso, ed è validamente perfezionata anche se l’atto viene ricevuto da persona di famiglia del debitore, dall’addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda, oppure in mancanza, al portiere o al vicino di casa. L’ordine delle persone che possono validamente ricevere l’atto deve essere rispettato, pena la nullità della notifica, per cui non è possibile consegnare l’atto al portiere senza aver prima verificato la presenza di persona di casa che avrebbe potuto riceverlo. Quando la notifica avviene nelle mani del portiere o del vicino di casa,l’ufficiale giudiziario deve inviare all’interessato raccomandata dell’avvenuta consegna, e la notifica si perfeziona per il creditore notificante al momento in cui ha consegnato l’atto all’ufficiale giudiziario. In caso di incertezza sul luogo dell’effettivo domicilio del debitore, è valida la notifica effettuata all’ultima residenza anagrafica.

Nel caso infine in cui il luogo di residenza domicilio o dimora del debitore sia noto, ma non sia stato possibile consegnare il precetto ad alcuna delle persone sopra indicate, l’ufficiale giudiziario fa ricorso alla procedura prevista dall’art. 140 c.p.c., affiggendo avviso alla porta del debitore dell’avvenuto deposito della notifica in Comune, ed inviando avviso al debitore del deposito presso la casa comunale anche mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Per il creditore notificante, la notifica del precetto si perfeziona al momento della consegna all’ufficiale giudiziario, invece per il debitore si perfeziona dal momento del ricevimento della raccomandata informativa, e comunque trascorsi dieci giorni dalla stessa (C.Cost sent. 3 del 2010).

La notifica alla persona giuridica, ad esempio una società, deve essere eseguita presso la sede della stessa (art. 145 c.p.c.). Un quesito che si è posto nella pratica è se sia sufficiente la notifica del precetto e del titolo esecutivo all’amministratore di condominio, quando il creditore intenda procedere al pignoramento solo nei confronti di un condomino, e analogamente se sia sufficiente la notifica al legale rappresentante della società quando il creditore intenda procedere contro il singolo socio. La giurisprudenza ha ritenuto necessario che il singolo condomino (e lo stesso vale per il singolo socio) sia portato a conoscenza personalmente del precetto e del titolo esecutivo, previa notifica degli stessi a lui personalmente indirizzata, in modo da consentirgli la conoscenza effettiva del debito e la possibilità di contestare con l’opposizione all’esecuzione, la sua qualità di condomino, o la sua responsabilità per l’obbligazione del condominio (Cass. 8150/2017).

Il destinatario della notifica del precetto non coincide sempre con il debitore identificato nel titolo esecutivo. Si possono avere infatti casi in cui, dopo l’emissione del titolo esecutivo si sia verificata una successione nel diritto. E’ il caso ad esempio in cui il debitore contro cui si è formato il titolo esecutivo, sia deceduto prima dell’inizio dell’esecuzione,  ed al suo posto siano subentrati gli eredi. In questo caso, non sarà possibile notificare agli eredi il precetto insieme al titolo esecutivo, ma si dovrà procedere prima alla notifica del titolo esecutivo, e dopo un congruo lasso di tempo, del precetto.  L’art. 477 c.p.c. prevede che se la notifica del precetto agli eredi avviene entro un anno dalla morte del decuis, sia possibile eseguirla nel domicilio di quest’ultimo, anche se non sono compiutamente identificati i singoli eredi e non sono conosciute le loro generalità. Trascorso l’anno dalla morte, (e decorso l’obbligo di presentare la denuncia di successione), i nomi degli eredi sono conoscibili ai terzi, pertanto la notifica del precetto dovrà avvenire presso gli eredi, nuovi debitori, compiutamente identificati.

In ogni caso la notifica deve sempre essere indirizzata personalmente alla parte interessata, non essendo valida ad esempio la notifica nelle mani del difensore che ha assistito il debitore nel giudizio di cognizione. Questa precisazione è da tenere presente soprattuto a seguito dell’abrogazione dell’art. 479 comma 2 (avvenuta con D.l. 14.05.2005 n. 80), che ha escluso la possibilità di notificare la sentenza come titolo esecutivo al procuratore costituito della parte.

Generalmente la notifica del solo atto di precetto, senza che sia stato notificato il titolo esecutivo, costituisce causa di nullità della notifica, da far valere tramite opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).

Fa eccezione a questa regola la previsione di cui all’art. 654 comma 2 c.p.c. La norma si riferisce ai decreti ingiuntivi non provvisoriamente esecutivi, ma che lo divengono in seguito al decorso del termine di quaranta giorni per presentare opposizione, e che pertanto vengono muniti di formula esecutiva,  non al momento della loro emissione, ma solo dopo il decorso del termine per l’opposizione. In questo caso, il debitore ha già avuto conoscenza del decreto ingiuntivo che gli è stato notificato proprio al fine di consentirgli di proporre opposizione nel termine di quaranta giorni; per questo motivo, non è necessario che il decreto sia notificato nuovamente insieme al precetto, ma è necessario e sufficiente che nel corpo del precetto siano chiaramente indicate: la data ed il provvedimento che ha disposto l’esecutorietà del decreto ingiuntivo e la menzione della formula esecutiva.

La previa notifica del precetto e del titolo esecutivo non è necessaria nei casi previsti espressamente dalla legge, fra i quali ad esempio il caso della conversione del sequestro conservativo in pignoramento (art. 686 c.p.c.).

In tema di notifica, occorre inoltre soffermarsi brevemente sulla possibilità per l’avvocato di notificare in proprio il precetto ed il titolo esecutivo, mediante la notifica telematica. La notifica telematica, disciplinata dalla L. 183/2011, è una estensione della facoltà, già prevista dalla L. 53/1994, di effettuare notifiche in proprio mediante servizio postale. La notifica telematica avviene attraverso l’utilizzo del servizio di posta elettronica certificata, ed equivale alla notifica effettuata dall’ufficiale giudiziario. Il grande vantaggio della notifica telematica, è che essa non è soggetta ai limiti territoriali di competenza dell’ufficiale notificatore. Il limite invece è costituito dal fatto che anche il debitore intimato deve essere in possesso di una casella di posta elettronica certificata dove recapitare la notifica.

L’avvocato che intende effettuare la notifica telematica del precetto e del titolo esecutivo:

  • deve essere in possesso di una casella pec comunicata al consiglio dell’ordine e iscritta nei pubblici registri, nonchédi un dispositivo di firma digitale non scaduto e funzionante;
  • deve essere munito di procura ex art. 83 c.p.c., che va allegata all’atto di precetto nel caso inla procura non sia già contenuta nel fascicolo del processo e conoscibile al debitore dagli atti del precedente giudizio (come ad esempio nel caso di precetto su sentenza). La procura firmata dal cliente e autenticata dal difensore, deve essere scansionata, e firmata digitalmente dal difensore. Poiché non è più redatta in calce o a margine del precetto, ma su foglio separato, essa deve contenere esplicito e chiaro riferimento al procedimento per il quale viene conferita. L’avvocato domiciliatario della causa, non può invece notificare in proprio, in quanto appunto sprovvisto di procura ex art. 83 c.p.c.;
  • deve verificare che l’indirizzo pec del destinatario sia contenuto in uno dei registri pubblici (registro imprese, reG.In.dE, Ini-pec, registro PP.AA.

Il precetto viene creato in formato nativo digitale (word, openoffice, libreoffice) e convertito in pdf; (sulle specifiche tecniche si veda D.M. 16.04.2014. Inoltre il precetto dovrà essere firmato digitalmente, con firma Cades-bes o Pades-bes. Essendo un documento nativo digitale, non è necessaria alcuna attestazione di conformità dello stesso.

Deve essere predisposta la relata di notifica, (con tutti i contenuti espressamente indicati all’art. 3 bis della L. 53/1994) anch’essa come documento nativo digitale, convertito in pdf e sottoscritto digitalmente.

Se all’atto di precetto si deve unire anche il titolo esecutivo (decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo munito di formula esecutiva, o sentenza munita di formula esecutiva etc..), occorre scansionare il documento cartaceo in formato pdf immagine e attestarne la conformità all’originale analogico. L’attestazione di conformità del titolo (art. 16 undecies D.L. 179/2012 e Art. 19 ter, comma 3 Provv. 16/4/2014 come introdotto dallart. 1 decreto 28/12/2015 in vigore dal 09.01.2016, deve essere contenuta nella relata di notifica;

A questo punto si procederà ad inviare la pec allegando: il precetto nativo digitale, sottoscritto; la relata di notifica con attestazione di conformità del titolo esecutivo, anch’essa nativa digitale e sottoscritta; la procura scansionata per immagini in formato pdf;infine il titolo esecutivo scansionato in formato pdf.

Nell’oggetto della pec deve essere inserita la dicitura notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”.

Dopo l’invio va conservata copia informatica della ricevuta di consegna completa.

La notifica si perfeziona per il creditore notificante con il messaggio di “ricevuta di accettazione” della pec; per il debitore notificato con il ricevimento del messaggio di “ricevuta di consegna” (art.  3 bis comma 3 L. 53/94).

(Prima di procedere alla notifica a mezzo pec è sempre opportuno che il legale verifichi le ultime evoluzioni normative, in merito alle modalità o alle specifiche tecniche, trattandosi di materia in rapida evoluzione).

4. Effetti della notifica del precetto

Il precetto è un atto recettizio, e la produzione dei suoi effetti si verifica solo al momento del perfezionamento della notifica, quando l’atto entra nella sfera di conoscenza del debitore.

Da quel momento decorrono i dieci giorni di tempo per consentire l’adempimento spontaneo del debitore. Decorso inutilmente tale termine, il creditore è libero di introdurre la procedura esecutiva.

Ulteriore importante effetto dell’atto di precetto è quello di interrompere la prescrizione del diritto di credito. L’art. 2943 c.c. stabilisce che l’interruzione della prescrizione del diritto avviene a seguito di un’iniziativa del titolare del diritto, manifestata attraverso l’atto di introduzione di un giudizio (di cognizione, conservativo o esecutivo), oppure attraverso la proposizione dell’arbitrato o infine mediante l’atto di costituzione in mora del debitore.

L’interruzione della prescrizione può essere a carattere istantaneo o permanente. L’art. 2945 c.c. prevede che gli atti introduttivi di un giudizio, determinino l’interruzione permanente della prescrizione, che resta sospesa per tutta la durata del giudizio, fino alla pronuncia della sentenza. Viceversa, gli atti stragiudiziali, come ad esempio l’atto di messa in mora, interrompono la prescrizione con effetto istantaneo; quindi dopo la notifica dell’atto interruttivo della prescrizione inizia subito a decorrere un nuovo periodo di prescrizione.

Il diverso inquadramento sulla natura giuridica dell’atto di precetto, che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato, esercita importanti conseguenze anche in tema di prescrizione del diritto.

Se infatti si aderisce all’orientamento dottrinale, che qualifica l’atto di precetto come atto introduttivo del processo esecutivo, la notifica del precetto interrompe la prescrizione con effetti permanenti fino all’esito del giudizio esecutivo. Al contrario, seguendo il consolidato orientamento giurisprudenziale, che considera il precetto quale atto di carattere stragiudiziale, la notifica del precetto interrompe il decorso della prescrizione del diritto con effetto istantaneo, e subito dopo la notifica del precetto inizia a decorrere immediatamente un nuovo periodo di prescrizione del diritto. (Cass. 7737/2007, Cass. 19738/2014, Cass. 10308/2020).









5. Precetto nei confronti della P.a.

Il precetto nei confronti di una Pubblica Amministrazione deve essere notificato direttamente a quest’ultima e non presso l’Avvocatura dello Stato. Infatti, la funzione di rappresentanza e di domiciliazione legale dell’Avvocatura dello stato è limitata alla sola attività giudiziale (art. 11 r.d. n. 1611/1933 e Cass. 8071/2009)

La notifica della sentenza esecutiva all’avvocatura dello Stato provoca il solo effetto di far decorrere il termine per l’impugnazione della sentenza, ma non realizza la finalità di una notifica a fini esecutivi. Pertanto, il precetto su sentenza, dovrà essere notificato unitamente al titolo esecutivo (sentenza di condanna munita della formula esecutiva) direttamente alla Pubblica Amministrazione, anche se il difensore ha già notificato la sentenza all’Avvocatura dello Stato.

La notifica del precetto nei confronti della Pubblica Amministrazione è sottoposta poi ad un termine speciale, di centoventi giorni, decorrenti dalla notifica del titolo esecutivo (art. 14 D.l. 669/1996). Il predetto termine, secondo la giurisprudenza, ha la funzione di di conferire efficacia al titolo esecutivo, per cui, la notifica del precetto che avvenisse in violazione del predetto termine, comporterebbe l’inefficacia del titolo esecutivo, e quindi la possibilità per la Pubblica Amministrazione di presentare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) (Cass. 7360/2009). Il divieto di notifica del precetto prima del decorso dei centoventi giorni, comporta l’inefficacia del titolo esecutivo solo nel caso in cui la P.A. sia debitrice, ma non nel caso in cui essa sia il terzo pignorato (Cass. 25567/2011). 

6. Esonero dal termine

Il precetto assegna al debitore un termine per l’adempimento, decorso il quale può avere inizio l’esecuzione forzata. Il termine previsto dalla legge (art. 482 c.p.c.) è di dieci giorni che decorrono dalla data di notifica del precetto. La mancata indicazione, nell’atto di precetto, del termine di dieci giorni, non comporta la nullità del precetto, ma impedisce comunque al creditore di intraprendere l’esecuzione, prima che i dieci giorni siano spirati. Pertanto, l’atto esecutivo (es. pignoramento immobiliare) intrapreso dopo il precetto ma prima dello spirare del termine, è affetto da nullità che può essere fatta valere con l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).

Se il creditore ha indicato nel precetto un termine più lungo del termine minimo legale di dieci giorni, egli è vincolato al termine da lui previsto.

Il termine di dieci giorni, non ha natura processuale, pertanto non è soggetto alla sospensione feriale dei termini.

Vi sono tuttavia dei casi di urgenza, in cui il creditore può chiedere al giudice di essere esonerato dal termine, e procedere immediatamente all’esecuzione forzata.

La richiesta assume la forma del ricorso e deve essere presentata al Presidente del Tribunale competente per l’esecuzione.

La pronuncia che autorizza l’esonero dal termine, assume la forma del decreto ed è pronunciato inaudita altera parte, senza alcun contraddittorio quindi con il debitore intimato.

Normalmente la richiesta viene presentata prima di procedere alla notifica del precetto, ed il decreto che autorizza l’esonero del termine, deve essere apposto in calce al precetto per essere reso immediatamente conoscibile al debitore.

L’ufficiale giudiziario che procede alla notifica del precetto, deve trascrivere in calce al precetto, il decreto che autorizza l’esonero dal termine. L’omessa trascrizione del decreto, legittima il debitore a presentare opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.. Tuttavia l’omessa trascrizione non costituisce motivo di nullità del precetto, se il decreto di esonero dal termine è allegato in copia al precetto stesso (Cass.10835/2007).

A fondamento della richiesta di autorizzazione all’esonero del termine devono sussistere esigenze di “pericolo nel ritardo”, che dovranno essere adeguatamente documentate dal creditore istante. In particolare il creditore dovrà documentare il pericolo che il debitore nella pendenza del termine dilatorio di dieci giorni possa sottrarre od occultare i suoi beni soggetti ad esecuzione.

L’eventuale rigetto dell’autorizzazione non è impugnabile, tuttavia è possibile ripresentare l’istanza.

Invece il debitore che si vede recapitare l’atto di precetto munito del decreto di esonero del termine, e ritiene illegittima l’urgenza e insussistenti gli elementi di pericolo nel ritardo,oppure incompetente il Giudice che ha emesso il decreto, può presentare opposizione agli atti esecutivi (art. 671 c.p.c.),

7. Termine di Efficacia

Il precetto è un atto preliminare all’esecuzione, e deve essere seguito dall’inizio della procedura esecutiva, entro novanta giorni dalla sua notifica. Decorso il predetto termine, senza che l’esecuzione sia iniziata, il precetto perde efficacia (art. 481 c.p.c.).  Il termine di novanta giorni è pertanto di un termine perentorio e non prorogabile. Ciò comporta che, se il primo atto dell’esecuzione viene eseguito dopo che sono scaduti i novanta giorni dalla notifica del precetto, il debitore potrà far valere la perdita di efficacia del precetto con l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.).

Tuttavia, la giurisprudenza ha precisato che per impedire la perdita di efficacia del precetto è sufficiente il compimento anche parziale dell’atto esecutivo, ad esempio nel caso in cui il pignoramento sia stato notificato al terzo esecutato nei novanta giorni, ma la notifica al debitore non sia ancora andata a buon fine, oppure nel caso in cui il pignoramento immobiliare sia stato notificato, ma non sia ancora stato trascritto.

Nel caso di esecuzione immobiliare e di esecuzione presso terzi, il creditore entro novanta giorni dalla notifica del precetto dovrà introdurre l’atto di  pignoramento cui all’art. 555 c.p.c. e quello di cui all’art. 543 c.p.c.. L’inizio dell’esecuzione per rilascio avviene invece con la notifica all’intimato da parte dell’ufficiale giudiziario, dell’avviso di lasciare l’immobile. Nell’esecuzione mobiliare e nell’esecuzione per consegna di cosa mobile, il pignoramento inizia mediante accesso ai luoghi in cui le cose si trovano.

Se il pignoramento ha esito negativo però, occorrerà notificare un nuovo atto di precetto, in quanto non è sufficiente ad interrompere il decorso dei novanta giorni la semplice richiesta di pignoramento all’ufficiale giudiziario, ma è necessario anche l’esito positivo del pignoramento.

La perdita di efficacia del precetto non impedisce comunque al creditore di rinnovarlo in qualsiasi momento, mediante nuova notifica del medesimo precetto al debitore. Tuttavia, la rinnovazione del precetto per perdita di efficacia, non consente al creditore di richiedere nel nuovo precetto le spese legali relative al precetto decaduto.

L’opposizione del debitore contro il precetto (sia l’opposizione agli atti esecutivi che l’opposizione all’esecuzione) interrompe il termine di perenzione del precetto, fino al termine del giudizio di opposizione. Ciò comporta che il creditore, nelle more dell’opposizione, possa comunque introdurre l’esecuzione forzata.

Anche il termine di novanta giorni, non è soggetto alla sospensione dei termini feriali del mese di agosto, in conformità all’orientamento giurisprudenziale che qualifica il precetto come atto non giudiziale.

8. Opposizione al precetto

Lo strumento a disposizione del debitore per difendersi da una esecuzione infondata, o per far valere i vizi del precetto e della sua notifica, è quello dell’opposizione.

Si distinguono in proposito le opposizioni all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) dalle opposizioni agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.). Dinanzi alla notifica del precetto e del titolo esecutivo, il debitore dovrà distinguere: se le sue contestazioni hanno ad oggetto il diritto del creditore a procedere ad esecuzione, dovrà utilizzare l’opposizione all’esecuzione, se invece egli ritiene non corrette le modalità con cui ha è stata introdotta l’esecuzione, dovrà esperire l’opposizione agli atti esecutivi.

L’opposizione all’esecuzione (615 c.p.c.) ha lo scopo di contestare il diritto del creditore a procedere all’esecuzione, l’inesistenza o la modificazione del diritto riconosciuto nel titolo esecutivo, oppure ancora l’ammissibilità giuridica della pretesa coattiva. Rientrano in questa forma, le opposizioni che hanno ad oggetto la legittimazione attiva o passiva dell’esecuzione (quando il debitore contesta di essere il soggetto tenuto ad ottemperare all’obbligo, o quando è contestato il diritto di quel creditore a procedere ad esecuzione in base al titolo esecutivo). Altro caso che pregiudica il diritto all’esecuzione è quello della sentenza provvisoriamente esecutiva che venga nel frattempo riformata in appello, oppure del titolo che non sia dotato di esecutività, oppure ancora del diritto che si sia estinto o modificato dopo la formazione del titolo esecutivo.

L’opposizione all’esecuzione proposta dopo la notifica del precetto e prima dell’inizio dell’esecuzione, è definita come opposizione “preventiva”, e viene presentata con atto di citazione (con ricorso in materia di lavoro) al giudice competente per materia, per valore e per territorio. Per i crediti di importo non superiore ai 5 mila Euro, l’opposizione andrà presentata al Giudice di Pace, mentre per i crediti di importo superiore, la competenza sarà del Tribunale, salvo che la legge non preveda una speciale competenza per materia.

Relativamente alla competenza per territorio, si desume dall’art. 480 c.p.c. che l’opposizione al precetto vada proposta al giudice del luogo in cui il creditore ha dichiarato la residenza o ha eletto domicilio perchè lì si trovano i beni del debitore da sottoporre ad esecuzione. Se manca la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio del creditore, oppure il creditore ha indicato un luogo dove non si trovano i beni del debitore da sottoporre ad esecuzione, le opposizioni al precetto si propongono nel tribunale del luogo in cui il precetto è stato notificato. Quando invece l’opposizione è presentata ad esecuzione già iniziata, essa viene presentata sempre con ricorso, al giudice dell’esecuzione già individuato.

Il giudice dell’opposizione all’esecuzione può sospendere l’esecuzione, se ricorrono gravi motivi. Si tratta di un procedimento di natura cautelare. Per disporre la sospensione dell’esecuzione, il giudice dovrà valutare la fondatezza della domanda ed il suo possibile accoglimento, nonché l’esistenza di un pregiudizio per l’opponente derivante dalla prosecuzione dell’esecuzione. Considerata la natura cautelare del procedimento, è possibile presentare reclamo contro il predetto provvedimento di sospensione.

In ogni caso la proposizione dell’opposizione determina la sospensione della decorrenza del termine di novanta giorni di efficacia del precetto.

L’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) invece, è finalizzata a contestare, non la legittimità del creditore a procedere ad esecuzione, bensì le modalità con cui il creditore agisce in fase esecutiva.  Tutte le irregolarità relative al precetto ed alla notifica dello stesso e del titolo esecutivo (la mancanza della formula esecutiva, la mancata trascrizione del titolo esecutivo nel precetto, la mancata descrizione dell’assegno o della cambiale, la sottoscrizione del precetto da parte di avvocato privo di procura etc..), andranno fatte valere con questo strumento.

L’opposizione agli atti esecutivi deve essere presentata entro venti giorni dalla notifica del precetto, mediante atto di citazione (o col ricorso per le materie di lavoro e locazioni), dinanzi al Tribunale del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o dichiarato la propria residenza (art. 480 c.p.c.).

Anche l’opposizione agli atti esecutivi sospende il termine di novanta giorni previsto per l’inizio dell’esecuzione.

Con questa forma di opposizione, a differenza di quanto previsto per l’opposizione all’esecuzione, non è possibile chiedere al giudice di sospendere l’efficacia del titolo esecutivo.

9. Precetto su assegno o cambiale

Il titolo esecutivo da notificare unitamente al precetto consiste in un documento che accerta il diritto del creditore. Sono titoli esecutivi, le sentenze, i provvedimenti e gli atti cui la legge attribuisce l’efficacia di titolo esecutivo (si pensi ad esempio: alla conciliazione intervenuta in sede di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c., o il verbale di conciliazione stragiudiziale in materia di lavoro ex art. 411 c.p.c. che viene depositato e autenticato dal direttore della Direzione provinciale competente; oppure l’accordo che scaturisce all’esito positivo del procedimento di mediazione D.l. 28/2010, quando sia stato sottoscritto dalle parti e dagli avvocati e questi ultimi abbiano attestato e certificato la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, oppure l’accordo sia stato omologato con decreto del Presidente del Tribunale; oppure ancora la convenzione di negoziazione assistita Dl. 132/2014, previa apposizione delle sottoscrizioni e delle certificazioni degli avvocati richieste per l’accordo di mediazione; ), le scritture private autenticate, le cambiali e gli assegni, gli atti notarili. Le sentenze ed i provvedimenti dell’autorità giudiziaria e gli atti notarili, per avere efficacia di titolo esecutivo, devono anche essere muniti della formula esecutiva, apposta dal cancelliere per i titoli giudiziali e dal notaio per i titoli notarili. Sulle copie da notificare viene apposta la seguente dicitura: “Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi quando ne siano legalmente richiesti”.

Le cambiali e gli assegni, invece, a differenza dei predetti titoli, non necessitano della apposizione della formula esecutiva.

La cambiale (disciplinata dal Regio decreto n. 1669/1933) è un titolo esecutivo che consente al possessore di pretendere il pagamento della somma indicata alla data fissata e nel luogo stabilito. Se non è fissata alcuna data, la cambiale è pagabile a vista. Inoltre è possibile apporre la girata e quindi trasferire al portatore del titolo esecutivo il diritto di incassare la cambiale.

Ai sensi dell’art. 63, del regio decreto, la cambiale vale come titolo esecutivo, e quindi non necessita di una sentenza o della pronuncia di un decreto ingiuntivo per esigerne il pagamento e notificare il precetto.

Non è necessario che la cambiale sia protestata, quando si intende agire contro l’obbligato principale (traente o accettante) viceversa è necessario il protesto se si intende agire contro gli obbligati di regresso.

Inoltre, la cambiale è soggetta a precisi termini di prescrizione, decorsi i quali perde la propria valenza di titolo esecutivo. L’azione cambiaria contro l’obbligato principale si prescrive in tre anni dalla data di scadenza della cambiale, invece l’azione verso gli obbligati di regresso si prescrive entro un anno dal protesto della cambiale. Tuttavia, se i termini di prescrizione sono spirati, pur non essendo possibile notificare il precetto, è sempre possibile far valere il titolo come prova scritta del credito e richiedere quindi l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo contro il debitore.

L’assegno bancario o postale (disciplinato dal R.d.1736/1933) è il titolo esecutivo costituito dalla promessa di pagamento da parte del soggetto che lo ha emesso a favore del possessore del titolo. Entro otto giorni dall’emissione su piazza, o entro quindici giorni per assegno fuori piazza, se la banca non paga l’assegno per mancanza di fondi del traente, può chiedersi il protesto dell’assegno.

Per presentare il precetto, non è sempre necessario che l’assegno venga protestato. Il protesto non è necessario infatti quando nell’assegno non ci sono girate e si voglia far valere direttamente contro il traente.Anche la validità dell’assegno come titolo esecutivo è soggetta al termine di prescrizione, stabilito in sei mesi dalla data di emissione dell’assegno. Oltre tale data non sarà possibile presentare il precetto su assegno.

La cambiale e l’assegno sono titoli esecutivi che non necessitano della apposizione della formula esecutiva in quanto gli originali dei titoli sono in possesso dello stesso creditore.

Ai fini della notifica dell’atto di precetto su cambiale o assegno, sarà necessario e sufficiente quindi chee:

  • il creditore trascriva correttamente il titolo nel precetto,
  • l’ufficiale giudiziario, prima della notifica, certifichi la corrispondenza tra la trascrizione e l’originale del titolo.

La trascrizione è sempre necessaria per consentire l’effettiva conoscenza del titolo al debitore intimato, prima dell’inizio dell’esecuzione.

Tuttavia l’ufficiale giudiziario che certifica la conformità del titolo non è tenuto a sollevare eccezioni in merito all’eventuale avvenuta prescrizione della cambiale o dell’assegno. Pertanto il debitore dovrà sempre verificare la validità del precetto su assegno o cambiale, verificando che i termini di prescrizione del titolo esecutivo non fossero scaduti, ed in caso negativo, proporre opposizione contro il precetto, mediante l’opposizione all’esecuzione.

L’opposizione al precetto su cambiale e su assegno, non sospende l’esecuzione, a meno che l’opponente non disconosca la firma o produca documenti che attestino gravi e fondati motivi che ne giustifichino la sospensione. In questo caso, esaminata la documentazione prodotta dall’opponente, il giudice compente può disporre la sospensione dell’esecuzione con decreto motivato, non soggetto ad impugnazione.

10. Precetto su decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo

Normalmente il decreto ingiuntivo viene dichiarato esecutivo con decreto del giudice, su istanza del ricorrente, quando sono decorsi quaranta giorni dalla notifica del decreto, senza che il debitore abbia fatto opposizione.

Tuttavia in alcuni casi, previsti dall’art. 642 c.p.c. il decreto ingiuntivo può essere dichiarato dal Giudice, provvisoriamente esecutivo.

Il decreto ingiuntivo deve essere dichiarato provvisoriamente esecutivo quanto è fondato “su cambiale o assegno bancario o circolare, certificato di liquidazione di borsa, o su atto ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale” art. 642 comma 1 c.p.c. Come si è visto sopra, l’assegno e la cambiale costituiscono autonomi titoli esecutivi, con i quali è possibile da subito notificare l’atto di prrecetto, alle condizioni già esaminate. Tuttavia, può essere utile munirsi di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo su cambiale o assengo, quando ad esempio si voglia iscrivere ipoteca giudiziale sul bene del debitore (art. 655 c.p.c.). Infatti la cambiale e l’assegno da soli non sono titoli sufficienti per l’iscrizione di ipoteca giudiziale, mentre lo è il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.

Il decreto ingiuntivo può essere dichiarato provvisoriamente esecutivo dal Giudice, su richiesta del ricorrente, “se vi è pericolo grave nel ritardo” oppure “ se il ricorrente produce documentazione sottoscritta dal debitore comprovante il diritto fatto valere”. (art. 642 comma 2 c.p.c.). A differenza dell’ipotesi precedente, il Giudice non è tenuto a dichiarare il decreto provvisoriamente esecutivo, ma valuta discrezionalmente l’esistenza dei presupposti, ovvero l’esistenza del grave pericolo, o l’idoneità della documentazione sottoscritta dal debitore e prodotta dal ricorrente. In caso di esistenza di pericolo, il ricorrente può anche chiedere, ed il giudice disporre, di esonerare il creditore dal termine di dieci giorni tra la notifica del precetto e l’inizio dell’esecuzione (v. par. 6).

La provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo consiste nell’ingiunzione rivolta al debitore di pagare immediatamente al creditore la somma dovuta, anche se il debitore ha sempre il diritto di proporre opposizione nel termine di quaranta giorni dalla notifica del decreto. Pertanto prima il debitore pagherà l’intero importo dovuto in base al decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, e poi proporrà le sue difese contro il decreto ingiuntivo nella causa di opposizione allo stesso.

Per far valere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, il creditore dovrà richiedere al cancelliere l’apposizione della formula esecutiva in calce al decreto, che viene apposta in calce all’originale e in un’altra copia autentica del decreto ingiuntivo, con la formula «per autentica della prima copia rilasciata per la prima volta in forma esecutiva». L’originale del decreto non deve essere notificato al debitore, ma deve essere custodita dal legale, perchè è necessario ai fini dell’inizio dell’esecuzione.

La copia autentica del decreto ingiuntivo invece, dovrà essere notificata al debitore unitamente al precetto, redatto anche il calce allo stesso decreto.

Nel corpo del precetto non dovrà essere riportata la data della notifica del titolo esecutivo, in quanto il titolo (cioè il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo) viene notificato unitamente al precetto. Invece nel testo dell’atto di precetto dovrà essere riportata la data di rilascio della formula esecutiva da parte della cancelleria.

La notifica dovrà essere effettuata al debitore “personalmente” (v. par. 3).

L’esecuzione potrà iniziare decorso il termine di dieci giorni dalla notifica del precetto, senza attendere il decorso dei quaranta giorni concessi al debitore per proporre opposizione al decreto ingiuntivo.

11. Precetto su sentenza

A seguito di vittoria di un giudizio civile, la parte vincitrice, per ottenere l’adempimento di quanto deciso in suo favore, deve notificare la sentenza alla controparte.

La sentenza deve essere munita della formula esecutiva rilasciata dalla cancelleria del giudice.

Può essere notificata subito da sola, o unitamente all’atto di precetto per dare inizio all’esecuzione nei confronti del debitore.In questo secondo caso,il precetto viene redatto in calce al titolo esecutivo, invece nel caso in cui sia notificata prima la sentenza ed in un secondo momento l’atto di precetto, è necessario indicare, nel corpo dell’atto di precetto, la data della notifica della sentenza stessa.

La notifica del precetto unitamente alla sentenza, deve essere indirizzata alla parte personalmente, e non al suo difensore, anche se la giurisprudenza ha ritenuto valida la notifica effettuata al difensore domiciliatario della parte costituita (Cass. 5591/2011).

Occorrerà prestare attenzione, prima della notifica del precetto, se il soggetto tenuto all’obbligo stabilito in sentenza non sia nel frattempo mutato a causa di una successione nel diritto. Oltre al caso sopra esaminato degli eredi che subentrano al de cuius nel proprio obbligo, la giurisprudenza ha esaminato anche il caso in cui ad esempio sia cambiato il possessore del bene da rilasciare. In tal caso, la notifica del precetto su sentenza andrà effettuata nei confronti del nuovo possessore da cui si pretende l’adempimento dell’obbligo statuito nella sentenza. (Cass. 7026/99).

La sentenza di appello che ha ad oggetto il contenuto della pretesa, si sostituisce alla sentenza di primo grado, quale titolo esecutivo per la notifica del precetto al debitore. Quando invece l’appello ha pronunciato l’inammissibilità, improcedibilità del gravame senza entrare nel merito della decisione, il titolo esecutivo da unire al precetto resta sempre quello costituito dalla sentenza di primo grado.

Nel caso di sentenza penale di primo grado con condanna dell’imputato o del responsabile civile al pagamento di una provvisionale provvisoriamente esecutiva, è sufficiente notificare al debitore il dispositivo della sentenza, unitamente al precetto, senza necessità di attendere che siano depositate le motivazioni della sentenza stessa.

12. Casistica

L’omesso inserimento dell’avvertimento sulla possibilità di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento non comporta la nullità del precetto, non essendo tale sanzione espressamente prevista dal legislatore (Cassazione, sentenza n. 23343/2022).

Il creditore è libero, fino al pagamento integrale del credito, di intimare tanti precetti quanti ne reputi necessari (e solo, per quanto visto, per l’importo complessivo del credito, non potendo egli frazionarne l’esecuzione), purché non chieda, in quelli successivi, le spese (ed i compensi e gli accessori) per i precetti precedenti; ove invece, col precetto successivo o reiterato, intimasse anche il pagamento delle spese dei precetti precedenti, l’ultimo sarebbe si illegittimo, ma solo ed esclusivamente quanto a queste ultime, sicché non potrebbe essere dichiarato invalido nella sua interezza (Cass. civ., sez. III, sentenza 29 agosto 2013, n. 19876).

Integra abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore esecutante, il quale, dopo avere intimato al debitore esecutato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello conclusosi con la conferma della decisione adottata in prime cure, intimi, con successivo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto (Cassazione, sentenza 14 novembre 2022, n. 33443).

In caso di atto di precetto sottoscritto da difensore/avvocato non munito di procura l’atto è affetto da un vizio di nullità sanabile: la sanatoria può sopraggiungere con il conferimento ex post della procura, fino al momento della costituzione nel giudizio di opposizione proposto dal debitore (Tribunale di Latina, sentenza 3 luglio 2019, n. 13976).

Qualora il debitore abbia pagato per intero la somma indicata nel decreto ingiuntivo, comprensiva degli interessi e delle spese processuali liquidate nel provvedimento monitorio, il creditore non può, successivamente a tale pagamento, intimare precetto, sulla base dello stesso decreto, per il pagamento delle spese processuali sostenute dopo la sua emissione e necessarie per la notificazione, dovendo, per tali spese, esperire semmai l’azione di cognizione ordinaria (Cassazione, ordinanza 28 gennaio 2019 n. 2242).

La mancata notificazione del titolo esecutivo da origine ad una invalidità formale, che si fa valere con il rimedio della opposizione agli atti esecutivi. La nullità del precetto è espressamente prevista dall’art. 480, comma 2, c.p.c. per cui il precetto deve contenere a pena di nullità la data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge. La previsione legale della nullità equivale ad una valutazione preventiva ed astratta del legislatore circa la sussistenza di un pregiudizio certo del diritto di difesa del debitore al quale la legge intende assicurare la possibilità di raffrontare le pretese creditorie con il tenore del titolo esecutivo su cui le stesse di fondano. Il precetto in caso di mancata notifica del titolo esecutivo è pertanto nullo (Cassazione, ordinanza n. 1096/2021).

Il rapporto tra opposizione a precetto ed opposizione ad esecuzione è di litispendenza ma con alcune precisazioni. Sussiste litispendenza tra l’opposizione a precetto e l’opposizione all’esecuzione successivamente proposta avverso il medesimo titolo esecutivo, quando le due azioni sono fondate su fatti costitutivi identici, concernenti l’inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, e sempreché le cause pendano dinanzi a giudici diversi. Invece nell’ipotesi – più probabile – in cui le due opposizioni, riassunta la seconda nel merito, risultino pendenti innanzi al medesimo ufficio giudiziario, delle stesse se ne dovrà disporre la riunione, ai sensi dell’art. 273 c.p.c.; ovvero, qualora ciò non sia possibile per impedimenti di carattere processuale, bisognerà sospendere pregiudizialmente la seconda causa, ai sensi dell’art. 295 c.p.c.

Inoltre, l‘opposizione a precetto e l’opposizione all’esecuzione successivamente proposta avverso il medesimo titolo esecutivo, fondate su identici fatti costitutivi e pendenti, nel merito, innanzi al medesimo ufficio giudiziario, vanno riunite d’ufficio, ai sensi dell’art. 273 c.p.c., ferme restando le decadenze già maturate nella causa iniziata per prima (Cassazione, sentenza n. 26285/2019).

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