Gentile Redazione,
circola da giorni la bozza dell’ennesimo provvedimento di modifica del Codice della crisi, che dovrebbe ripristinare il testo dell’art. 25-octies del DLgs. 14/2019, recuperandone il contenuto antecedente alla modifica di meno di due anni fa.
Con quella modifica, si ricorda, era stato espunto dalla norma sull’innesco delle procedure di allerta il revisore (e lasciato quindi il solo organo di controllo), ponendo così rimedio a una improvvida assimilazione che mal si conciliava con le profonde diversità che separano il revisore dal sindaco.

Pare dunque che il legislatore ci abbia nuovamente ripensato, assecondando l’invito rivolto dal nostro Presidente del Consiglio nazionale in una lettera trasmessa a fine settembre del 2022 all’allora Ministro della Giustizia.
Fa piacere constatare che i vertici della nostra categoria trovino ascolto negli ambiti governativi, tuttavia restano molte le perplessità sull’intervento in questione.

L’idea che la soluzione al diffondersi delle crisi delle srl sprovviste di organo di controllo sia quella di “sindacalizzare” (ossia assimilare a un sindaco) il revisore, è frutto di una preoccupante resa sul fronte della vera norma da riscrivere, che non è l’art. 25-octies citato (il quale dovrebbe restare inalterato), bensì l’art. 2477 del codice civile.
Sebbene da più parti si tenda a credere il contrario, il revisore non è il soggetto ideale a cui affidare l’incarico di segnalazione della crisi; e questo per più di una ragione: non è un organo societario, non partecipa alle riunioni del consiglio di amministrazione, non è investito dell’obbligo di vigilare sul rispetto della legalità, non frequenta la società ogni 3 mesi.

Di contro, il sindaco ha tutte le prerogative per essere investito del ruolo di innesco dell’allerta; e ciò nonostante qualcuno obietti che il sindaco (non incaricato della revisione) non avrebbe visibilità sui dati contabili, con ciò relegandolo a una funzione di interlocutore trimestrale degli amministratori su temi di ampio respiro lontani dalla quotidianità; nulla di meno vero: il mancato rispetto delle scadenze di pagamento, gli omessi versamenti tributari e previdenziali, lo squilibrio finanziario e patrimoniale sono tutte situazioni che un sindaco può e deve presidiare ben prima di un revisore e con assai maggiori poteri (e doveri) di ispezione e verifica.

Battiamoci quindi per un ripristino di norme che impongano la nomina dell’organo di controllo (al superamento di soglie che non possono essere quelle dell’attuale art. 2477 c.c., semmai dovendosi riprendere quelle dell’art. 2435-bis c.c.), piuttosto che per la trasformazione del revisore in garante della legalità.

Se poi qualcuno si illude che così facendo si potranno garantire maggiori remunerazioni ai colleghi revisori, magari richiamando le conquiste sull’equo compenso, temo si dovrà ricredere: un revisore a buon mercato si troverà sempre.

Mario Iadanza
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Treviso