Napoli è sempre stata città di violenti contrasti. Splendori assoluti e miserie senza fine. È nel Dna di questa antica capitale – una delle città più affascinanti e famose al mondo – che anche dalla complessità di contraddizioni eterne ha saputo trarre una vitalità e una forza che ne hanno forgiato prima l’anima e poi il mito.
Quello a cui stiamo assistendo in questa fase storica, però, è una lacerazione a tratti incredibile: sempre descritta come uno dei luoghi più ameni e artisticamente interessanti e intriganti della terra, Napoli non ha mai vissuto un successo neppure lontanamente paragonabile a quello degli ultimi anni. La città scoppia letteralmente di turisti e sembra cavalcare un’onda infinita di visitatori provenienti da ogni angolo della terra.
Lo scrive chi a Napoli vi è cresciuto e per tutti gli anni della propria infanzia e giovinezza non ha letteralmente visto un turista, se non pochi amatori particolarmente coraggiosi, pronti ad avventurarsi per le strade di una città disintegrata a livello di immagine globale dalle ben note storie di violenza e insicurezza.
Nelle stesse ore, dunque, in cui non si trova un letto per dormire fra alberghi e quella miriade di Bed & Breakfast che ha contribuito a creare una vera e propria nuova realtà imprenditoriale legata al turismo, nelle strade della città si aggirano armati ragazzini, spesso poco più che bambini. Disposti ad aprire il fuoco, se capita ad ammazzare senza porsi troppi problemi.
È successo l’altro ieri, era già accaduto, potrebbe tornare ad accadere in qualsiasi istante.
Le parole di un attento osservatore dell’anima napoletana come Maurizio de Giovanni affidate ieri a La Ragione sono assolutamente emblematiche, da leggere e rileggere. Si ricorre a metodologie da narcos messicani, ad assoldare ragazzini non imputabili o appena oltre i 14 anni, imbevuti di un anti-cultura della violenza e della sopraffazione. Li si nutre con lo sconcio sogno di diventare dei “boss“ prima ancora della maggiore età. Li si manda armati di pistole in strada a fare il lavoro sporchissimo per una miriade di clan dei quali oggi è difficile anche ricostruire la geografia in un potere parcellizzato.
Come può lo splendore convivere con tutto questo? Quali antidoti (alcuni sono efficacemente elencati dallo stesso de Giovanni della nostra intervista)?
Qui, ci permettiamo di sottolineare un presupposto crediamo imprescindibile: l’orrore non si mette sotto il tappeto, anzi. Più è inaccettabile, illeggibile, inascoltabile, più va discusso.
È l’unico modo per salvaguardare il “miracolo“ Napoli, perché derubricare certi fenomeni a inevitabili rigurgiti di un’antica violenza significa affidarsi al fato e rischiare che prima o poi accada qualcosa di talmente grave e irrimediabile da distruggere tutto.
di Fulvio Giuliani
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