Un taglio di 4,6 miliardi, pari all’80% del totale, al fondo per l’automotive.
Questa volta Carlos Tavares non c’entra. A fare tutto è stato il governo Meloni e i ministri Giorgetti e Urso,quello che continuava a far finta di voler produrre un milione di auto in Italia.
Se ne sono accordi Fim, Fiom e Uilm analizzando le tabelle allegate alla legge di Bilancio. Che mettono nero su bianco come il fondo da 9 miliardi istituito dal governo Draghi per affrontare la transizione verso l’elettrico e finanziare gli incentivi alla rottamazione è stato falcidiato dal governo Meloni.
A pagina 424 della legge di Bilancio depositata in parlamento infatti che il «Fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive e per il riconoscimento di incentivi all’acquisto di veicoli non inquinanti» istituito dal decreto legislativo 17 del 2022 (ministro Franco del governo Draghi) con 8,7 miliardi che scade nel 2030 si opera un «definanziamento» di 562.186.388 euro nel 2025 rispetto ai 762.186.388 euro previsti. Ancora peggio per i prossimi anni. Il tutto porta la dotazione del fondo a soli 200 milioni per gli anni 2025-2026-2027 e così via fino al 2030. Il taglio totale è di 4,6 miliardi sui 5,8 miliardi rimasti.
Nel denunciare il taglio, le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm esprimono «profonda preoccupazione e ferma contrarietà per la recente decisione del governo nella Legge di stabilità di tagliare il fondo automotive». Per i segretari generali Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella «si ignora così un intero settore e le richieste di oltre 20mila lavoratori, che lo scorso 18 ottobre hanno partecipato allo sciopero nazionale e alla manifestazione di Roma per chiedere un supporto concreto», proseguono i sindacalisti. «Questa mobilitazione, anziché trovare ascolto e una risposta positiva, è stata seguita da un provvedimento che va nella direzione opposta a quella auspicata, mettendo a rischio il futuro di migliaia di famiglie e la sopravvivenza di una filiera strategica per il paese». Come segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm, «chiediamo che i 5,8 miliardi del fondo dell’auto vengano non solo ripristinati, ma anche incrementati, in linea con le necessità attuali e con quanto si dovrà ottenere anche a livello europeo, per sostenere una giusta transizione ecologica e occupazionale». Per questo, «ribadiamo l’urgenza di una convocazione ufficiale da parte della Presidenza del Consiglio», conclude la nota unitaria.
Per tutta risposta il ministro Urso non contesta il merito della denuncia, limitandosi a un generico «siamo impegnati a garantire che la filiera dell’automotive abbia gli strumenti necessari per affrontare la sfida della transizione», convocando – finalmente – a Palazzo Chigi i sindacati e le imprese, rispettivamente il 4 e il 13 novembre, per un confronto. Nel frattempo perfino l’Anfia – l’associazione di Confindustria che riunisce le imprese della filiera auto – commenta con «sconcerto» la decurtazione al fondo.
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