Ma il discorso si fa più ampio se si guarda ai risultati, oltre che di coalizione, dei singoli partiti. Cosa che, in fondo, è la più importante perché dà risposte sul peso specifico di ciascun partito, al di là del successo o della sconfitta del fronte, per il futuro delle coalizioni.
Il centro-destra (53,50%) ha visto Fratelli d’Italia al 24,10%; Forza Italia al 13,44%; Lega al 7,56%; Udc-Democrazia Cristiana all’1,17%; Noi Moderati al 2,6%; la lista Marsilio Presidente al 5,72%.
L’opposizione, che ha sostenuto Luciano D’Amico, ha ottenuto il 46,50%. Nello specifico il Pd ha raggiunto il 20,29%; i Cinque Stelle il 7,01%; la lista Abruzzo Insieme il 7,66%; Azione-Socialisti popolari riformatori il 4,00%; l’Alleanza Verdi Sinistra – Abruzzo Progressista e Solidale il 3,57%; i Riformisti e Civici 2,81%.
Andando all’analisi dei due schieramenti, appare evidente – oltre al travolgente successo di Fratelli d’Italia che, nel 2019, era appena al 7% – il crollo della Lega che nelle precedenti elezioni regionali aveva ottenuto il 27,5%.
Quindi è netta la differenza rispetto al 7,5 di ieri, ma il partito è addirittura andato indietro di quasi un punto nel confronto con le politiche del 2022, sottolineando, ancora una volta, che il movimento di Matteo Salvini è in evidente difficoltà, nonostante la frenetica attività di pubblicizzazione che il suo segretario fa di ogni suo gesto, pensiero o parola, accentuando però la sensazione di una eccessiva identificazione della Lega sulla sua persona.
La perdita di consensi – come accaduto in Sardegna e Abruzzo – può anche essere fisiologica nella vita di un partito. Ma è esemplificativo del malessere che sembra manifestarsi nella Lega il fatto che questa parabola discendente non risenta dell’enorme visibilità che il ruolo di vicepremier e le deleghe da ministro delle Infrastrutture consentono al suo leader.
Quindi è ancora più significativo il risultato di Forza Italia che ha guadagnato un eccellente 4,3 sulle precedenti regionali e anche un 2,3 sulle politiche. A conferma che evidentemente il partito non ”viveva” solo con e per Silvio Berlusconi.
Sul fronte opposte è evidente il calo dei Cinque Stelle, sia rispetto alle elezioni regionali del 2019 che delle politiche del 2022. Il raffronto è impietoso. Oggi in Abruzzo i Cinque Stelle ”valgono” il 7%, quando cinque anni fa, sempre alle regionali, avevano ottenuto il 19,7% e appena 18 mesi fa, alle politiche, erano saliti fino al 18,4%. Dove siano andati a finire i voti pentastellati è ancora presto per dirlo. Di certo il Pd ha aumentato esponenzialmente i suoi consensi e oggi, con il 20,29%, ha guadagnato rispetto alle precedenti regionali (11,1%) e alle politiche (16,6%).
E’ quindi di tutta evidenza che, al netto della vittoria del centro-destra, nei due schieramenti si deve necessariamente aprire un confronto perché, come da tradizione, nessun accetterà di farsi carico di colpe e responsabilità, mentre delle vittorie tutti sono pronti a farsene un vessillo.
La cocente sconfitta della Lega, facendo il paio con quella in Sardegna, rende debole la posizione di Salvini, ben oltre il pensabile e soprattutto in prospettiva, spingendolo a premere l’acceleratore sulla radicalizzazione della contrapposizione con Fratelli d’Italia, soprattutto in Europa, ma anche con la consapevolezza che Forza Italia è a un passo dal sorpasso. Quindi resta difficile pensare che Salvini, umiliato in Sardegna (con la candidatura Truzzu subita come una sconfitta personale) e colpito e affondato in Abruzzo, possa ancora reclamare che a correre per la presidenza della Regione Basilicata sia un suo uomo e non l’uscente Vito Bardi, di Forza Italia.
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