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Eseguire lavori di ristrutturazione in cambio della corresponsione di un canone di locazione inferiore ai valori di mercato. È questo il fulcro della contesa giudiziaria tra il locatario ed in locatore di un immobile e conclusasi con la pronuncia della Cassazione nell’ordinanza 4237 del 2020.

Le sentenze di primo e secondo grado
Il Tribunale prima e la Corte d’Appello di Venezia dopo confermavano il rigetto della domanda di risarcimento e di risoluzione del contratto, proposta dal locatore, per inadempimento del contratto di locazione per fatto e colpa del locatario, azionata dall’obbligo che quest’ultimo eseguisse lavori di ristrutturazione dell’immobile in cambio di un canone inferiore ai prezzi di mercato. Avendo acquistato il bene dopo una procedura esecutiva, per il tribunale di primo grado, era evidente che al locatore non fosse opponibile una scrittura con le quali le parti originarie del contratto di locazione, stipulato antecedentemente al trasferimento dell’attuale locatore, avevano modificato i loro accordi originari, senza alcuna forma scritta.

Inoltre, il presunto inadempimento del conduttore non era configurabile in quanto risultava agli atti che il locatario avesse anticipato al locatore una somma per l’esecuzione dei lavori dalla quale, mano a mano che questi venivano effettuati, venivano scomputati i relativi importi, ritenendo provata, oltretutto, l’impossibilità dell’ampliamento del fabbricato per mancanza di autorizzazione.

Il ricorso in Cassazione del locatore
Il locatore ricorreva, perciò, in Cassazione sulla base di tre motivi. Nel primo, riteneva che la Corte avesse dovuto astenersi dal valutare il capitolato previsto dalla scrittura, basando la sua decisione unicamente sul contenuto del contratto di locazione e sulle argomentazioni difensive del convenuto, verificando, inoltre, l’impossibilità dell’esecuzione dei lavori ed acclarando la sussistenza dei presupposti per la risoluzione del contratto.

Un motivo giudicato infondato in quanto, in una prospettiva non formalistica, per quanto la scrittura novativa del rapporto di locazione non fosse opponibile alle attuali parti del contratto, nulla escludeva che i comportamenti dedotti potessero essere valutati dal giudice, nel complesso della sua motivazione, per accertare la sussistenza o meno di un inadempimento contrattuale.

Nel secondo motivo, ad avviso del ricorrente, la maggior parte dei documenti prodotti in primo grado era stata richiamata solo nella parte espositiva della comparsa di costituzione e risposta in appello, e non nelle conclusioni, con la conseguente preclusione della loro rilevanza ai fini del decidere. Motivo anch’esso inammissibile in quanto relativo alla sintesi probatoria non per rilevarne profili di violazione di legge ma per offrire una ricostruzione alternativa delle prove.

Con il terzo ed ultimo motivo, per il ricorrente, il Giudice avrebbe dovuto considerare i comportamenti dedotti nella clausola per valutare il comportamento del conduttore ed avrebbe dovuto valutare ciò alla luce di tutto il materiale probatorio acquisito in giudizio. Motivo inammissibile perchè volto, come il precedente, ad una rivalutazione degli elementi di prova.

Gli ermellini hanno, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente alle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in euro 9.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi.

 

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