TREVISO – Due reati tributari sono caduti in prescrizione, ma la sostanza non cambia. Luigi Compiano, il patron della North East Services, la società di vigilanza e trasporto valori che aveva sede a Silea, si è visto confermare la condanna per bancarotta fraudolenta (com’era stata riqualificata l’ipotesi iniziale di appropriazione indebita aggravata, ndr), ridotta dai sei anni e sei mesi del primo grado ai sei anni e due mesi inflitti ieri dalla Corte d’Appello di Venezia. I 36 milioni di euro fatti sparire dal caveau della società per acquistare auto di lusso, moto e imbarcazioni sono state infatti considerate come azioni distrattive che hanno mandato in rovina la Nes.
LA CADUTA
Luigi Compiano, dal momento in cui la guardia di finanza ha perquisito la sede della Nes scoprendo l’ammanco milionario, ha ingoiato solo bocconi amari. La moglie, assolta con formula piena in abbreviato, ha fatto le valigie e se n’è andata di casa dopo aver chiesto e ottenuto la separazione. I figli, anche loro finiti nell’inchiesta e usciti senza alcuna responsabilità, non hanno più rapporti con il padre da tempo. Compiano è rimasto solo. Un parente gli ha messo a disposizione un appartamento modesto nella prima periferia di Treviso. È tutto quello che gli rimane. La bella vita è un ricordo lontano. Negli ultimi nove anni l’ex patron della Nes ha visto sgretolarsi tutto il suo mondo. E non per colpa altrui. La difesa ha cercato di giustificare le sue condotte sostenendo che fosse affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo che lo portava a una tendenza patologica al collezionismo. Ma la tesi degli inquirenti era un’altra. Negli anni Compiano aveva trovato il modo per avere denaro contante da spendere senza controllo. È arrivato ad acquistare 400 auto di lusso, 100 moto e 70 imbarcazioni. Tutti veicoli che poi sono finiti all’asta permettendo al commissario Sante Casonato di recuperare oltre 51 milioni di euro. Compiano si faceva consegnare le buste di contanti nella sede della società in via Roma a Treviso. Per coprire gli ammanchi di denaro che i clienti gli consegnavano in deposito, firmava degli assegni che lasciava nel caveau. E teneva una sorta di contabilità parallela, il conto soprannominato “Nes-Dir”, in cui annotava i prelievi. Un meccanismo oliato e redditizio fino a quando, nell’ottobre 2013, Veneto Banca e Intesa San Paolo chiesero la restituzione di parte del denaro che avevano nel caveau. Ma nella fortezza di Silea c’erano solo pezzi di carta, senza alcun valore, con la firma di Luigi Compiano.
I BENI
L’ultima batosta, prima della condanna di ieri, era arrivata all’inizio dello scorso dicembre quando era scattata una maxi confisca da 15 milioni di euro (giacenti nei conti correnti di Compiano, che erano già stati bloccati) per 17 milioni di tasse non versate dalle società Vigilanza della Marca srl e Radar srl.
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