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E proprio di riforma della crisi di impresa si parla al Convegno Nazionale UNGDCEC 2022 “HIC ET NUNC una nuova sfida per il professionista: dalla crisi d’Impresa, all’“impresa” del risanamento”, al via dal 29 settembre a Roma.

Va sin da subito sottolineato come già nei primissimi articoli del nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza , sia stata prevista una parte dedicata ai “Principi” quali riferimenti guida per tutti gli strumenti volti al superamento dello stato di crisi (Titolo I, Capo II), all’interno della quale sono state contemplate dal legislatore delle norme specifiche in tema di “obblighi generali” posti a carico dei soggetti che partecipano alla regolazione della crisi o dell’insolvenza, individuando in tal modo i valori da seguire in ossequio alle nuove disposizioni.

Nel presente approfondimento ci si sofferma in particolare sulla previsione di cui all’art. 4 del CCII, rubricato “Doveri delle Parti” – modificato dal D.Lgs. 83/2022 in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20/6/2019 – norma nella quale viene previsto che nella nuova procedura di composizione negoziata , nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, oltre al debitore, anche i creditori debbano “comportarsi secondo buona fede e correttezza” (c. 1).

Tralasciando il ruolo del debitore, focus del presente approfondimento – come già detto – attiene al ruolo dei creditori, ai quali viene espressamente imposto un dovere dalla nuova normativa, sancito nel co. 4° della medesima norma, di “…collaborare lealmente…” con l’imprenditore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi della procedura tutti, nonché viene previsto obbligo specifico di rispettare la “riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite …”.

La collaborazione del creditore

La collaborazione, pertanto, si pone come declinazione del principio generale di buona fede e correttezza, da intendersi come un atteggiamento rafforzativo rispetto alla semplice interpretazione di non porre in essere condotte lesive e di abuso del diritto in genere. In estrema sintesi, è possibile ritenere che il dovere di leale collaborazione imponga ai creditori:

  • un obbligo omissivo, ovvero di astensione, nel senso di non tenere comportamenti volti a danneggiare l’esito delle trattive in essere;
  • un obbligo fattivo, ovvero collaborativo con il debitore.

In relazione, poi, al fine di questa doverosa collaborazione in capo ai creditori, va segnalato che una precedente formulazione in bozza della norma in argomento espressamente chiariva che il dovere della leale collaborazione era volto al raggiungimento prioritario di una soluzione concordata della crisi. Detta finalità, invece, viene meno nella versione definitiva dell’art. 4 del CCII. A parere di chi scrive, l’atteggiamento richiesto ai creditori non può che essere interpretato nel senso di dover agevolare il perseguimento del fine comune di risanamento, nel rispetto dei molteplici interessi di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti. Ciò viene previsto nella riforma per garantire concretamente una partecipazione da parte dei creditori al processo di ricerca della soluzione della crisi sofferta dal debitore, in una prospettiva inevitabilmente collettiva della stessa, secondo un senso di appartenenza ad una comunità da preservare, nel rispetto di un principio ancor prima sociale che ha guidato l’approccio dell’intera riforma di cui al nuovo CCII, al quale nessuno può sottrarsi, creditori inclusi.

Tali doveri ed obblighi si impongono al creditore sin nella fase delle trattive, ovvero ancor prima di aver raggiunto un possibile accordo stragiudiziale o realizzato una procedura di cui al CCII.

Il legislatore, di converso, non ha previsto – almeno espressamente – una sanzione da infliggere ai creditori che si siano resi inadempimenti a tali obblighi.

Il cambiamento culturale diviene particolarmente visibile, pertanto, nella previsione di questa norma e nel coinvolgimento attivo della massa creditoria.

I creditori professionali

Una riflessione ulteriore che si pone in merito all’argomento in trattazione, è poi quella relativa ai creditori professionali, ovvero alla particolare significatività che può assumere il dovere di leale collaborazione in funzione della natura del creditore, di alcuni in particolare.

Si pensi all’art. 1179 c.c. che nel disciplinare la “diligenza” nell’adempimento di un contratto, attribuisce livelli diversi di diligenza in relazione alla natura dell’attività esercitata, conferendo in tal modo un grado maggiore di impegno in capo ai creditori professionali, quali le banche e gli istituti di credito ad esempio. Per questi non può che ravvisarsi, in via interpretativa, un obbligo specifico di partecipazione alle trattative con un atteggiamento tempestivo e maggiormente collaborativo con il debitore, con gli organi della procedura, ma anche con gli altri creditori, fornendo in particolare la circolazione di quelle informazioni necessarie (e non riservate) volte ad agevolare una maggior comprensione della situazione ed una possibile soluzione dello stato di crisi in essere dell’imprenditore.

Creditori soggetti attivi

In conclusione appare del tutto evidente come la riforma di cui al CCII abbia elevato i creditori, da ritenersi non più solo come soggetti lesi e passivi delle procedure concorsuali, ma chiamati a collaborare con il debitore e con gli organi della procedura al fine di contenere al minimo il rischio di dispersione del valore dell’impresa in crisi, nel rispetto di una logica univoca di salvaguardia del bene comune che l’impresa rappresenta nella collettività, nella tutela ultima di tutti gli interessi sottesi e a vario titolo coinvolti.

 

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